Tolstoj come Resistenza culturale e morale
di Giorgio Riolo (*)
Questo articolo è tratto da una nota introduttiva a Tolstoj. È il frutto del lavoro per gli incontri di letteratura conditti in vari cicli dal 2009 a oggi (*). Il titolo complessivo è “La letteratura come vita e come riflessione sulla vita. Il classico che è in noi”. Intendendo il fatto letterario nella sua accezione più vasta. L’opera letteraria come luogo da cui trarre lo stimolo al pensiero filosofico, storico, economico, sociale, politico, culturale, antropologico, psicologico ecc. Come fonte di riflessione sull’etica pubblica collettiva e sulla morale individuale. I classici rappresentano la fonte principale di questa dinamica.
La lettura, va da sé, è naturalmente anche un piacere. Ma questa dimensione dell’arricchimento culturale e della formazione permanente della persona (del cittadino e della cittadina) rimane, nelle intenzioni di questa attività, la dimensione fondamentale.
Nel ciclo 2009-2010 degli incontri di letteratura abbiamo letto alcuni racconti esemplari del grande scrittore russo (La morte di Ivan Ilič, Padre Sergio, Il divino e l’umano) e l’immenso romanzo Guerra e pace. Nel ciclo 2014-2015 abbiamo letto i racconti I cosacchi, Tre morti, La cedola falsa, Dopo il ballo, Padrone e lavorante. Nel ciclo 2018-2019 abbiamo letto Anna Karenina.
Rimando, sul sito www.giorgioriolo.it, all’ascolto delle registrazioni dei quattro incontri nel primo ciclo, alla registrazione del singolo incontro nel secondo ciclo e alle registrazioni dei due incontri dedicati ad Anna Karenina. Nel sito stesso si possono leggere o scaricare in formato Pdf le schede introduttive alle singole opere che via via vengono lette e commentate.
I.
Tolstoj (1828-1910) nasce aristocratico, è il conte Tolstoj. E come tale attraversa praticamente l’intera parabola della Russia zarista fino alle porte della rivoluzione d’Ottobre. Dalla vittoria su Napoleone e alla successiva rivolta decabrista (dicembre 1825) per una monarchia costituzionale, all’emergere dagli anni Quaranta di una generazione di pensatori, intellettuali, scrittori, critici letterari di grande valore morale e intellettuale. È l’intellettualità, in russo propriamente “intellighenzia”, una sorta di compensazione culturale e morale di una quasi impossibile rivoluzione moderna-borghese-capitalistica entro il quadro di una feroce autocrazia assolutistica e di uno speculare immobilismo della intera società russa. Società definita “semi-asiatica”, a causa della immensa inerzia del vasto mare russo costituito dalle campagne e dai contadini e da una inetta, immobile, parassitaria nobiltà di proprietari terrieri.
Allora il ruolo grande che la letteratura, in senso vasto, ampio, si incaricò di svolgere in quel contesto. La “letteratura” delle opere dei vari critici, filosofi, pensatori Belinskij, Cerniševskij, Pisarev, Dobroliubov ecc. Per non parlare del nume tutelare Herzen, costretto all’esilio europeo. La letteratura in senso stretto, da Puškin e Gogol, fino a Tolstoj, Dostoevskij, Turgenev, Gončarov, Lermontov, Cechov ecc., per citare i maggiori.
In Russia il ruolo sociale e politico dello scrittore fu riconosciuto, reale, agì nelle coscienze e nella realtà. Tolstoj ne fu consapevole e nell’ultima parte della sua vita, oltre a scrivere opere narrative, sempre di grande valore, scrisse, intervenne, assolse al compito di guida, di pensatore, di polemista, di pedagogo, di profeta.
