Teodora-mania
di Fabio Troncarelli
Il 28 giugno 548 morì Teodora, imperatrice di Bisanzio. Siamo costretti a occuparci di lei perché negli ultimi tempi c’è stata una vera e propria Teodora-mania che impazza ovunque. Il nome di Teodora rimbalza nelle librerie, sui giornali, in televisione, nei festival della piccola editoria, nei dibattiti pubblici, con la furia di un uragano. Vi pare impossibile? Scegliamo qualche esempio a caso.
1)Teodora, imperatrice di Bisanzio – Giustiniano e Teodora, un potere condiviso: In diretta su Rai Storia Lunedì 17 gennaio 2022 alle 20,30.
Dalla presentazione dell’Ufficio Stampa:
“Giustiniano …ha al suo fianco ha una donna carismatica e di straordinaria bellezza: Teodora. La sua storia fa sognare tutte le ragazze dell’Impero: viene da una realtà emarginata, ma un giorno diventerà Basilissa d’Oriente…Quando Teodora muore, dopo aver lottato contro una lunga e inesorabile malattia, a lei sopravvive un’altra Teodora, l’icona, simbolo di un fascino metastorico, raccontata dal teatro e dal cinema, che ancora oggi è sinonimo di eleganza e di successo.”
2) Mariangela Galatea Vaglio, Teodora. I demoni del potere, Piemme, Casal Monferrato 2020 (seconda edizione 2022).
Dalla presentazione del libro:
“È stata la spogliarellista più famosa di Costantinopoli, ora vuole il trono. Teodora ha sempre saputo di essere destinata a grandi cose. Ex attrice di infimo rango, cresciuta al circo e adorata dal pubblico per i suoi spettacoli senza veli, è riuscita a farsi nominare patrizia e ora è la concubina di Giustiniano, il nipote dell’imperatore Giustino e il ministro più potente dell’impero romano d’Oriente. Ma la corte le è contro…Ma Teodora non è nata per rinunciare: è indomita e scaltra, e non permetterà a nessuno di portarle via l’uomo che ama e lo status sociale che ha raggiunto.
3) Liliana Madeo, Si regalavano infamie. Antonina e Teodora le potenti di Bisanzio, Tullio Pironti, Napoli 2021.
Da un’ intervista con l’autrice pubblicata in “Ponza racconta “ 18 marzo 2022
“D – Che tipi di donna erano Teodora e Antonina, qual era il loro rapporto?
R – Escono entrambe dal mondo dello spettacolo, rango infimo della società. E nutriranno entrambe – indomite – l’ansia di rivalsa delle emarginate…
D – Qual era il modo di esercitare il potere?
R – Raramente si mettono contro le regole del saper vivere vigenti nel circuito dell’aristocrazia. Formalmente è come se fossero uscite da una famiglia, un’educazione ad hoc. Il loro aspetto, la cura di sé, il loro linguaggio sono ottimi. Hanno un seguito di fedeli e di informatori privati. Non esibiscono progetti, come quelli che Antonina suggerisce a Teodora (le misure, ad esempio, contro chi spende fiumi di denaro per puro piacere). La loro sintonia fa scorrere il sangue nelle segrete del Palazzo imperiale dove vengono rinchiusi e torturati i dissidenti, coloro da cui non si sentono in giusta misura rispettate. Il coraggio e la determinazione sono le armi più acuminate di cui si servono…Ciascuna delle due è sovrana sia in una propria dimora sia nella gestione dei propri beni, ed entrambe sono capaci di nascondere al marito gli interessi, gli amori che nutrono in clamoroso contrasto con quanto lo sposo si aspetterebbe da loro.
D – Non si può dire che incarnassero il ruolo di first lady. Qual era, dunque, il rapporto con i rispettivi mariti?
