Suonerie-7: Mondo in jazz trio, Jamborines e Luce
Ascolti suggeriti da Daniele Barbieri, Giovanni Carbone e Mauro Antonio Miglieruolo. Rubrica mensile ripresa da “Micromega” (*)
Murray, Jones e Drake di Daniele Barbieri
Giuro che è andata (quasi) così. Stavo facendo i lavori ma dall’inconscio – qualcuno aggiungerebbe: gran paraculo – affiora una celebre frase di Art Blakey: «Il jazz spazza via la polvere del quotidiano». Così smetto di trafficare per casa e decido di fare il mio terzo di rubrica per “Suonerie”. Sono ancora indeciso: parlare delle ristampe dei vecchi e davvero mitici album a etichetta Candid o approfittare del suo nuovo cd per raccontare di Ada Montellanico? Mentre sono in dubbissimo metto in sottofondo l’appena comprato «Seriana Promethea» – Intakt Records – del neonato Brave New World Trio ovvero David Murray (sax tenore e in un brano clarino basso), Hamid Drake (tamburi quasi infiniti) e Brad Jones (contrabbasso). Sottofondo? Impossibile resistere per più di un minuto con il primo brano, quello che dà il titolo all’album: devo alzare il volume e così vado vicino all’estasi. Aspetto di vedere se gli altri brani mi “sbronzano” allo stesso modo. Sì. I tre mi hanno preso al laccio come a me succede poche volte (tenderei a dire 10-15) in un anno. Ed eccomi a consigliarvelo.
A 67 anni Murray è in gran forma con il coetaneo Drake e il “quasi giovane” Jones (59 anni). In copertina leggo che tutte le composizioni sono di Murray ma altrove non gli attribuiscono «If You Want Me to Sky» e vedo che anche Luca Conti, direttore della rivista «Musica jazz», puntualizza che si tratta della rilettura di un vecchio (1973) brano di Sly & The Family Stone. Poco importa: è tutto emoziante, spesso perfettamente oscillante fra jazz vecchio e nuovo – qualcuno direbbe cool e hard o magari bop e free – con molti passaggi divertenti, perfino orecchiabili. Già dopo pochi ascolti mi sono scoperto a “canticchiarne” un paio; non è che capiti tutti i giorni. Blues ovviamente ma anche atmosfere latine. Si avverte – o almeno così “sento” io – che i musicisti si stanno divertendo assai e si rimpallano il piacere fra gli assoli (molti, opportuni e di qualità) e la carica, anzi caaaaaaaaaaarica, del “tutti insieme appassionatamente”. Di certo sono virtuosi dei loro strumenti e si conoscono bene. Sì un «meraviglioso nuovo mondo» questo tio: niente a che vedere con il romanzo di Aldous Huxley o con il parimenti fosco album degli Iron Maiden. Un solo cruccio: non sapere se il trio sta preparando un bis o ancor meglio un tour.
Quei quattro ragazzi, dalle Alpi alla California di Giovanni Carbone
The Jamborines tornano a settembre con un nuovo cd, «Suffer The Dream», nella formazione originale e dopo due nuovi singoli («Never care to Repeat» e «Scales and Sun»). I quattro ragazzi svizzeri di Yverdon-les-Bains – Caleb Kylander, cantante e chitarrista, Nathan Bonjour alla batteria, Yann Secrest alla chitarra e Christophe Zindel al basso – si fanno ritrovare pronti con la stessa magia degli esordi quando, nel 2010, spopolavano in radio e festival, vincevano quello straordinario trampolino di lancio per la musica Indie che è il concorso Soundcheck. Da allora hanno calcato con grande successo e seguito di pubblico i palchi di mezza Europa. Per fortuna possiamo riascoltarli adesso come li avevamo lasciati, con quel progetto musicale perfettamente integro. Sono giocosi, autentici, senza fronzoli, nemmeno velleità di inutili sperimentazioni ruffiane: il loro sound è nudo e crudo Rock and Roll. Nei dodici brani del disco è difficile trovare qualcosa che vada oltre un’adesione radicale al British Pop più autentico e tradizionale degli anni ’80, salvo piccoli accenni a una New Wave rigenerata, con qualche spontaneo e irresistibile ammiccamento al Surf, alla West Coast, al sound della California. Divertimento, formidabile distillato di energia, invito a ballare, da ascoltare e riascoltare. La genuinità che sorprende a ogni ascolto s’accompagna a liriche ironiche, che non derogano dall’essere originali e ricercate. La voce di Caleb è strumento portentoso, sostenuto abilmente dagli altri tre ragazzi con poche concessioni a effetti speciali. Semplicità sonora e arrangiamenti essenziali sono un tratto caratteristico del gruppo.
Fra i brani che compongono il disco è difficile trovare cedimenti. Splendida la ballata «It’s a Feeling» dove la voce di Caleb, dopo aver disegnato atmosfere suadenti, lascia spazio ad arpeggi chitarristici che evocano talune cose dei Television. «Hours» segna con evidenza la passione per la New Wave elettro-acustica degli anni ’80, con la batteria di Nathan Bonjour in primo piano a creare un tappeto ritmico di grande efficacia. In «Never care to Repeat» tornano gli stessi riferimenti espliciti, quelli che inevitabilmente, per certe atmosfere, riportano alla mente i primi Japan. La voce di Caleb è straordinariamente limpida e definita in «Indiana», le corde delle chitarre tracciano percorsi on the road perfetti da ascoltare lungo la costa, la ritmica incalzante sostiene quel viaggio irrinunciabile.