Il conte Tolstoj legge precocemente Rousseau e vive a contatto con i suoi contadini (le sue “anime”) e con la natura e gli alberi di Jasnaja Poljana. Nel mentre deve frequentare la vita degli ambienti aristocratici, spesso rarefatta, “inautentica”, regolata dalle formali convenzioni sociali, dall’esteriorità, agisce in lui l’impulso interiore, fino alla consapevolezza aperta, che la vita vera, la vita autentica risieda nella semplicità, nell’essenzialità della vita contadina, nella natura stessa. È quello che gli si è palesato nel Caucaso (1851-1852), è quello che descrive prima nel racconto I cosacchi. E poi, come modello imperituro, in Guerra e pace, nel quale il conte Pierre Bezuchov “vede” il semplice, autentico, “rotondo”, intero Platon Karataev, il mužik-soldato che fungerà da catalizzatore per la trasformazione-evoluzione definitiva di Pierre (e di Tolstoj stesso).
Il conte Tolstoj vuole farsi egli stesso mužik, il contadino povero russo, si veste da contadino, partecipa alla fienagione, vuole lavorare manualmente. È una terribile contraddizione, ma quale feconda contraddizione! Così Kostantin Levin in Anna Karenina.
Questa linea evolutiva lo porterà alla cosiddetta “conversione religiosa” a quella definitiva visione di un cristianesimo evangelico plebeo, da Sermone della Montagna o Discorso delle Beatitudini del Vangelo stesso. Rousseau e il Vangelo. Ovvero una religione della vita, una spiritualità profonda che lo porterà alla critica radicale della modernità, del capitalismo, delle fabbriche, delle città in nome della vita autentica e vera delle campagne, con il soggetto-contadino quale agente storico della possibile rigenerazione della civiltà, occidentale in primo luogo.
La prospettiva iniziale è quella della vita contadina patriarcale tipicamente russa. La classe dei proprietari terrieri viventi in armonia con la sterminata classe dei contadini, anche se il problema rimane la servitù della gleba.
Questa utopia, roussoviana e contadina, aveva agito in Russia. Così come il grande movimento sociale e politico del populismo russo (i narodniki) nella seconda metà dell’Ottocento aveva cercato di farne la leva della trasformazione rivoluzionaria. Tolstoj non comprese pertanto la leva operaia, socialdemocratica e marxista, poi bolscevica, di tale trasformazione. Anche a misura del solido, riflettuto pacifismo che lo ispirava. E anche dall’assunto che la rivoluzione industriale e il capitalismo, da cui classe operaia e suoi movimenti scaturivano, era all’origine del male, dell’inquinamento, della distruzione della natura, dell’inautentico della civiltà moderna.
La felicità creativa, la forza narrativa, il piacere immenso del racconto, la letteratura come realtà, ma di una realtà depurata dall’accidentalità e della ingannevole e “facile” superficie, la letteratura che aspira a rispecchiare la vita nella sua totalità espressiva, di fatti, di pensieri, di sentimenti, di emozioni, insomma il grande respiro epico del realismo, rimarranno costanti, vivi, in tutte le fasi della vita di Tolstoj. Anche quando, dopo la cosiddetta conversione, giungerà perfino a rinnegare l’arte come aspetto superfluo, inautentico, nella vita e nella storia. Continuerà tuttavia a scrivere importantissimi racconti e romanzi brevi, oltre a Resurrezione, il romanzo concepito come “romanzo a tesi”, come “dimostrazione” della deboscia dei proprietari terrieri e della loro possibile salvezza solo come conversione al Vangelo (Nechljudov), e delle sofferenze dei subalterni (Katjuša Maslova, ma anche i detenuti politici rivoluzionari deportati in Siberia) e che nondimeno conserverà l’ampio e complesso respiro narrativo dei grandi romanzi suoi anteriori, Guerra e pace e Anna Karenina.
II.
Alcuni racconti.
Tre morti è il racconto del raffronto contrastivo di come muoiono tre esseri. Come muore una signora altolocata, la quale protesta e respinge la morte come un disturbo, un affronto alla propria condizione. E come muoiono invece un essere umano “vicino alla natura”, il vecchio postiglione-mužik, che ha esaurito il suo compito vitale, sereno e rappacificato, poiché la vita non è disgiunta dalla morte e poiché la morte non è disgiunta dalla vita, e un maestoso albero, abbattuto per dare agli esseri umani alimento e oggetti utili e non superflui.