R – Non incarnano il ruolo formale della first lady ma tali sono nella sostanza. Tale subito diventa Teodora quando, davanti al sovrano e alla sua corte ammutoliti per una rivolta popolare che dura da giorni e sta per far crollare la monarchia, si leva in piedi e dice parole provocatorie, audaci, quelle che nessuno aveva osato pronunciare. E salva così la corona. L’amore dei mariti è la forza primaria di cui entrambe dispongono…Giustiniano rende onore alla “piissima consorte che ci è stata data da Dio”…Analogo è l’amore e il rispetto che Belisario nutre per la sua sposa…E pazienza quando scopre che lei lo tradisce e che di un giovane, il loro figlio adottivo, è diventata l’amante!2
4) Francesca Mingucci, Io Teodora. Memorie di un’imperatrice, Carta Bianca Editore, 2018.
Dalla presentazione del libro:
“Teodora, la femme fatale dell’impero bizantino, è protagonista del romanzo di Francesca Minguzzi, concepito come la memoria onnisciente, affollata di personaggi e profumi, di colei che ha ispirato drammaturghi, pittori, stilisti. Ex attrice dell’Ippodromo, in un mondo in cui le attrici-mimo vivevano una condizione molto simile a quella delle etere, poi compagna e moglie di Giustiniano, che diventerà imperatore, Teodora si rivela decisiva per le sorti dell’Impero…Il romanzo restituisce a Teodora lo spessore della sua azione politica, determinante tanto negli equilibri religiosi quanto nell’azione di sistemazione legislativa, e la ricchezza della sua personalità: il rimosso di Teodora riguarda proprio la sua presenza storica, politica, di governo. La sua libertà di scegliere una fede e di rischiare e battersi per affermarla, la sua capacità di non rinnegare la sua vita passata e anzi di tutelare le donne uguali a quella che lei era stata.”.
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Huguette De Lancker, Teodora. Imperatrice d’Oriente, Res Gestae, [Roma]. 2021
Dalla presentazione del libro:
“La sua giovinezza fu segnata dalla miseria, ma Teodora era destinata a raggiungere la dignità imperiale e il potere assoluto. A trent’anni manovrò non solo l’Imperatore Giustiniano, ma anche il generale Belisario, tra i più grandi di ogni tempo, e persino il sovrano dell’Impero persiano, superando l’odio di ben tre pontefici. Dotata di un’astuzia politica senza pari e di una volontà di ferro, Teodora iscrisse il suo nome nella storia più di ogni altra donna prima di lei e, come lascia emergere quest’opera unica, diede un contributo decisivo al celebre Codice [di] Giustiniano.”
Mi fermo qui. Ma vorrei ricordare che l’epidemia di Teodora-mania non è scoppiata adesso. Teodora è un ever green che ha stimolato da sempre la fantasia degli storici e degli artisti, generando drammi teatrali come Teodora di Victorien Sardou o colossal come Teodora imperatrice di Bisanzio di Riccardo Freda(1954), con Gianna Maria Canale nella parte dell’imperatrice che rischia di morire per salvare gli umili e i poveri; o La calata dei barbari di Robert Siodmak (1968), con Sylva Koscina che fa girare la testa a Giustiniano-Orson Welles, come neppure “Anitona” nella Dolce vita ha mai fatto.
Negli ultimi tempi, però, la febbre teodoriana ha raggiunto il picco. Vi faccio grazia di titoli come Stella Duffy, Theodora: empress, actress, whore, (Teodora imperatrice, attrice, puttana), Penguin books, London, 2011; James Allan Evans, The power game in Byzantium: Antonina and the Empress Theodora (Il gioco del potere a Bizanzio: Antoinina e l’imperatrice Teodora) 2011; Marié Heese, The colour of power. The history of Theodora, Empress of Byzantium (Il colore del Potere. La storia di Teodora imperatrice di Bizanzio), Human & Rousseau, Pretoria, 2011; Stephanie Marie Thornton, The secret history. A novel of Empress (La storia segreta. Il romanzo di un’imperatrice), Berkley books, New York, 2013; Renato Angeloni, Teodora e Giustiniano. Quando le donne ottennero la parità giuridica con gli uomini, Graus, Napoli, 2013 e passo direttamente al romanzo di grande successo di Paolo Cesaretti del 2001, ristampato nel 2021:
Paolo Cesaretti, Teodora, ascesa di un’imperatrice, Milano, Mondadori, 2021 (nuova edizione rielaborata e corretta del romanzo del 2001, Premio Grinzane Cavour per la saggistica (sic!) nel 2002).
