Stupido cioè peggio che malvagio

di Chief Joseph

Sono passati alcuni anni dall’uscita di un bel libricino del professor Carlo Cipolla, docente all’Università di Bologna, in cui si dimostrava come la stupidità fosse molto più pericolosa della malvagità.

Dal malvagio – sosteneva il professore – si può tentare di difendersi perché è possibile intuire fini e modalità di comportamento; al contrario lo stupido appare quando meno to lo aspetti e agisce provocando un danno agli altri e nessun vantaggio per se stesso. Sono passati alcuni anni ma l’argomento risulta ancora di tragica attualità: impossibile che l’orologio compia una rivoluzione completa senza che uno stupido entri nella tua vita in assenza di preventivo invito e ti costringa ad “impirpiolare” la mente sul perché di una frase, di un gesto, d’un comportamento.

Lo stupido non richiede un ambiente particolarmente protetto perché nidifica a qualsiasi latitudine, sopravvive bene in campagna e nei centri abitati, si mimetizza nelle metropoli e costituisce un incontro usuale nei piccoli paesi dove, solitamente, lo si può cogliere mentre osserva il dito che indica la maestosità del cielo.

Non bisogna confonderlo con lo scemo del villaggio che molto spesso è oggetto di scherno da parte di molti. Al contrario, lo stupido è molto rispettato perché si insinua nei luoghi comuni, nelle frasi fatte e nell’incapacità di mettere in armonico collegamento il cervello e la bocca. Odia il silenzio perché presuppone l’allestimento di una rete di collegamenti interiori che per il nostro eroe costituisce un pericolo mortale.

Lo stupido è in qualche modo un idealista che non agisce nel proprio interesse, ma sviluppa la par condicio del “contro di sé” ma anche “contro gli altri” (e viceversa). Non ha difficolta a discutere per ore sul numero esatto delle zampe di un millepiedi, ma non parla di politica perché trattasi di cosa sporca; sostiene che tutti i partiti sono uguali e poi vota, da sempre, lo stesso partito; filosofeggia sulla completa estraneità dello sport alla politica dimostrando che Berlusconi, Agnelli e compagnia bella sono figurine della Panini.

Nel rapporto con gli altri, lo stupido offre il meglio di sé perché chiunque incontri diventa una possibilità per convincere, educare, moralizzare. Va in giro con un pallottoliere alfabetico che permette un numero limitato di possibilità per interloquire e sviluppa una struttura rigidissima che, in ogni evenienza, prevede: un inizio, una fase intermedia e una fine. Non c’è posto per altri passaggi e molto spesso nella relazione comunicativa il nostro eroe si trova spiazzato. Tuttavia non si scompone: colloca a caso i tre momenti, senza mai cedere alla debolezza della riflessione e prosegue imperterrito con la sicumera di chi sa di essere nel giusto.

É difficile smascherare uno stupido? Da un punto di vista teorico assolutamente no, ma nel concreto le cose si complicano maledettamente. Il problema è numerico: si tratta di verificare la quantità di soggetti affetti da questa patologia. Nel caso in cui costoro fossero – come io temo – in grande numero non resta che diventare kamikaze, allestire “attentati di silenzio” e osservare impotenti questo variopinto caravanserraglio.

 

Redazione
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