I cosacchi è il racconto lungo nel quale, nella fase iniziale della sua attività di scrittore, Tolstoj ha voluto riversare la sua esperienza del servizio militare sul Caucaso. Così come farà con lo splendido racconto lungo della fase finale della sua vita Hadzhi Murat. Olenin-Tolstoj “vede” la vita dei cosacchi, “vede” la vita comunitaria di chi vive con la natura e nella natura, vede il vecchio Eroška e il giovane Lukaška. Olenin si innamora della bella Mar’janka, promessa sposa a Lukaška, e vorrebbe sposarla dopo che Lukaška è stato ucciso, ma i due mondi sono troppo distanti e Mar’janka si rifiuta. A Olenin non rimane che andarsene e ritornare nel proprio mondo, salutato dal solo vecchio Eroška.
Dopo il ballo scaturisce sicuramente dall’aver assistito Tolstoj a una di quelle manifestazioni barbariche, orribili, dello zarismo, a una di quelle modalità della disciplina militare imposta dalle gerarchie nell’esercito zarista. Si tratta della punizione all’alba, la cui descrizione è un capolavoro letterario nel capolavoro letterario, di un soldato tartaro, reo di aver tentato la diserzione, una punizione a opera dei suoi stessi compagni d’arme. Questo orribile spettacolo è uno scenario completamente opposto allo scenario e allo spettacolo del ballo della sera prima, della piacevolezza dei modi delle persone altolocate, del padre ufficiale, dei profumi, delle vesti, del trasporto amoroso del protagonista-narratore. Il conflitto tra i due scenari si risolve nel conflitto interiore di Ivan Vasilevič, nel bisogno e nella necessità di una svolta nella propria vita.
Padrone e lavorante (erroneamente spesso reso come “servitore”) è un tardo racconto di Tolstoj. Vasilij Andreič Brechunòv è ricco e avaro proprietario terriero, preoccupato solo di accumulare. Nikita è un mužik. “Nikita, un suo lavorante cinquantenne ovunque stimato per la sua gran voglia di lavorare, per l’abilità e la forza che metteva in tutto quello che faceva e soprattutto per il suo carattere buono e gentile… Vasilij Andreič pagava a Nikita non gli ottanta rubli che gli sarebbero toccati per il suo lavoro, ma quaranta rubli, e glieli dava per di più non tutti insieme a scadenza fissa, ma un poco per volta, di quando in quando, e nemmeno in contanti, ma sotto forma perlopiù di merci della sua bottega, alzandone inoltre i prezzi”. Brechunòv porta con sé Nikita in un viaggio rischioso, a causa del pericolo della tormenta di neve. L’impulso è il concludere un affare vantaggioso. Nella tormenta che si scatena lo stesso proprietario riscatta se stesso, nel gelo della notte e nella sicura morte di entrambi sepolti dalla neve, avvolgendo il corpo del lavorante con il proprio. Il donare la propria vita per salvare quella degli altri, del suo bracciante, è il subitaneo manifestarsi del divino, del bene, nel male del normale corso delle cose umane.
La cedola falsa o Denaro falso è il racconto nel quale la concatenazione di effetti di una falsificazione di una cifra in un titolo di scambio da parte di due studenti ginnasiali è l’occasione per Tolstoj per mostrare l’effetto corruttivo dell’essenza umana e l’azione distruttiva del legame sociale e comunitario ad opera del denaro. Sempre avendo come retroterra l’assunto roussoviano e natural-contadino che la cosiddetta civiltà, il progresso ecc. lungi dal costituire un vero progresso umano si risolvono in realtà nella decadenza, nella corruzione e distruzione di quelle qualità umane e sociali che sole possono rendere la vita degli esseri umani felice, appagante.