Dalla recensione di Maria Corti, La bella Teodora regina (sic!) calunniata in “La repubblica2, 27 novembre 2001:
“Il geniale autore della biografia (sic!) ci dà il segno di un suo alto potere, quello di imporre, grazia alla cultura specialistica, un diverso modello femminile, una nuova bellezza del personaggio, la natura complessa di una donna con la sua immagine di fasto dove si mescolano, come in un raro elisir, bellezza, intelligenza, astuta capacità di riflettere e di durare, parvenza di immortalità… Per lei le rivelazioni delle qualità del mondo furono sempre immediate e totali; grazie ad esse la povera attrice di mimo ottenne di esistere in una eccezionale vita di dominatrice.”.
Se non bastasse, ricordo che anche nell’ambito dell’editoria digitale Teodora fa la sua comparsa: l’imperatrice è la protagonista di un libro di Pier Luigi Camagni, Teodora, Il mio libro (GEDI Digital S.r.l. – P. Iva 06979891006), 2015, nel quale leggiamo:
“Sì, è vero, aveva ragione Procopio di Cesarea, sono stata una puttana. E proprio qui sta la grandezza, prima puttana e, poi, Augusta dell’Impero.
Una grandezza che il vostro piccolo moralismo non riesce a comprendere, tanto da avermi voluto, poi, trasformare quasi in santa, a voler cancellare e nascondere tutto, come si fa con la polvere sotto i tappeti.
Anche in questo, non comprendendo che si può essere, o essere stata, al contempo puttana e santa.”
Proviamo a riassumere: le parole-chiave sono “indomita”, “dominatrice”, “carismatica”, “femme fatale”, “puttana”, “santa”. Ah, dimenticavo che Teodora:” non permetterà a nessuno di portarle via l’uomo che ama”, come fa la sua più cara amica Antonina, perché. “l’amore dei mariti è la forza di cui entrambe dispongono”; e “pazienza” se una “è diventata l’amante” del “figlio adottivo” e l’altra nasconde “al marito… gli amori … in clamoroso contrasto con quanto lo sposo si aspetterebbe”!
Già. Pazienza. Santa pazienza. Veramente santa se si pretende di affermare che per “salvare la corona” da “ una rivolta popolare che dura da giorni e sta per far crollare la monarchia (sic!)” si può fare qualunque cosa, anche rinchiudere in uno stadio i dissidenti e massacrarli tutti insieme appassionatamente, come avvenne appunto nell’Ippodromo di Costantinopoli (circa 35000 persone in un giorno!). A questo punto che c’è di male se Pinochet ha chiuso gli oppositori nello stadio di Santiago per torturarli e ammazzarli con comodo, magari con meno fretta dei soldati contro rivoltosi di Costantinopoli, tra i quali (solo per la cronaca) c’erano amici e sostenitori dell’imperatrice che avevano aiutato lei e la famiglia quando morivano di fame? Santa pazienza! E la parola “santa” è quanto mi appropriata per la Teodora dei nostri giorni: nel 1995 con il sostegno di influenti rappresentanti del clero e dell’aristocrazia, si è infatti costituita, la Pia Unione degli Accademici di Santa Teodora Imperatrice, che ha il compito di promuovere il riconoscimento del culto della sua Patrona, Santa Teodora (Alberto Zaza D’Aulisio, Le pie unioni degli accademici di Santa Teodora Imperatrice ed anche dei Cavalieri di San Giorgio, Capua, 1995).
