Teatro e bambini di Giancarlo Biffi
Guardare il mondo con gli occhi di un bambino è un esercizio che noi adulti dovremmo fare spesso, solo così ci accorgeremmo degli errori commessi e delle tante cose da fare. Non si può “inventare” serenità, senza ricercarla prima di tutto profondamente in noi. Il teatro è il luogo dell’incontro, in cui per un paio d’ore si può riflettere, sorridendo o commuovendosi. Purtroppo come non ci sono città, sono una rarità gli edifici teatrali a misura di bambino, e così costringiamo i cuccioli d’uomo in sale anche superiori ai 500 posti, in file troppo distanti dal palcoscenico, sprofondati in poltrone che non facilitano di certo la visione della rappresentazione. Le nostre misure non sono le loro, le distanze spazio temporali percepite dai bambini hanno metri e quantità d’esperienze non paragonabili a quelle di noi adulti. Auspicare che ogni città si arricchisca con teatri a loro misura non solo è un dovere sociale ma ancor di più una necessità civile. E come sono dei grandi consumatori di libri, sono sempre più dei “forti” spettatori. Sono in continuo aumento rassegne, manifestazioni a loro destinate ma se cresce la quantità non sempre questa va di pari passo alla qualità, non sempre chi realizza un lavoro teatrale dedicato all’infanzia lo fa concentrandosi su loro, così a fianco a prodotti d’elevato spessore si producono lavori che rispondono a ben altre esigenze. Il teatro non è spettacolo, è soprattutto incontro, esperienza, e i lavori teatrali che si vedono da piccini, nel bene e nel male, ce li portiamo appresso per tutta la vita. Già da quando il bambino entra nel foyer deve capire di essere in un luogo suo e non all’interno di qualcosa in cui lui è obbligato ad adattarsi. Servono teatri con colori, poltrone, distanze a misura di cucciolo, come lo sono la maggior parte delle scuole materne, con servizi igienici pensati per loro. Un teatro così configurato sarebbe una virtuosa possibilità di progresso: un abitino di taglia piccola, per una capacità quantitativa limitata, in cui ogni bimbo si senta compreso lui stesso nello spazio scenico. Se andiamo a contare i biglietti staccati nel teatro per l’infanzia della passata stagione, ci accorgeremo che i numeri sono molto rilevanti, non rispondere a questa crescente richiesta oltre ad essere miope è irragionevole.
dal quotidiano “Il Sardegna” del 17 febbraio 2010
DUE RIGHE SU MIO FRATELLO GIANCARLO BIFFI
Care e cari che occhieggiate questo blog sono stra-lieto di farvi sapere che ogni mercoledì ospiterò un articolo di Giancarlo Biffi, per la precisione i suoi pezzi che escono il giorno prima su “Il Sardegna”. Ma spero che Giancarlo mi girerà anche altri suoi scritti.
Io amo il teatro per tante ragioni e s/ragioni. E amo Giancarlo per le stesse ragioni e s/ragioni più altre. Alla prima occasione proverò a scriverne. Intanto ricordo che a Cagliari (dove Giancarlo vive e lavora con Cada Die teatro) anni fa si parlò del meraviglioso e terribile “77 italiano”: Giancarlo spiegò che in quel periodo, stretto fra l’ingiustizia di Stato e il terrorismo, entrambi tesi a stritolare la ribellione sociale, lui cercò di trovare una via all’altezza della sovversione: corpi e parole in azione, lo chiamano anche teatro. Capite perché lo amo?