Un posto particolare occupano i grandi racconti, o romanzi brevi, nei quali il messaggio tipicamente tolstoiano della ricerca della “vita autentica” di contro alla “vita inautentica”, della ricerca di una “vita fornita di senso” che si conclude con una “morte fornita di senso”, si precisa in forme letterarie potenti, quasi perfette. Con contenuti di pensiero, di visione del mondo, di precise prese di posizione rispetto al corso storico, sociale, politico ecc. comunque rilevanti, comunque inducenti pensiero, riflessione, arricchimento intellettuale e morale. La morte di Ivan Ilič e Il divino e l’umano, per un verso, ma anche Padre Sergio, per un altro, rappresentano in modo esemplare questo miracolo letterario e artistico.
Così come La sonata a Kreuzer, pur nella per più versi assurda conclusione e prescrizione della astinenza contenuta nella Postfazione. La soluzione prospettata nella Postfazione è l’esito del problema non risolto e della contraddizione in Tolstoj a causa della sua “vivace” vita sessuale. La Sonata è tuttavia racconto perfetto nella sua costruzione e nella tempesta di pensieri, di sentimenti, di passioni che la musica può indurre in certi particolari contesti umani e nella esplicitazione delle dinamiche entro le famiglie, nel rapporto di coppia ecc.
III.
Guerra e pace. Del romanzo immenso, quale fiume maestoso che fluisce placido e grande dalle fonti al mare, scaturito da una rara felicità creativa e da una somma di pensieri e di sentimenti intorno alla storia della Russia e intorno alla realtà russa all’epoca delle guerre napoleoniche, rese attraverso le vicende di alcune famiglie aristocratiche e attraverso il popolo russo tutto, citiamo solo il giudizio netto di Thomas Mann: “Lo spirito omerico, lo spirito eterno epico era forte in Tolstoj come forse in nessun altro artista del mondo”.
Si trattava, nel grande romanzo dell’Ottocento russo, della vera e propria epopea della mirabile compresenza del mondo umano e del mondo della storia, di guerra e di pace appunto. Questi due mondi così armoniosamente compenetrati, così ben colti e descritti, con una maestria e con un genio letterario universalmente riconosciuti a Tolstoj, in ogni angolo del mondo e da tutte le generazioni da allora fino a oggi. E qui non aggiungiamo altro.
IV.
Anna Karenina. Dopo l’epopea, il piglio epico del grande romanzo Guerra e pace, nel quale il mondo della storia si fonde meravigliosamente con il mondo umano delle famiglie della nobiltà russa, delle grandi personalità Pierre Bezuchov, Andrej Bolkonskij, Nataša Rostova, Nikolaj, Marja ecc., un romanzo d’ambiente, un “romanzo di società”. Il più grande romanzo di società della letteratura europea, così in vario modo Dostoevskij e Thomas Mann. Ma non semplicemente di romanzo famigliare si tratta.
La moglie di Tolstoj, Sonja (Sofja Bers), così annota nel 1870 nel suo diario “Ieri sera egli mi ha detto di aver immaginato un tipo di donna dell’alta società, ma che si è perduta. Ha detto che il suo compito era di rendere questa donna degna soltanto di pietà e non colpevole”. Nel 1872 Tolstoj vede il cadavere di una donna dell’alta società suicidatasi, gettandosi sotto un treno. Nel 1873 legge un romanzo incompiuto di Puškin. Dal 1873 al 1877 scrive il romanzo, con la solita sequela di rifacimenti, di revisioni, di correzioni ecc.
Anna è moglie del grigio alto burocrate Karenin. Il quale si attiene alle convenzioni sociali, alle forme esteriori, tipiche del suo ambiente. Anna è intelligente e ambisce a qualcos’altro. È il solito umanissimo principio dello “Etwas fehlt”, “manca qualcosa”, all’origine dei cambiamenti, individuali e collettivi. All’origine del “principio speranza”, della “utopia”, nella vita personale e nella vita collettiva. In Anna è il vagheggiamento di una vita migliore, più piena, in senso erotico-amoroso, in senso pienamente affettivo, sentimentale. È il principio dell’innamoramento di un’altra persona, nella figura del bello, aitante, gioviale, uomo di mondo Vronskij. Nel possidente, nel proprietario terriero Kostantin Levin, l’altra grande figura nel romanzo nel quale lo stesso Tolstoj si specchia, è l’attrazione per la vita dei suoi contadini, è il presentimento, temuto in Levin, ma reso vivo, anche a misura della presenza, della vicenda, delle parole e della morte del fratello Nikolaj, del necessario cambiamento sociale e collettivo. Del rivolgimento della società russa.
