Sono una maestra disobbediente
di Valentina Guastini (*)
Per insegnanti come me, buoni o cattivi, in questa riforma della scuola non c’è spazio. Sono una maestra disobbediente, con difficile spirito di adattamento alla continua burocratizzazione della scuola e allo stress da tempistica e programmi ministeriali.
Seguo una legge interna che mi suggerisce dialogo, conoscenza dei miei alunni e tempi adattabili ai salti in corsa. Punto molto sulla creatività, l’inventiva e la scoperta. Non rinuncio alla conversazione, indispensabile strumento per stimolare il pensiero critico e divergente.
Per ogni tema trattato cerco di creare tensione cognitiva (espressione cara ad Alberto Manzi) di mettere in scena l’argomento in modo da indirizzare i bambini a voler sapere, aver voglia di scoprire, ipotizzare passi successivi. Mi interessa una scuola laboratoriale che esca dalla classe, che ossigeni la mente, che studi l’ambiente con occhi, mani e pensieri, che possa creare relazioni.
Amo vedere i bambini giocare liberamente in attività non strutturate. Difendo una scuola che produca opere frutto dell’espressione personale di ciascuno e non limitata al lavoretto. Ritengo indispensabili un tot di ore mensili dedicate alla manualità.
Credo in una scuola interdisciplinare che riesca a collegare ogni argomento con il vissuto di tutti, dove si impari facendo, discutendo. Dove l’empatia e la riflessione possano essere le basi dell’inclusione. Tendenzialmente non salgo in cattedra, ne scendo.
In una scuola che corre, dove alla materna si preparano i bambini per la primaria, alla primaria per le medie e via così, giustificando tempi serratissimi e lavori sfiancanti, io antepongo una scuola che parta dal bambino, dai suoi interessi e tempi, ma soprattutto attenta al qui e ora. Un impegno a educare, per dirla con Mario Lodi, per formare cittadini capaci di inserirsi nella società col diritto di esporre le proprie idee e col dovere di ascoltare le opinioni degli altri.
La scuola non è solo fatta dagli insegnanti e il vissuto dei bambini non può essere avulso da una stretta collaborazione delle famiglie, che per me sono sempre perno insostituibile di condivisione e cooperazione. Non amo il suono della campanella e il tempo scandito.
Non esistono bambini facili e difficili, ma solo bambini e bambine, con le loro storie più o meno fortunate, ma i bambini devono essere tutti fortunati. È l’impegno che gli adulti si prendono nei confronti dell’infanzia (Roberto Pittarello) e io, nel mio piccolo, ci provo: lavoro, mi impegno, seguo con tensione ed attenzione ognuno, perché nelle mie classi questo possa accadere ogni giorno.
(*) maestra presso la scuola Papa Giovanni XXIII (Istituto Comprensivo di Sestri Levante, Genova). Articolo tratto da http://comune-info.net/ del 23 giugno 2015