Sud Sudan. Il lungo e sofferto cammino verso pace, giustizia e dignità
Recensione al libro di Padre Daniele Moschetti (Dissensi Edizioni, 2017)
di David Lifodi
Il futuro possibile del Sud Sudan, per il momento, non passa dagli ideali evocati dal missionario comboniano Daniele Moschetti: pace, giustizia e dignità restano un miraggio in uno dei paesi con il più alto tasso di disuguaglianza a livello mondiale. Proprio per questo padre Daniele ha deciso di dedicare un libro al Sud Sudan, paese così giovane, ma già profondamente martoriato, del continente africano, di cui si parla solo raramente. I media, quando se ne occupano, lo fanno solo per dare notizie relative a guerra, fame e carestia. Nessuno evidenzia, però, che il paese è vittima del land grabbing e della questione petrolifera.
Padre Daniele ha vissuto in Sud Sudan, a Mapuordit, dal 2009 al 2016, vivendo in prima persona le fasi che hanno condotto il paese, il 9 gennaio 2011, a votare in stragrande maggioranza per l’indipendenza, ma anche la guerra civile che ne è susseguita, a partire dallo scontro etnico tra il presidente Salva Kiir e il suo vice Riek Machar. Come in altri paesi dell’Africa e dell’America latina, i missionari comboniani hanno scelto di stare “dalla parte del torto”, quella degli ultimi, vittime in questo caso di un conflitto che ha provocato milioni di profughi interni. È qui che emergono i problemi del land grabbing e della corsa ai giacimenti petroliferi. In Sud Sudan hanno iniziato a proliferare le multinazionali del business agricolo. Scrive Daniele Moschetti: “In Sud Sudan la terra rappresenta la principale fonte di reddito e di sussistenza e questo significa che il controllo da parte di soggetti stranieri di vaste zone coltivabili mette a serio rischio il diritto al cibo di milioni di persone”. Inoltre, l’accaparramento delle terre ad opera di imprese straniere che agiscono per conto di questa o di quella fazione governativa alimenta i conflitti intercomunitari per il controllo delle risorse. In una situazione già esplosiva si inserisce quella che padre Daniele definisce la “benedizione-maledizione” del petrolio. Sudan e Sud Sudan non si sono mai accordati sulla gestione delle risorse petrolifere, con i due paesi che si sono scambiati accuse e provocazioni reciproche, insieme alle dimostrazioni militari lungo tutta la zona di frontiera che separa i due paesi.
Eppure, nonostante tutto, dalla permanenza nel villaggio di Mapuordit, Daniele Moschetti scorge dei motivi per guardare al futuro con ottimismo. Certo, trova conforto nella fede che lo sorregge ad ogni passo, non a caso nel suo libro emergono molte riflessioni di carattere religioso, ma ciò che lo ha condotto in Sud Sudan dalle baraccopoli kenyane di Kibera e Korogocho, dove ha sostituito Alex Zanotelli, è la convinzione di appartenere ad un’unica razza, quella umana. “Signore, cosa vuoi che io faccia?” si chiede il missionario comboniano in un paese che sembra essere abbandonato da Dio. Speranza e fiducia ostinata sono le sensazioni che accompagnano padre Daniele nel suo percorso missionario, alla ricerca di quella giustizia sociale che prima o poi dovrà arrivare anche per il Sud Sudan. Come ha evidenziato molto bene nella prefazione padre Giulio Albanese (anche lui missionario comboniano e già direttore della Misna), l’intento di Moschetti è quello di “dare voce a chi voce non ha”, offrire una testimonianza diretta affinché nessuno possa tirarsi fuori dalla vicenda sud sudanese: <<Questo paese africano, apparentemente dannato dalla storia, non invoca beneficenza, ma chiede giustizia. Ecco perché siamo di fronte ad un saggio, scritto per non dimenticare, che andrebbe letto davvero da tutti, giovani e anziani, comunità cristiane e dalla società civile planetaria, nella consapevolezza che nessuno può dire “io non c’entro”>>.
Padre Daniele ha scelto di immergersi, una volta di più, nei bassifondi della storia per denunciare il dramma di un paese ostaggio degli interessi di pochi. In una delle lettere pastorali che compongono il libro, in prossimità dell’Avvento, l’esortazione del missionario comboniano è “Vegliare e svegliare”, non solo in relazione ai tempi nuovi in chiave cristiana, ma anche per sensibilizzare la coscienza della società civile affinché non cada nell’appiattimento umano e spirituale che privilegia soltanto i criteri dell’interesse personale. Svegliare le coscienze significa anche denunciare, per questo padre Daniele evidenzia che in Sud Sudan prolifera il traffico delle armi, a partire da una compagnia cinese che in un solo imbarco, nel 2014, ha esportato verso il paese africano 27 milioni di proiettili, non si arresta il più alto tasso di mortalità infantile nel mondo e non si ferma nemmeno la spesa dedicata all’acquisto di armi di ultima generazione.
Dialogo, riconciliazione e peace building sono gli auspici di Daniele Moschetti che, dallo scorso mese di luglio, si trova negli Stati uniti per condurre, insieme ad altri missionari, un ministero di giustizia, pace e riconciliazione presso le Nazioni unite e il Parlamento americano. “Nel cuore della bestia”, così Alex Zanotelli definisce gli Stati uniti, Moschetti sarà atteso di nuovo da un compito non semplice: lì, infatti vengono prese gran parte delle decisioni e attuate strategie finanziarie che finiscono per “disumanizzare il mondo e i suoi stupendi popoli”.
Sud Sudan. Il lungo e sofferto cammino verso pace, giustizia e dignità
di Daniele Moschetti
Dissensi Edizioni, 2017
Pagg. 250
€ 14