Tina Modotti, una mujer infinita

di Francesco Cecchini

 

Una mujer infinita è il titolo del film che la regista argentina Lucia Puenzo sta iniziando a girare in Messico sulla vita di Tina Modotti. Il titolo descrive bene Tina, una donna infinita, artista, rivoluzionaria, volontaria in Spagna per dare assistenza ai feriti e ai deboli, donne e bambini.

Un articolo pubblicato su uno degli ultimi descrive gli ultimi anni degli ultimi anni della vita di Tina come oscurata dalle ombre della strega a 7 zampe dello stalinismo. Niente di più falso da parte di un autore, la cui bibliografia probabilmente si limita al pessimo libro di Cacucci, Tina.

Tina resta nella storia oltre che per essere stata un fotografa  in Messico un’ottima fotografa, per il ruolo avuto nella guerra civile spagnola come organizzatrice e dirigente di prima linea del Soccorso Rosso.  Coerente con l’essere comunista si arruola sotto le bandiere del Fronte Popolare, nelle Brigate Internazionali.

Tina raggiunge la Spagna con  lo slancio e la generosità  delle adelitas o soldaderas della rivoluzione messicana. Dopo un tentativo fallito di raggiungere nel 1934 le Asturie che si erano ribellate, il 19 luglio del 1936 raggiunge Madrid. Resta  in Spagna tre anni dal 1936 al 1939, alla sconfitta del Fronte.

Narra HelenaPoniatowska:

Da quando Tina arrivò all’Ospedale Operaio, il vecchio rivoluzionario Isidoro Acevedo, del Soccorso Rosso Internazionale, le disse:
–    Devi cambiare il tuo nome
–    Va bene, come mi devo chiamare?
Il vecchio rifletté di fronte al quaderno nel quale registrava i volontari.
–    Maria? E’ un nome comune e corrente, facile da ricordare.
–    Maria mi piace molto. In Messico chiamano Maria le mendicanti, le donne che stanno per le strade, chiedendo l’elemosina.
–    Ti ho iscritta con il nome di Maria Sánchez. Che te ne pare?
–    Si, pure il cognome Sánchez è molto comune in Messico
.”

 

Da allora in Spagna sarà Maria combattendo dapprima  nell’  Hospital Obrero de CuatrosCaminos a Madrid dove si prese cura  dei feriti  dalla mitraglia   e dalle  bombe faciste.

Tra gli altri Dolores Ibaburri, la pasionaria ricoverata per un’ epatite.

Nel mese di febbraio del 1937 con l’avanzare delle truppe fasciste sul porto di Malaga collabora con il medico canadese Norman Bethune in un’Unità Mobile di di pronto soccorso e  trasfusione, per aiutare l’ evacuazione di rifugiati ad Almeria. Qui l’ Unità si concentrò nel salvare donne e bambini, che venivano messi in testa alla colonna. Quest’ esperienza lascia un segno incancellabile in Maria. A Vittorio Vidali che incontra in Almeria dice “ La guerra è odiosa, ma questo massacro di donne, bambini e vecchi è il fatto più orribile. Mai avrei pensato di essere tanto forte e di non perdere la testa in una pazzia colettiva di questa grandezza”

Maria, con lo pseudonimo di Carmen Ruiz scrive anche diversi articoli nella riviste Tribunale soprattutto  Ayuda, Semanario de solidaridad del Socorro Rojo International. Da questi articoli si può conoscere  quello che Maria pensa e fa in quegli anni vissuti pericolosamente in Spagna. Un elenco incompleto è il seguente:E nel sanatorio de Milicias populares,Visita a un taller de costura, Un año de solidaridad antifascista, Aniversario del levantamiento obrero de Asturias ed altri

