Sul “Programma Lavoro” dei 5 Stelle
Pensieri in libertà di Domenico Stimolo
Dunque, dopo un tambureggiare complessivamente generico in atto ormai da parecchi anni sulle imponenti questioni che riguardano il mondo del lavoro in Italia, M5s alfine, nell’ambito del progetto di costruzione del programma per le prossime elezioni nazionali mettono all’attenzione degli iscritti (e di tutti) la loro bozza di tematiche – “Programma Lavoro” – che dopo le indicazioni e il voto degli iscritti dovrebbero diventare risoluzioni.
La bozza si riferisce esclusivamente al contesto dei lavoratori dipendenti. Una mezza paginetta, molto snella, per un totale di diciannove righe. E dire che la problematica riguarda 22.811.000 cittadini, uomini e donne.
In premessa, dopo avere enunciato solo il titolo di alcune questioni particolarmente rilevanti in questa fase storica: «robotizzazione, digitalizzazione, economia dei beni materiali», in maniera interrogativa si inserisce il «lavorare meno per lavorare tutti?». Non viene esposta però – dato che la questione a livello nazionale ed europeo è in auge da oltre trent’anni – nessuna indicazione sul parametro fondamentale, cioè se la riduzione dovrà essere effettuata a parità di salario/stipendio. Chissà perché!
Poi si lancia il titolo dello “smart working”. A parte l’inglesismo spinto dell’acronimo utilizzato, su una questione molto complessa non si aggiunge alcun tipo di approfondimento. Si lascia agli iscritti l’interpretazione operativa del “lavoro agile” cioè flessibile. Una dinamica lavorativa “innovativa”, già in uso nel nostro Paese per quantità non rilevanti, che stabilisce – nell’ambito dell’orario di lavoro – lo svolgimento dell’attività in duplice maniera, cioè dentro le mura del sito lavorativo e all’esterno – i contratti di lavoro in vigore sanciscono le norme operative – dunque una materia che presenta complesse e differenziate sfaccettature.
Infine, dopo tanta genericità, esce fuori il concetto base, chiaro e tondo. Infatti nel testo si recita che «La presenza e l’incidenza del lavoratore nella governance della propria impresa, per il movimento 5 stelle, va disintermediata». E’ quest’ultimo un termine di raro uso nella quotidianità di linguaggio e di pensiero per la stragrande maggioranza degli italiani. A dirlo in lingua italiana “leggera” significa che “ l’insieme dei princìpi, delle regole e delle procedure che riguardano la gestione e il governo di una società, di un’istituzione, di un fenomeno collettivo non hanno bisogno di intermediatori ( soggetti sociali): in questo caso il soggetto è l’azienda dove si lavora.
Disintermediata da chi e che cosa? Perbacco viene ripreso un tema sul quale certi 5 stelle sono molto affezionati, cioè le organizzazioni sindacali. Infatti nella bozza si afferma che questa linea progettuale è indirizzata a «tagliare al tempo stesso i vecchi privilegi e le incrostazioni di potere del sindacato tradizionale».
Una domanda sorge spontanea: chi sono le “organizzazioni sindacali tradizionali”? Non viene fornito nessun ragguaglio di merito. Orbene, a rigore di logica, possono essere le organizzazioni confederali formatesi (cioè rinate) dopo la riconquista delle libertà individuali e sociali a seguito della sconfitta del fascismo con il grande contributo dei “padri della democrazia”, cioè i partigiani e i resistenti tutti: dunque prima solo la Cgil, poi Cisl e Uil. Oppure si intendono tutte le organizzazioni sindacali operanti in Italia, vecchie e nuove? Il dilemma non è di poco conto. Le organizzazioni sindacali, tradizionali o meno, esistono sul presupposto indispensabile che i lavoratori scelgono volontariamente di auto-organizzarsi in sindacati, per la difesa dei loro diritti, della qualità delle condizioni di lavoro, per un’equa retribuzione (lo insegna la storia, evidentemente sconosciuta).
Poi si aggiunge che necessita «promuovere forme nuove di democrazia e partecipazione sui luoghi di produzione». Bello… senza però dare alcuna indicazione.
Ma una volta estromesse (disintermediate) le organizzazioni sindacali (come?) vengono meno le strutture portanti che storicamente regolano i rapporti di lavoro dipendenti attraverso i Contratti di lavoro.
Si vuole forse ritornare, come in essere fino alla seconda parte dell’800, ai contratti individuali? Oppure, a che cosa?
Infine nelle 19 righe vengono sinteticamente riprese altre questioni che caratterizzano l’attuale mondo del lavoro: «pensioni, tutela per le protezioni gravose, precoci, flessibilità in uscita, migrazioni dei ragazzi all’estero, modifica dei parametri d’uscita dal lavoro, competitività, efficienza». Su questioni così complesse c’è solo il titolo, nessun accenno a progetti.
Da parte mia (impegnato sindacalmente per diversi decenni come componente di CdF (Consiglio di Fabbrica) e nelle RSU (Rappresentanze sindacali unitarie, elette dai lavoratori) nella bozza trovo il vuoto e rimango sgomento.
LA VIGNETTA – scelta dalla redazione della “bottega” – E’ DI VAURO.
Personalmente sento puzza di bruciato. Se i 5stelle finiranno col declinare a destra tali genericità finirà da parte mia ogni tipo di apertura di credito nei loro confronti. Il rapporto possibile sarà solo di guerra aperta. Possono sbagliare molto e avere lo stesso il mio consenso. Su questo punto trovo inammissibile alcun livello di errore.
