Sta arrivando un’altra crisi?

le riflessioni di ALFIO NERI sui libri di Steve Keen (Possiamo evitare un’altra crisi finanziaria?) e di Sergio Bologna (Tempesta perfetta sui mari. Il crack della finanza navale)

In questi giorni l’Italia è impegnata in una quieta campagna di follia elettorale.
Il piccolo mondo del circo mediatico lusinga in tutti i modi un pubblico da sempre reso infantile dall’eterea idiozia informativa.
In questo piccolo mondo di dolci frottolosi, buoni al palato e devastanti per la mente, l’economia pare vivere un momento di quiete, forse anche di timida ripresa. Lo stesso Padoan millanta una riduzione dei crediti inesigibili da parte del sistema bancario italiano.
Sembra un copione già sentito.
Le cose stanno finalmente migliorando e quindi possiamo votare per quelli di prima.

Forse le cose non stanno proprio in questo modo.
In un libro uscito recentemente (Steve Keen, Possiamo evitare un’altra crisi finanziaria?, Imprimatur, 2017) l’autore, un australiano che insegna economia a Londra, sostiene che la sua nazione d’origine è prossima a un collasso paragonabile alla crisi degli Stati Uniti del 2007/2008.
Contrariamente al modello standard, nelle sue previsioni econometriche Keen si è focalizzato sul debito privato e sulla gestione della moneta e non sul debito pubblico.

La sua tesi è molto semplice.
Il credito ai privati non può andare oltre certi livelli di incremento del tasso di crescita del credito e la ripresa non può avvenire se non al di sotto di una soglia di indebitamento.
Esiste un limite alla crescita dell’indebitamento privato che, una volta esploso, si affianca a un livello assoluto di indebitamento oltre al quale nessuna ripresa economica è possibile.
Questa tesi, peraltro ragionevole, mostra che vi sono paesi che hanno parametri simili: l’Australia, la Nuova Zelanda, il Canada, il Regno Unito, l’Europa del Nord e con qualche distinguo la Cina. [1]
La bolla del credito privato australiano potrebbe sembrare lontana.
Tuttavia la sua esplosione coinvolgerebbe immediatamente la rete bancaria del Commonwealth britannico.
Per ragioni storiche, questo gruppo di nazioni ha infatti una comune rete di gruppi finanziari che fanno capo alle centrali londinesi. L’instabilità cambiaria e la crisi bancaria potrebbe avere degli effetti dirompenti simili a quelli del 2008.

Questo elemento si lega perfettamente ad altri settori in grosse difficoltà.
Nell’importante libro di Sergio Bologna, Tempesta perfetta sui mari. Il crack della finanza navale (prefazione di Zeno d’Agostino, Derive Approdi, Roma 2017) le connessioni Pacifico/Atlantico appaiono come sfondo di un settore che sta letteralmente affondando.
In questo libro Bologna analizza le caratteristiche dell’attuale gigantismo navale e collega questa forma di disfunzione commerciale al tentativo fatto da alcuni grandi gruppi armatoriali asiatici di espellere dal mercato la concorrenza.
Questi gruppi, appoggiati dai rispettivi stati, hanno cercato di abbassare il costo delle merci trasportate su nave, facendo enormi investimenti e abbassando i profitti per unità di prodotto trasportato.
Il risultato è stato l’annullamento dei tassi di profitto a livello mondiale e l’espulsione di alcuni gruppi armatoriali di media importanza (pp. 129-138).
Questi gruppi oligarchici hanno spinto gli stati a costruire delle megastrutture portuali la cui gestione è perlomeno disfunzionale.
Nell’analisi del gigantismo navale incapace di fare profitti, Bologna è assolutamente impietoso.
Nello shipping si ha una specie di crepuscolo degli Dei che non ha nulla di epico e di dignitoso; è una disordinata ritirata di furbastri che lasciano agli altri costi altissimi che dovranno essere ripagati dagli stati che si sono fatti da garanti delle loro avventure (il riferimento è alla coreana Hanjin Shipping, una delle più importanti società di trasporti mondiale, fallita nel settembre 2016, pp. 139-145).

In questa situazione una crisi immobiliare in Australia potrebbe influire pesantemente sulle quantità fisiche di merci trasportate sulla rotta Pacifico/Atlantico.
L’impatto commerciale si sommerebbe a quello finanziario e potrebbe avere effetti devastanti. L’abbassamento del prezzo delle case nelle zone residenziali di Sidney potrebbe diventare qualcosa di molto serio.
La crisi del 2008 è iniziata con la crisi dei subprime, i crediti immobiliari più marginali, quelli dati a chi la casa non se la poteva permettere.
La prossima potrebbe iniziare soffiando sui prezzi delle case delle classi medie che fanno le vacanze di Natale in surf.

In queste cose è difficile fare delle vere previsioni. Tuttavia l’incipiente crisi immobiliare australiana non può non avere forti effetti su alcune banche sistemiche a livello mondiale. Per valutare la situazione occorrono alcuni mesi, il tempo necessario per esplicitare gli effetti finanziari, valutari e commerciali dell’intreccio di fattori. Il condizionale è d’obbligo, tutti possono sbagliarsi ma dopo la grande calura estiva arrivano sempre le piogge.

[1] L’introduzione ha alcune pagine sulla situazione italiana che però risultano piuttosto oscure. Si potrebbe pensare vi siano alcune inesattezze (per esempio di traduzione) a cui si somma un’eccessiva sinteticità. Si può anche pensare che i media mainstream abbiano dato al pubblico italiano informazioni edulcorate sulle criticità dell’economia italiana.

alexik

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