Importante è quello del 13 marzo 1937 “ En defensa de nuestros niños” .  Un lungo articolo che tratta un tema fondamentale in quel momento della Guerra Civile, l’ evacuazione dei bambini dalla Spagna. Maria era coinvolta in prima persona e nell’ articolo fa appello alle madri spagnole per convincerle ad inviare i propri figli fuori della Spagna perché nessun luogo era sicuro dagli attacchi dell’aviazione o della flotta fascista. La prima evacuazione Unione Sovietica mette in salvo 70 bambini, la seconda 1530 bambini e 75 accompagnanti. In totale i viaggi furono 4 ed i bambini messi in salvo furono 2873. Maria partecipa come organizzatrice al II Congresso Internazionale degli Intellettuali a Difesa della Cultura contro il fascismo che si svolge tra Valenza e Madrid. All’evento , innanzitutto  all’assemblea tenuta nella capitale nel cinema Salamanca, Ayuda dedica molte pagine. Sono senza firma ma scritte probabilmente da Maria, Carmen Ruiz. Maria è   colpita dalla straordinaria prova di solidarietà internazionale data da scrittori, poeti, pittori, scultori. Presiede Antonio Machado e sono presenti tra gli altri André Malraux, Arma Seghers, Hemingway, Aleskei Tolstoi, Octavio Paz e molti altri. Maria in quell’occasione rientra in contatto con  un mondo a lei famigliare di giornalisti e fotografi, Robert Capa e Gerta Taro ad esempio. A chi le chiede di fotografare quello che accade risponde che il suo compito è stare dentro quello che accade per aiutare la vittoria sul fascismo. Maria però portava sempre con  con sé un Leica

Maria scrittrice scrive anche due   opuscoli uno sulla prima guerra mondiale dal titolo: Cinco miliones de viudas y diez miliones de huerfanos, e l’altro sul Messico: Peones mexicanos.

 

L’ 8 ottobre dopo il trattato che stabilì che tutte le truppe straniere abbandonino la Spagna Maria viaggia a Barcellona dove assiste alla partenza dei volontari delle Brigate e così scrive: “ Non è giusto che termini così. Abbiamo combattuto quasi tre anni . Ho visto..  combattenti  .. con rami di fiori in mano, non c’era più allegria , solo tristezza nei visi e lacrime negli occhi di tutti.. Maria stessa il 25 di gennaio del 1939, giorno nel quale cade Barcellona inizia un esodo disordinato e d’inferno verso il confine con la Francia. Dopo la caduta di Gerona, l’ 8 febbraio attraversa i Pirenei e non può pensare ad un verso dell’amico Antonio Machado : “ provai angustia nel cuore e pensai che era la fine”.

 

Tina Maria lascia alle spalle  un ricordo indelebile .

Nel 1938 la sezione francese del Soccorso Rosso scrive sull’esperienza spagnola e in particolare menziona Tina, alias Maria, alias Carmen Ruiz Sanchez:

Di lei si può dire che è l’incarnazione stessa del sentimento umanitario e dell’internazionalismo.

Ha lottato contro la reazione nei fronti di molti paesi. Il suo cuore ammalato è semore sensibile per le sofferenze degli altri. Ma la sua tenerezza femminile e la sua dedizione al lavoro, cose per le quali la amano tutti, non diminuiscono la fermezza del suo carattere che, assieme alla sua intelligenza, le danno un posto meritato nelle fila di questa grande organizzazione di solidarietà.”

Maria Teresa Leon, moglie di Rafael Alberti nel XXX anniversario della morte così scrive  nella rivista Rinascita: “ Desidero che un giorno un giovane incida nelle rocce della Sierra di Guadarrama un nome che nessuno possa cancellare dalla nostra memoria: Tina Modotti, nuestra Maria.”

Domenica 21 giugno 2007 a La Pedriza, municipio di Manzanares del Real è stato  collocato un pezzo di roccia con incisa la frase suggerita da Maria Teresa Leon.

 

Propongo la lettura della precisazione che lo storico Marco Puppini ha inviato al giornale Il Manifesto in merito all’articolo di Giancarlo Bocchi.

 

 

Tina Modotti: sinora pochi misteri nel paginone di Alias.

Marco Puppini

 

Leggo su Alias dell’8 marzo il paginone scritto da Giancarlo Bocchi su Tina Modotti, la notissima fotografa friulana poi dirigente del Soccorso Rosso, dipinta come misteriosa agente dei servizi segreti sovietici. Bocchi è l’autore di un film documentario su Guido Picelli, indubbiamente ben fatto, ma è anche accanito sostenitore della tesi che Picelli, durante la guerra di Spagna, era morto non in combattimento contro i franchisti ma colpito alle spalle dai comunisti, possibilmente italiani ed appartenenti al suo battaglione. Nonostante abbia anticipato molte volte sulla stampa di essere in possesso di documenti inequivocabili, nonostante molte ricerche fatte in archivi spagnoli ed ex sovietici, Bocchi non ha trovato nulla a sostegno di questa tesi. Un lavoro fatto con tanta tenacia e sacrificio è però sempre utile. Se la tesi dell’assassinio ad opera comunista non risulta provata, vuol dire che la versione della morte in battaglia ne esce rafforzata ed al momento, ovviamente sino ad eventuale prova contraria,  appare quella corretta.