Anna è intelligente, autentica, passionale, non fa “come così fan tutte” (e tutti gli uomini). Non può mentire e tenere nascosta la sua relazione. E così paga di persona tutte le conseguenze, fino al suicidio. Il treno e la morte come soluzione. A causa della solitudine e a causa dell’ipocrisia di una società che respinge una donna adultera. Che non ha voluto mentire, a se stessa e agli altri. Tolstoj si innamorerà della sua creatura. Così come in altro contesto farà Gustave Flaubert con la sua eroina. “Madame Bovary c’est moi!”.
I Karenin, gli Oblonskij, Vronskij ecc. tutti romanzi famigliari di proprietari terrieri e comunque della burocrazia, dell’alta società. Kitty e Kostantin Levin mostrano un’altra possibile via.
Kitty, mossa all’inizio da ideali poetici, romantici, passionali per Vronskij, alla fine si rivela la bella figura del principio femminile della vita reale, concreta, autentica, anche banale, accanto a Levin. All’insicuro, sempre riflessivo, sempre pronto a mettersi in discussione Kostantin (molto simile in ciò a Pierre Bezuchov). Sempre alla ricerca di un senso nella vita. Il nobile che è attratto dalla vita autentica dei suoi contadini e delle sue contadine. Che si pone i problemi della giustizia, della giusta ripartizione del prodotto del lavoro, di come trattare gli operai e i contadini. E che si immerge per ciò in contraddizioni, in infelicità.
Alla fine è la religione autentica, interiormente vissuta, non esteriore, ad appagarlo in questa ricerca. Trova nel Vangelo la via. “Lode a te, o Signore, che lo hai nascosto ai sapienti e l’hai rivelato ai semplici e ai fanciulli”. E allora il semplice amore per Kitty, per il figlio, per la vita famigliare, per la conduzione della sua proprietà.
V.
Resurrezione. Tolstoj nella sua esistenza si muove entro polarizzazioni nette. Come avviene spesso in uomini e donne alla ricerca di un senso della vita e messisi in un cammino, il più delle volte accidentato, di autoperfezionamento.
Dalla adolescenza e dalla giovinezza, pur entro la sua condizione di proprietario terriero e di uomo privilegiato e dominante, la polarizzazione è vita autentica-vita inautentica. Poi la cosa si precisa ed è la grande questione del rapporto con i contadini, il vero soggetto positivo che illumina il cammino, correlata all’altra grande questione della legittimità o meno della proprietà della terra.
Lev N. Tolstoj nella sua opera, nei suoi tre grandi romanzi, costruisce tre tipi umani fondamentali ai quali trasferisce molti suoi caratteri, molti suoi travagli. Tipi umani modellati su di lui.
In un primo tempo, le questioni non sono direttamente connesse a un travaglio religioso. Pierre Bezuchov trova nel contadino-soldato povero, il mužik Platon Karataev il punto di riferimento. Il proprietario terriero Bezuchov fa come Tolstoj nelle sue terre. Cerca miglioramenti e istituisce scuole per i figli dei contadini e per i contadini stessi ma alla fine agisce nell’agone politico con il perseguire una monarchia costituzionale con la fallita rivoluzione decabrista del 1825. Avendo il favore della felicità famigliare con Nataša e la di lei decisiva approvazione.
Il proprietario terriero Kostantin Levin cerca un rapporto diretto con i suoi contadini. Lavora egli stesso la terra, vive nelle sue terre. Si pone il fine di distribuirle ai contadini, ma la difficoltà e la atavica diffidenza contadina prevalgono e il fine non è raggiunto. In Levin ormai questa traiettoria è sotto il segno di un travaglio religioso che culmina nella scoperta del Vangelo come fonte vera di ispirazione e di autoperfezionamento. E nella scoperta della vita semplice e la felicità famigliare con la saggia, pratica, amorevole Kitty.