Questa congregazione è solo l’ultimo sviluppo delle attività della Nobile Accademia di Santa Teodora Imperatrice che opera da lungo tempo in Italia (cfr. https://westernorthodoxuniversity.org/about/recognition/nobile-accademia-di-santa-teodora-imperatrice-rome-italy/).
Che dire di tutto questo? Avrei tante cose da dire su questo culto forsennato della donna in carriera, indomita e dominatrice, che non a caso si scatena contemporaneamente al successo aggressivo di libri come quello di Bruno Vespa, Donne al potere. 25 signore della politica, dell’impresa e della scienza tra pubblico e privato, Rai libri, Torino, 2022. E chi sono queste signore? Giorgia Meloni, per esempio. O Marina Berlusconi. E allora perché scandalizzarsi di Teodora? Evviva il Potere che logora solo chi non ce l’ha, come quei coglioni che si fanno ammazzare negli stadi. Gente tipo Victor Jara.
Basta. Non ne posso più. Ma prima di lasciarvi vi vorrei far ascoltare le parole di uno storico di professione, l’autore dell’ultimo libro (serio) su Teodora. A quanto pare non sono solo io a pensare che la farina del diavolo finisce sempre in crusca:
“. È sicuramente vero che [Teodora]è stata maltrattata dagli antichi, e in particolare da Procopio, ma è altrettanto vero che allo stesso modo è stata spesso sopravvalutata dalla storiografia moderna presentata come una vittima più che, come spesso fu, una carnefice. Teodora fu donna del suo tempo e del suo stato sociale: incolta, rozza e arrivata al trono quasi per caso, non poté fare altro che preservarlo con i mezzi che aveva a disposizione… A differenza di altre sovrane, chiuse in un modesto isolamento, ebbe la pretesa di inserirsi con prepotenza nella vita pubblica e il più delle volte lo fece in maniera disastrosa e sconclusionata, spinta dai suoi rancori o dai suoi interessi personali e senza un disegno politico preciso che andasse al di fuori di questi…Alla prova dei fatti, quando volle ostinatamente governare, si mostrò priva del senso della misura e, a parte i livori personali che sfogò contro questo o quello, non fu in grado di condurre una politica coerente…. Nella questione religiosa l’azione di Teodora fu sicuramente devastante e il suo voler ostinatamente privilegiare i monofisiti finì per rompere quell’equilibrio precario che Giustiniano cercava di raggiungere…. Teodora reagì nel modo peggiore… senza però ottenere il risultato sperato; al contrario approfondì il solco già esistente con l’Occidente e, in particolare, con la chiesa romana che anche in epoca successiva avrebbe dato molto filo da torcere ai Bizantini…La questione religiosa … non sarebbe stata risolta se non indirettamente nel secolo successivo allorché l’impero perse i territori di fede monofisita, che vennero conquistati dagli Arabi…L’assassinio di Amalasunta, ammesso che sia da imputare a Teodora nei termini in cui viene presentato, fu infine un errore grossolano: impedì un recupero pacifico di tutta o parte dell’Italia, innescò un conflitto spaventoso provocando nella regione un arretramento sociale ed economico le cui conseguenze si sarebbero fatte avvertire per secoli. In sostanza si può dire che, più che seguire un programma di governo, di cui forse avrebbe fatto bene a disinteressarsi…Teodora obbedì come era nella sua indole a impulsi derivanti … dal carattere impossibile che la rendeva imprevedibile e pericolosa. Giustiniano molte volte, ma non sempre, la lasciò fare e di certo spesso la sua azione gli fu utile; se poi, come da più parti si ritiene, molte scelte furono tra loro concordate, siamo di fronte a una perfetta sintonia di intenti, nonostante gli errori fatalmente compiuti, che pare in qualche modo essere una trasposizione sul piano governativo di uno scambio delle parti caratteristico dell’azione teatrale in cui si era formata la futura imperatrice.”(Giorgio Ravegnani, Teodora, Salerno editore, Roma, 2016, pp. 170-173).