Bocchi ora si misura con altri “misteri” interessandosi a Tina Modotti, la cui vita dall’arrivo in URSS nel 1930 fino alla morte nel 1939 in Messico sarebbe «per molti aspetti ancora sconosciuta e gravida di segreti, che è tuttora avvolta nelle nebbie della Storia». In realtà le rivelazioni di Bocchi non sono tali, riguardano infatti episodi noti, l’attività della fotografa friulana in quegli anni stata chiarita bene da alcune pubblicazioni recenti. Che Vidali si fosse sposato nel 1930 con Paolina Hafkina è risaputo, lo ha scritto tra l’altro molti anni fa lo stesso Vidali, ricordando come Elena Stassova, temuta presidente del Soccorso Rosso, lo avesse accusato di bigamia. A Vidali piacevano, ricambiato, le donne, mentre la sua relazione con Tina era di grande amicizia e stima ma non di passione, essendo tra l’altro difficilissimo per la coppia, impegnata in un lavoro senza soste in molte e diverse nazioni, trovarsi assieme per momenti di intimità,  Noto e quasi ovvio anche il fatto che la Stassova avesse chiesto alla OGPU l’accesso per Tina ai documenti segreti del Soccorso Rosso nel momento in cui Tina ha iniziato a lavorare per l’esecutivo di quella organizzazione. I vuoti esistenti nella autobiografia di Tina consegnata al Comintern, infine, rientrano nella comprensibile prudenza con cui i quadri comunisti compilavano il suddetto documento. Per quanto riguarda l’assassinio di Andrea Nin, evocato da Bocchi verso la fine del suo articolo, si tratta di un episodio che negli ultimi anni è stato indagato a fondo, grazie anche agli archivi ex – sovietici. Tina non c’entra assolutamente niente, forse neppure Vidali, ben altri sono i responsabili di cui ormai si conoscono nomi e cognomi (vedi tra l’altro: Boris Volodarsky, El caso Orlov, Barcelona, Crítica 2013)

L’attività di Tina in URSS e poi in Spagna, per Bocchi avvolta nelle nebbie della Storia, è stata ricostruita con dovizia di particolari, ad esempio nel bel libro di Christiane Barkhausen, sempre molto abile nel muoversi tra i vari archivi ex sovietici (Tina Modotti. Verità e  leggenda, Firenze, Giunti, 2003) o in quello di Laura Branciforte sul Soccorso Rosso (El Socorro Rojo Internacional en España (1923 1939). Relatos de la solidaridad antifascista, Madrid, Biblioteca Nueva, 2011). A Mosca, Tina è stata incaricata di tenere i contatti con le varie sezioni del Soccorso Rosso in Europa, anche tramite alcune pericolose missioni clandestine, e nell’America Latina, di scrivere una infinità di articoli per le riviste di queste sezioni nelle diverse lingue che conosceva, di molte incombenze di tipo organizzativo. Lavorava probabilmente 45 ore alla settimana per leggere e tradurre documenti in varie lingue e scrivere, oltre a studiare il russo, tenere corsi e relazionare sul lavoro del proprio ufficio, organizzare l’assistenza ai perseguitati che affluivano a Mosca. In Spagna sappiamo, tra l’altro, che ha contribuito ad evacuare i bambini dell’asilo infantile situato lungo la linea del fronte sul Guadarrama, con grande rischio personale, ha prestato assistenza alla popolazione che fuggiva da Malaga sotto i bombardamenti dell’aviazione fascista, ha organizzato il congresso degli intellettuali antifascisti alla metà del 1937,  ha svolto una enorme attività di assistenza agli sfollati e profughi che affluivano a Barcellona, città sconvolta dai bombardamenti anche in questo caso opera dell’aviazione fascista.  Un’attività frenetica che la ha invecchiata precocemente e forse ha acuito la patologia cardiaca causa della sua morte nel 1939. Certamente, dopo l’episodio occorso all’Hospital Obrero di Madrid, dove alcuni combattenti repubblicani ricoverati erano morti perché il loro cibo era stato avvelenato, ha anche esercitato un controllo del personale degli ospedali nei quali si trovava ad operare. Ma perché parlare di misteri e nebbie quando i documenti esistenti mostrano una attività svolta alla luce del sole, tanto faticosa e rischiosa quanto utile alle vittime della guerra e del fascismo?

 

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