Nel mezzo tra Anna Karenina e Resurrezione ci sta la cosiddetta “conversione” di Tolstoj. In realtà un processo continuo di cambiamenti, di travagli, di conversioni. Allora con l’abbracciare un cristianesimo plebeo-contadino, fondato esclusivamente sul Vangelo e in particolare sul Sermone della montagna, senza Chiesa, senza preti, senza liturgie, senza riti, senza apparati ecc. Come esclusivo processo interiore di fede. Fede non esteriore, non esibita. Un cristianesimo e un anarchismo religioso che rigettano le istituzioni, Stato, Chiesa, Esercito, Tribunali, Carceri ecc., sulle quali si regge la società iniqua, ingiusta e che alimentano il dominio, il tormento e la menzogna tra gli uomini.
Il proprietario terriero, principe Dmitrj Nechljudov giunge a effettivamente distribuire le terre ai suoi contadini. È il compimento della parabola del rapporto proprietario-contadini, compimento al quale aspirava Tolstoj stesso, ma che non realizzò. Soltanto alla fine della sua vita decise di devolvere ogni proprietà alla moglie e ai figli e quindi di liberarsi e di risolvere così la questione della proprietà della terra e la questione del rapporto con i contadini.
All’origine di Resurrezione tuttavia ci sono due precise dinamiche. Una di contesto generale della storia e della realtà russe e una dovuta a due circostanze nella vita di Tolstoj.
Ormai negli anni Novanta dell’Ottocento la realtà russa si è molto differenziata. In essa agiscono ormai molte correnti di pensiero, molte forze sociali, molte correnti politiche. Con il passaggio decisivo degli anni Sessanta (ricordiamo Dostoevskij e il suo Delitto e castigo), al liberalismo borghese protocapitalistico e al populismo contadino, con l’emergere di una sua corrente apertamente rivoluzionaria, anche in presenza dell’anarchismo ispirato da Michail Bakunin, si affianca un movimento rivoluzionario ispirato al socialismo e al marxismo. Il racconto Il divino e l’umano riflette questa mutata realtà russa.
La dinamica personale di Tolstoj è la casualità del racconto nel 1887 di A. Koni, un amico avvocato dello scrittore, il quale gli riferì dello strano caso di un aristocratico, giurato in un processo e che riconosce l’imputata come la ragazza che da giovane possedette e che a causa sua perse il lavoro e dovette prostituirsi. Questa circostanza non fece che smuovere ulteriormente un retroterra problematico nella vita dello scrittore, fino all’autoaccusa, all’autocritica impietosa. Il problema della sua disordinata vita sessuale. In primo luogo, la sua seduzione e relazione sessuale in gioventù con Gaša, la serva della zia presso la quale era ospite. Con relativa espulsione della ragazza dalla casa e relativo suo percorso di perdizione.
In secondo luogo, prima del matrimonio con Sofja Bers, la sua lunga relazione, con relativi convegni amorosi nel bosco, con Aksinja, una contadina delle sue terre e che partorì un bambino sicuramente figlio di Tolstoj (il racconto Il diavolo, pubblicato postumo, riflette questa realtà).
Nechljudov compie la sua parabola di vita attraverso il traviamento giovanile e la tremenda colpa di aver abusato di una giovane innocente serva di 16 anni. Ekaterina (Katjuša) Maslova ha così il destino segnato a causa di quella colpa. Attraverso vari passaggi nella vita si ritrova a fare la prostituta e a essere coinvolta suo malgrado in un delitto. È magistrale l’apertura del romanzo. È la descrizione del trasferimento della reclusa al tribunale dove si celebra il processo. È la visione del mondo di Tolstoj. Il traviamento umano della vita delle città, della negazione della natura e della negazione e del tormento tra gli umani, nel mentre la primavera e il primo sole illuminano e destano alla vita e un colombo, creatura libera, sfiora l’orecchio della reclusa, ricordandole la libertà a lei negata.