Giusta puntualizzazione per una corretta lettura del testo. La gran parte delle parole e frasi tra virgolette sono state riprese dal testo ” Programma Lavoro” 5*
Ringraziando Domenico Stimolo per l’approfondita disamina del testo sul lavoro, si fa per dire, dei 5 Stelle, credo sia chiara la natura antisindacale di questa formazione equivoca, destrorsa e profondamente demagogica, stante il disegno mirato ad accalappiare voti a destra, al centro e a sinistra.
Dopo il convegno di Ivrea, quel che conta è la dichiarazione dell’imprenditore veneto forzista-leghista Massimo Colomban, che attualmente opera nei gangli vitali dell’amministrazione romana della Raggi, rivolta, attraverso i canali televisivi, al popolo italiano: “Il movimento 5 Stelle realizzerà il programma di Silvio Berlusconi.”
Pertanto disintermediazione, contrattazione individuale e tutti gli anglicismi del caso, sono solo funzionali nella logica grillina a mettere sotto attacco le forme organizzate del movimento operaio e la contrattazione collettiva.
Non c’è da sorprendersi, stante la desindacalizzazione in corso e il prevalere in ampie fasce lavorative – autonome e non – dell’ideologia che esalta l’essere imprenditori di se stessi.
Ma non preoccupatevi poichè, stando al Corriere della Sera di ieri, un certo Giorgio Cremaschi, ex segretario nazionale della FIOM ed ora pensionato, battitore libero e no-euro, ha fatto sapere che diventerà il consulente “tecnico” dei 5 Stelle pur se sarà, beato lui, Beppe Grillo a decidere la strategia.
Per chi avesse scordato Di Pietro e l’Italia dei Valori, ricordo che fu un certo Maurizio Zipponi, ex segretario della FIOM di Brescia, a diventare consulente, lautamente pagato, di tale formazione, con risultati sul piano concreto, per nostra fortuna, decisamente insignificanti.
Poichè provengo dalla FIOM e conosco Cremaschi dal 1979, trasecolo al pensare che una persona di tale levatura possa dare il suo apporto ad una formazione autoritaria e, dal mio punto di vista, parafascista.
Ma a tutto c’è una spiegazione: sia Zipponi che Cremaschi non hanno mai fatto battaglie organizzate e di massa nelle organizzazioni sindacali, tantomeno nella CGIL. Hanno sempre teso a distinguersi come ‘i primi della classe’, quando il movimento ‘tirava’.
Oggi, in piena fase difensiva, Cremaschi si colloca laddove tira il vento reazionario, giacchè anche nelle formazioni della (ex) nuova sinistra, a differenza di Dino Greco, ex segretario della Camera del lavoro di Brescia, che milita coerentemente in Rifondazione Comunista, non è stato in grado di collocarsi in una dimensione collettiva.
Gian Marco Martignoni
Molto interessanti le valutazioni “collaterali” di Gian Marco Mortignoni. Aggiungo .Tutte le organizzazioni politiche-sindacali e le strutture sociali in genere vivono da sempre intrinseche e rilevanti contraddizioni, dovute alla presenza di diverse “fattispecie” umane – caratterizzazioni individuali e linee strategiche -. Per cercare di ridimensionare questo costante pericolo e le conseguenti contaminazioni rispetto allo Statuto, Chi ( al plurale ), preposto alla gestione dell’organizzazione deve essere in grado, per capacità e volontà, di esercitare una significativa verifica.
Da antico militante della Fiom, per le esperienze vissute, ritengo che anche questa struttura non sia potenzialmente esente dai rischi richiamati.
Ho conosciuto ( tra l’altro) direttamente Giorgio Cremaschi . Per lungo tempo è stato responsabile del settore TLC della Fiom. Io membro del coordinamento nazionale di una grande Azienza del comparto e componente del Comitato Centrale della Fiom). Personalmente, alla fine degli anni 90 ruppi con l’organizzazione, in forte dissenso sulle politiche sindacali che riguardavano la gestione degli esuberi ( licenziamenti). Diventati un “libero pensatore”. Lasciamo stare il merito, per “carità di patria”.
Non ho avuto maniera di leggere la richiamata intervista del Corriere della Sera. Addirittura “consulente tecnico” dei 5*? Ho letto, però, questa mattina, l’intervista rilasciata da Giorgio Cremaschi a “ Radio Città Aperta”.
Certo Giorgio Cremaschi è sempre stato molto bravo nell’uso delle parole, però, ammetto, non ho capito il senso complessivo strategico delle sue argomentazioni in raccordo con la bozza del PROGRAMMA LAVORO dei 5 *. Un dato è certo. Tocca in maniera del tutto marginale la questione centrale: la bozza del Programma Lavoro dei 5*. Perché? La cosa mi lascia fortemente stupito.
Condivido la considerazione centrale della nota di Gian Marco Mortignoni. Suddetto programma…..e non solo, è chiaramente di destra. Di una destra brutta alquanto. Non ci vuole un gran fiuto per comprendere questa elementare verità.
E’ pur vero che per i Signori dei 5* non esiste più ……….“ destra e sinistra”. I lavoratori, però, continuano ad esistere, in carne e ossa. Si organizzano ( in strutture sindacali) e lottano – come sempre hanno fatto negli ultimi 150 anni – contro lo strapotere padronale, e, tra l’altro, per una più equa distribuzione delle risorse economiche.