Adesso che sono tornati, da questi quattro ragazzi ci si attende quello che sanno fare meglio: suonare, divertirci, trasmetterci una buona dose di adrenalina.
https://www.youtube.com/watch?v=bNUqFLPbOhI
Mari, gran violinista di Mauro Antonio Miglieruolo
Un nuovo disco di Mari Samuelsen («Lys», cd della Deutsche Grammophon, maggio 22) costituisce un evento fortunato per chi ama la musica minimalista con i toni leggeri, post romantici di una violinista che è fra le più creative. Pacata, invitante, realizza atmosfere che nello stesso tempo invitano a pensare e placano i pensieri. O forse dovrei scrivere: invitano a “sentire”? a fiutare altre possibilità nel mondo? Una musica emozionata e nostalgica.
Della compositrice apprezzo Timelapse. Vedi: https://www.youtube.com/watch?v=D3PDoxrsE48&list=RDD3PDoxrsE48&start_radio=1&rv=D3PDoxrsE48&t=0
Notevole anche Moonlight, gradevole rielaborazione per violino dell’analogo brano per piano di Beethoven (la sonata al chiaro di Luna).
La norvegese Samuelsen si distingue nelle esecuzioni di autori come Max Richter (November), Einaudi (Una Mattina), Glass (Mathamophosis), Vivaldi (Le Quattro Stagioni), Arvo Part (Fratres), Astor Piazzolla (invierno Porteño) e Eno, Moebius & Roedelius (By This River).
Mari Silje Samuelsen (nata il 21 dicembre 1984) è sorella del violoncellista Håkon, con il quale ha eseguito fra l’altro le curiose variazioni su «God save the King». Ha iniziato a suonare il violino a tre anni e l’anno dopo è diventata allieva di Arve Tellefsen, che ha definito Mari e Håkon Samuelsen «fra i più grandi talenti della musica per archi in Norvegia». Negli ultimi dieci anni è stata allieva del violinista russo Zakhar Bron. Ha collaborato con Jeff Mills, Dubfire e Max Richter che ha detto di lei: «oltre ad essere una violinista meravigliosa, Mari ha una comprensione istintiva del mio mondo compositivo e una straordinaria capacità di comunicare le mie intenzioni». Nel 2014, Mari e Håkon hanno eseguito la prima mondiale di «Pas de Deux», un doppio concerto ommissionato a James Horner.
Il suo album di debutto da solista è «Mari» del giugno 2019 (Deutsche Grammophon) con brani “minimalisti” di Richter, Johann Sebastian Bach, Brian Eno, Philip Glass e altri. Si esibisce con la Konzerthausorchester Berlin diretta da Jonathan Stockhammer.
«Lys» include 14 brani, di 13 compositrici diverse da Hildegard Von Bingen a Hildur Guðnadóttir ed è centrato sul fenomeno naturale che, insieme all’acqua e al vento, è decisivo per l’esistenza della vita sulla Terra: la Luce (Lys in norvegese). «Le quattordici tracce sono intrecciate insieme per creare una meditazione sonora su qualcosa di così fondamentale che spesso viene dato per scontato».
Le 14 tracce:
1 White Flowers Take Their Bath – Scoring Berlin
2 Arr. for Violin and Piano – Samuelsen Mari
3 Signals
4 IV. The Orangery (Plan & Elevation) – Samuelsen Mari
5 Sol Levante
6 Lightwell
7 Arr. Tormod Tvete Vik for Solo Violin and Strings – Samuelsen Mari
8 Halo (Solo Violin and Strings Version)
9 15. Adagio sognando (24 Preludes for Violin and Piano, Op.46) – Samuelsen Mari
10 Bær (Arr. Knoth for Solo Violin and Strings)
11 Reverie (Arr. Knoth for Solo Violin, Strings and Electronics)
12 La Luce
13 Love Abounds In Everything
14 Midi (Arr. for Solo Violin and Electronics)
In questa puntata:
«Seriana Promethea» Brave New World Trio ovvero David Murray, Hamid Drake e Brad Jones
«Suffer The Dream» The Jamborines ovvero Caleb Kylander, Nathan Bonjour, Yann Secrest, Christophe Zindel
«Lys» Mari Samuelsen con la Konzerthausorchester Berlin diretta da Jonathan Stockhammer
A RISENTIRSI FRA UN MESE… CIRCA
(*) Una imprescindibile quanto impossibile occasione per far risuonare le note attraverso le parole. Sognando e tentando di attraversare la musica in tutte le sue variegate manifestazioni. Daniele Barbieri, Giovanni Carbone e Mauro Antonio Miglieruolo nel gran mare delle proposte sonore pescheranno spigole (cioè spigolature) mensili adatte a fornire un’idea di quel che si muove ed è subito fruibile da coloro che alle musiche si volgono per migliorare la qualità della vita. Il trio suggerisce solo dopo che quei suoni hanno acceso una qualche luce fra orecchie, cuore e mente.
I più pignoli chiederanno: come mai oggi esce «Suonerie-7» se in “bottega” era già uscita la puntata 8? Siamo autorizzati a rispondere: distrazioni che capitano (voce del verbo, dunque accento sulla i). Se ancora non vi basta … su Micromega,net è già visibile «Suonerie / 9: speciale 1972» e se aspettate pochi giorni (ore?) arriverà la puntata 10. Ingordi siete.