È un processo al processo, a magistrati e giudici e tribunali improntati a quella che abbiamo in seguito denominato “giustizia di classe”. Giudici distratti dai meschini fatti personali, dalle indisposizioni fisiche e mossi solo dal formalismo delle carte. Giurati variopinti e non interessati al destino delle persone processate. La descrizione di Tolstoj è magistrale e al medesimo tempo impietosa.
La condanna ingiusta della donna, la carcerazione, la decisione di Nechljudov prima di sposare Katjuša e, dopo il suo diniego, comunque di seguire la donna nella deportazione in Siberia. La conoscenza quasi catartica, sia in Nechljudov, ma soprattutto in Katjuša, del mondo umano, troppo umano, degli altri carcerati e soprattutto dell’umanità del mondo dei prigionieri politici, i rivoluzionari di cui sopra, tra i quali l’operaio rivoluzionario Kondratev che legge il Libro primo del Capitale (sembra che Tolstoj avesse letto la traduzione russa dell’opera maggiore di Marx).
La sequela di questi avvenimenti è la sequela della Resurrezione-Redenzione di Dmitrj, ma è soprattutto la sequela della Resurrezione-Redenzione di Katjuša Maslova. Come era nelle intenzioni di Tolstoj, il centro e la luce vengono dai contadini, in generale. E la luce viene da Katjuša in questa vicenda. Il principe Nechljudov vive di riflesso, “vive nell’ombra”, come dice Tolstoj a proposito della nobiltà russa tutta, è atto secondo. Alla fine egli fa ancora una volta la proposta di matrimonio. La risposta negativa della donna è fortemente motivata “Tu vuoi servirti di me per salvarti. In questa vita tu ti sei servito di me per il tuo piacere, e vuoi servirti di me per salvarti anche nell’altro mondo”.
La Resurrezione del principe Necljudov è la scoperta del Vangelo e della verità ivi contenuta. È la chiusa della vecchia vita e il dispiegarsi della nuova vita a cui egli finalmente accede.
La vita della Maslova è ormai giunta a nuova consapevolezza, a nuova coscienza ed ella decide di sposare e di vivere con uno dei “politici”, conosciuto nella carcerazione e nella deportazione.
Nel romanzo a un certo punto Tolstoj descrive la celebrazione di una messa nel carcere. Egli ricorre nella narrazione all’espediente tipico suo. Si tratta della tecnica dello “straniamento”. Descrive il fatto, i tipi umani, i paramenti, i gesti, i simboli, le preghiere, i canti ecc. come fossero visti e vissuti da un alieno, da uno straniero che non riesce a comprendere tutto ciò e rimane stupito. Perché visti la prima volta nella propria vita e quindi giudicati strani. A dimostrazione dell’assunto tolstojano che la fede esterna, rituale, è una negazione del messaggio autentico di Gesù Cristo.
Questa parte del romanzo rese il tollerato fino ad allora Tolstoj non più tollerabile. Non ultimo il fatto che Tolstoj si risolse a rifinire e a concludere il decennale lavorio attorno al romanzo per aiutare la setta dei Duchobory, con i proventi dei diritti d’autore a lui spettanti. Invisi questi settari, tra le molte sette esistenti nella Russia di allora, invisi al potere zarista e alla Chiesa ufficiale perché nonviolenti e quindi pacifisti e renitenti alla leva e per questo perseguitati.
Lo zar e la corte si guardavano bene dal ricorrere alla repressione e alla condanna di Tolstoj, per le sue tante prese di posizione. Era troppo popolare in Russia e troppo conosciuto e apprezzato all’estero. Ne avrebbero fatto una vittima illustre dell’autocrazia. Controproducente. Si ricorse allora alla sola scomunica da parte della Chiesa ufficiale ortodossa russa. Si era già nel 1901.
VI.
