Teologia della liberazione e sostenibilità nelle parole di Frei Betto
di Roberta Biagi
“La teologia della liberazione è nata dalle lotte popolari”, esordisce il frate domenicano Frei Betto, invitato all’Università di Siena per la conferenza su “Teologia della liberazione e sostenibilità”, spiegando che ha avuto la sua origine durante la seconda guerra mondiale dall’attività antifascista di comunisti e cristiani.
In America Latina, prosegue Frei Betto, durante la rivoluzione sandinista si sono moltiplicate le esperienze delle comunità di base. Marx letto alla Sorbonne è diverso da Marx letto dalla guerriglia colombiana. Lo stesso vale per la Bibbia. Le comunità di base si sono appropriate della Bibbia, esprimendo una nuova visione cristiana, e i teologi hanno teorizzato questa nuova visione. Aggiunge: penso che Marx abbia fatto lo stesso con i movimenti operai e le lotte sociali. La teologia della liberazione incontra Marx nel rapporto diretto con le lotte, desacralizzando il marxismo: prima marxismo e cristianesimo erano due religioni – non ci possono essere due religioni – il marxismo è un sistema di analisi del capitalismo. Quindi, ne deriva una nuova lettura del cristianesimo e del marxismo. Un cristianesimo che utilizza Marx come metodo di interpretazione della realtà, come S. Tommaso d’Aquino usò la filosofia pagana di Aristotele per spiegare la natura.
Inizialmente teologia della liberazione e sinistra hanno fatto fatica ad abbracciare i temi della difesa ambientale, riflette Frei Betto, che ha conosciuto Chico Mendes, uomo della selva amazzonica, cristiano e rivoluzionario, grande punto di riferimento in Brasile per la difesa ambientale e per questo ucciso. Ribadisce la difficoltà nell’appropriarsi delle tematiche ambientali, perché non ne era stata percepita l’importanza quando Mendes ne parlava a San Paolo. Oggi, invece, la teologia della liberazione è fortemente impegnata su questi temi, si parla di ecoteologia e il più attivo è Leonardo Boff. Sottolinea come la questione ambientale coinvolga tutti e che adesso i teologi della liberazione hanno un importante alleato, Papa Francesco con la sua enciclica “Laudato si’”, definita dal pontefice un’enciclica socio-ambientale. Riferisce che il filosofo e sociologo Edgar Morin, che è ateo, ha detto che l’enciclica è il testo più avanzato dal punto di vista socio-ambientale perché tutti gli altri (dal protocollo di Kyoto alle conferenze internazionali sul clima a Parigi e Doha) parlano degli effetti, ma non affrontano le cause, l’enciclica, invece, le affronta e questo ha dato molto fastidio. Riporta di aver sentito un vescovo brasiliano dire: “Finché Benedetto XVI è in vita, è lui il mio papa”.
In Brasile, evidenzia Frei Betto, siamo abituati a essere bicefali: abbiamo due presidenti, uno legittimo e uno interino. Abbiamo assistito al terzo golpe parlamentare in America Latina, dopo quelli dell’Honduras e del Paraguay. Non c’è nessuna accusa che possa delegittimare Dilma Rousseff, quello che le viene imputato è un crimine fiscale. A partire dal primo governo Lula, in Brasile sono stati attuati programmi sociali che hanno salvato un gran numero di persone dalla povertà. Questi programmi hanno un costo. La crisi economica ha colpito il Brasile dal 2014, i prezzi delle commodities sono scesi, i governi non avevano saputo approfittare dei precedenti prezzi delle esportazioni di oro, caffè e altre materie prime. Il governo brasiliano ha due banche da cui ha preso soldi in prestito per finanziare i programmi sociali e dopo qualche mese li ha restituiti. “A cosa servono le banche se non a prestare denaro?” si chiede Frei Betto. La politica brasiliana è dominata dai banchieri, che hanno chiesto e ottenuto una legge che proibisce alle banche pubbliche di fare prestiti. Siamo di fronte a un processo di destabilizzazione dell’America Latina. I governi di Lula e Dilma sono stati eletti democraticamente, quanto successo crea un precedente molto serio e mette in crisi la fragile democrazia del Brasile, liberatosi con molta fatica dalla dittatura. Frei Betto continua, lamentando che il governo di Michel Temer non ha nemmeno un ministro nero – il Brasile è il secondo paese con il più alto numero di neri dopo la Nigeria – né un ministro donna, che fin dal primo giorno sono stati eliminati la segreteria dei diritti umani, la segreteria per l’uguaglianza razziale e il ministero della cultura ed è stato nominato un latifondista ministro dell’agricoltura. Tutto ciò ha provocato una grande reazione anche da parte di chi aveva messo in moto tutta la procedura di impeachment e che ora sta tornando sui propri passi ed è contrario a Temer. “Hanno nominato una volpe a proteggere le galline”.
Sul nebuloso futuro che attende il Brasile, Frei Betto cita gli ultimi sondaggi elettorali che danno vincente Lula nel caso in cui si svolgessero oggi le elezioni. Lui e Marina Silva sono allo stesso livello, ma tutto il paese sa che Lula è più rappresentativo di Marina. La destra brasiliana ha paura di Lula presidente, questa manovra è stata fatta per impedirgli di essere rieletto. Frei Betto pensa che Temer finirà con l’agevolare l’elezione di Lula nel 2018 perché il suo governo farà così poco e lo farà così male che se Lula non finirà in prigione sicuramente vincerà le elezioni.
Frei Betto conclude dicendo che il Partito dei Lavoratori è in difficoltà, deve reinventarsi e riscattare elementi simbolici che ha perduto: deve essere un partito etico, il partito dei poveri, il partito delle riforme strutturali. In questi 13 anni di governo ha disatteso questi principi, anche se si è trattato dei migliori esecutivi della storia repubblicana del Brasile.