SOTTOFONDO
di Pabuda
creativi, logici,
arrembanti ma
disciplinati e analogici
ce l’avevamo messa tutta:
pezzo per pezzo,
pause minime:
per respirare e brindare,
fast forward & rewind:
un’ora dopo l’altra:
prova su prova:
metti, aggiungi, rallenta,
allunga, accorcia, ripeti,
taglia, togli, smorza, leva.
ma riascoltando il nastro
dell’ultima prova
risultava impossibile
non sentire incombente
il sottofondo grigio
di sabbia e cemento:
ciascuno di noi –
coalizzandosi
e per proprio conto –
prova sempre di volare:
suonando.
ma è troppo pesante
il ricordo futuro che portiamo:
trascorso, nascosto:
nel contrabbasso,
nel tamburo rullante,
nel pianoforte,
nella custodia del sax
o in quella della tromba
e nello stomaco.
alla fine… si sente.
..
(i bravi musici che appaiono nel collage non hanno responsabilità per i contenuti della neuropoesia. Sono amici del Pabuda: i mitici Fyodor D)