Il piglio profetico di Tolstoj aveva esercitato grande attrazione e grande influenza. Comprese che la rivoluzione era inevitabile, ma che la sua non-violenza, la sua utopia contadina, la necessità preliminare di un rivolgimento interiore, morale, antropologico, respingeva nei suoi esiti di lotta, inquadrata nei partiti e nel movimento rivoluzionario organizzato.
Alla sua morte milioni di persone confluirono a Jasnaja Poljana per rendere omaggio alla sua tomba. Il tolstojsmo sopravvisse e continua ancora oggi la sua influenza nei vari ambienti del pacifismo, dell’ambientalismo, del vegetarismo. La sua opera letteraria è eredità e nutrimento per la sensibilità e il pensiero di generazioni e generazioni di umanità in ogni angolo del mondo.
Lenin lo stimò molto per la sua implacabile critica delle istituzioni su cui si reggeva il potere nella Russia zarista e per aver reso in letteratura, per la prima volta in modo completo e vero, il contadino, il contadino russo. Anche se la sua utopia contadina e roussoviana, dice Lenin, gli impedì di considerare il proletariato, la classe operaia di fabbrica, come capace di costruire e dirigere il nuovo mondo che egli purtuttavia auspicava.
Con le parole di un altro grande russo, Viktor Škloskij, “Un dolore immenso, l’indignazione e la lucidità del profeta si manifestarono nella forza delle opere di Tolstoj. Gli insegnavano il buonsenso, ma fu tra coloro che distrussero il tempio del vecchio mondo”.
BIBLIOGRAFIA MINIMA – LEV N. TOLSTOJ – RESURREZIONE
Retroterra storico
Storia contemporanea della Russia in un buon manuale di storia per le scuole superiori. Si indica in primo luogo:
Bontempelli-Bruni, Storia e coscienza storica, Trevisini Editore, Milano (in tre volumi, quindi le parti contenute nel terzo, dalla rivoluzione decabrista al populismo russo e ai movimenti rivoluzionari di fine Ottocento e di inizio Novecento, socialdemocratici e poi menscevismo, bolscevismo ecc.
Una bella monografia sulla Russia è quella di Valentin Gitermann, Storia della Russia, La Nuova Italia.
Monografie e saggi su Tolstoj
Arnold Hauser, Storia sociale dell’arte, Einaudi (nel vol. IV, le parti dedicate ai russi e a Tolstoj in particolare). Opera classica e da tenersi in casa, ora ristampata.
György Lukács, Saggi sul realismo, Einaudi (le parti dedicate a Tolstoj), Viktor Šklovskij, Tolstoj, Il Saggiatore, Michail Bachtin, Tolstoj, Il Mulino.
Infine, due brevi saggi di Thomas Mann, Anna Karenina e Tolstoj nel centenario della nascita. Sono pubblicati nella raccolta di saggi di Thomas Mann, nei Meridiani Mondadori, dal titolo Nobiltà dello spirito (saggi, discorsi, interventi ecc., molto importanti).
Edizioni italiane di Resurrezione
Esistono molte edizioni economiche del romanzo. In primo luogo la classica, bella, traduzione di Clara Coïsson presso Einaudi (con prefazione di Natalia Ginsburg) ma per il momento non disponibile. Ottime comunque le edizioni e le traduzioni nella Bur Rizzoli (importanti introduzioni di Eridano Bazzarelli e di Maria Bianca Luporini), nei Grandi Libri Garzanti (con ottima introduzione di Serena Vitale) e nelle edizioni Newton Compton (bella introduzione di Eraldo Affinati) ma anche questa per il momento non è disponibile.
Nella foto – ripresa da Wikipedia – Lev Tolstoj nella sua tenuta di Jasnaja Poljana, in una foto di Sergej Michajlovič Prokudin-Gorskij (del maggio 1908). È l’unica foto a colori di Tolstoj.
(*) cfr «La letteratura come vita e riflessione»: gli incontri del 2021 si stanno svolgendo a Milano con ritmo mensile e andranno avanti fino al 24 giugno.