MA COSA SONO LE «SCOR-DATE»? NOTA PER CHI CAPITASSE QUI SOLTANTO ADESSO.
Per «scor-data» qui in “bottega” si intende il rimando a una persona o a un evento che il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna deformano, rammentano “a rovescio” o cancellano; a volte i temi possono essere più leggeri ché ogni tanto sorridere non fa male, anzi. Ovviamente assai diversi gli stili e le scelte per raccontare; a volte post brevi e magari solo un titolo, una citazione, una foto, un disegno. Comunque un gran lavoro. E si può fare meglio, specie se il nostro “collettivo di lavoro” si allargherà. Vi sentite chiamate/i “in causa”? Proprio così, questo è un bando di arruolamento nel nostro disarmato esercituccio. Grazie in anticipo a chi collaborerà, commenterà, linkerà, correggerà i nostri errori sempre possibili, segnalerà qualcun/qualcosa … o anche solo ci leggerà.
Su Teodora non si saprà mai la verità, le fonti sono troppo discordanti; anche secondo me l’unico dei libri citati che si mantiene su un discorso obiettivo è il Ravegnani
Concordo con Franco Ricciardello. Un passo avanti comunque è possibile. Collocando il personaggio nel periodo storico in cui ha vissuto. Per farlo occorrerebbero cognizioni che impegnerebbero per settimane l’eventuale ambizioso che desiderasse commentatore. Occorerebbe sapere qualcosa di più (di quanto ne so) sulla congiuntura storica caratterizzata dal declino dell’Impero d’Occidente; sull’emergenza del cristianesimo come religione di stato e le sue contraddizioni interne; sui problemi specifici di riequilibrio dell’Impero d’Oriente sottoposto ai conflitti dentro il modo di produzione schiavistico, modo che non era più in grado di governare il proprio mondo. L’inchino alla chiesa non nera altro che riconoscimento di un ruolo, divisione gerarchica del potere (non di funzioni come nel successivo modo di produzuone capitalistico). Principiare di quell’evoluzione in servitù della gleba le cui prime tracce (clientes) sono ravvisabili, a Roma, già nel terzo secolo. Le scelte dei singoli acquistano senso all’interno di queste tendenze storiche, che aprono interstizi che offrono spazi di manovra alle singole personalità. La grandezza o l’inettitudine dei singoli hanno il loro peso. Non sono in grado di spezzare permanentemente i vincoli storici. Contro i quali si trovano a cozzare. E perdere (vedi: Belisario).
L’esempio più eclatante lo troviamo nella storia del Movimento Operaio. Nel 1917 i bolscevichi, contro ogni previsione, conquistano il potere. Non solo. Vincono anche una guerra civile che dura 4 anni. Continuano a governare (dentro difficoltà crescenti) fino almeno al 1927. Dopodiché le condizioni oggettive che NON riescono a dominare (non si può indefinitivamente), condizioni oggettive caratterizzati dall’arretratezza della Russia e dai ritardi bolscevichi nell’acquisizione della scienza marxista, producono un progressivo deterioramento che, in breve tempo, porta al crollo del potere proletario. Le pratiche politiche che avevano combattuto e (apparentemente) vinto, tornano in auge. Con nuovi nomi e immaginarie giustificazioni rivoluzionarie i comunisti vengono sterminati. Il 90% degli iscritti al partito all’indomani della rivoluzione viene mandato in Siberia e clandestinamente fucilato. Nel 1931 non ci sono più comunisti in Russia. Salvo qualche alto dirigente che ha accettato di schierarsi dalla parte della reazione. Ma anche per loro, a metà degli ani ’30, verrà l’eliminazione. Confrontiamo questa storia. delineata sommariamente, con le vulgate in voga. Ci renderemo immediatamente conto come ogni racconto in merito non trova spazio (e nessuna vera spiegazione) se non nella personalità dei singoli (vincenti e perdenti); e come non sia possibile ricostruire nulla delle vicende dell’Ottobre utilizzando tali spiegazioni.
E’ giusto sentirsi sconcertati di fronte a un personaggio del genere. per questro NON E’ GIUSTO IDOLATRARLO o farne un esempio di DONNA IN CARRIERA VINCENTE rispetto agli sfigati che soccombono alla storia. A prescindere da quello che uno sa della storia antica e medievale, mi pare il “minimo sindacale” uscire dalla logica perversa secondo la quale la storia la fanno i Grandi, i Sommi, i Personaggioni anche se sono Supercazzoni e il resto non conta (NB: Il resto = masse di indivdui che si muovono seguendo logiche indipendenti dai Supercazzoni; vicende interpersonali che ricadono sotto la sfera dell’Economia, della Sociologia, dell’Antropologia Culturale. della Storia delle Religioni etc. etc., nonchè grandi geni isolati e controcorrente che dei cazzoni se ne fottono…). Ma che mondo è quello in cui viviamo? Ma ci siamo dimenticati la “rivoluzione culturale” degli anni 60-70? La lotta della scuola delle “Annales” contro la “Historie evénémentielle” ovvero contro i fatterelli, le date, il sapere mnemonico, quello che chiedono oggi nei quiz per diventare professori, la monnezza della storia , le vicende di reucci e di sovranucci del cazzo che contano quanto il due di briscola e tutto il resto? Ma credete veramrente che la storia del mondo l’hanno fatta Giustiniano e Teodora, gentaccia che ha “la forza e non ha la ragione”(S- Allende)? Si vabbè, sti cazzi. Pure Hitler ha fatto la storia del mondo. Lo dice lui. Se lo dice da solo. Poi però tutto quello che ha fatto, tutto quello che hanno fatto gentaccia come Teodora e Giustiniano è solo la “schiuma iridescente della storia” come diceva Labriola al giovane Croce. La “schiuma”. La risciacquatura dei piatti della storia. Non è difficile capire che tutto ciò può piacere solo a questo mondo tronfio e ridicolo, angariato dal mito del successo, che idolatra solo chi è vincente; questo mondo usa-e-getta in cui tutto deve essere goduto e dimenticato in un attimo; che ricatta tutti con la tirannia del presente, del contingente, dell’effimero. Un mondo in preda al furore di cancellare passato e futuro che insidiano il primato dell’immediato, quei ricordi dolorosi che ossessionano l’avaro nel Canto di Natale di Dickens.
Questo mondo è fatto per l’uomo che non deve chiedere mai perché ha tutto subito. L’uomo che come dicono gli psicoanalisti, cerca solo il trionfo maniacale, l’unica gratificazione possibile di una psiche profondamente malata, incapace di tollerare la frustrazione e il senso del limite.
Di fronte a questa disperata coazione alla rimozione vi sarà sempre un Baudelaire disposto a dare voce al turbamento di Andromaca ingiustamente schiava del brutale Pirro; a evocare la ferocia di una città che cambia più veloce del cuore di un mortale e dire, come fa il poeta niente nella mia malinconia si è mosso…
Penso alla negra, per la tisi magra,
con l’occhio cupo e il fango sporco ai piedi,
che dietro il muro immenso della nebbia
cerca le palme e l’Africa perduta
e a chi ha smarrito ciò che mai ritrova,
mai, mai, mai più! Chi con il pianto placa
la sete e col Dolore, come latte
di lupa, orfano scarno, fiore secco.
Così nascosto dentro il bosco il cuore
s’esilia ed un Ricordo antico il corno
suona, suona! Ed ai vinti, ai prigionieri
ai marinai su un’isola deserta
penso … E a tanti altri… Tanti altri ancora!