Transizione energetica: un appello ai movimenti europei

Vincenzo Miliucci sulla campagna «per il clima, fuori dal fossile»

La Campagna «per il clima, fuori dal fossile» propone la transizione energetica verso il  «100% rinnovabili + risparmio, al 2030», in cui sia subitanea la cessazione di tutte le fonti fossili (a partire dal carbone) insieme a una riconversione dell’energia elettrica «da un sistema centralizzato in regime di mercato, all’autoproduzione a KM zero-energia bene comune al servizio della collettività».

Nonostante l’Onu, attraverso l’IPCC, ribadisca la drastica urgenza di azzerare la CO2 pena il surriscaldamento irreversibile della Terra e le conseguenti catastrofi ecosistemiche, ancora in corso 2019 l’ex ministro MISE Di Maio regalava 20 miliardi/E alle fonti fossili.

Del resto sia il PNIEC che la Politica Energetica UE, pur dichiarando l’avvento del Green New Deal, mantengono intatti gli incentivi ai combustibili climalteranti e annunciano di fatto la chiusura delle Centrali a Carbone ben oltre il 2030 «solo se sostituite da altrettante Centrali a Gas» (in corso d’opera la proliferazione dei gasdotti TAP, EASTMED… e l’ultima trovata della «metanizzazione della Sardegna»): Assocarboni, la potente lobby del carbone, rivendica a partire dal 2038 l’eventuale chiusura delle centrali a carbone in Italia!

La Campagna «per il clima, contro il fossile» si pone l’obiettivo trascinante della chiusura immediata senza condizioni delle Centrali a Carbone e lo stop alle autorizzazioni di quelle a gas, biomasse, geotermia,inceneritori: ovvero ovunque vi siano processi di termocombustione e di distruzione di entalpia.

Coscienti che il raggiungimento di questo risultato va colto non solo in Italia bensì in tutta Europa (l’iperbole di CO2 e la crisi climatica come la pandemia non hanno confine) e che a tal fine  necessitano il concorso e l’impegno di una pluralità di soggetti virtuosi in Italia e in Europa (ancora 300 centrali a carbone in funzione: Germania ben 109 e poi Polonia, Romania, Bulgaria, Ungheria, Grecia, Olanda, Irlanda, GB, Belgio, Francia…) un appello va rivolto ai Movimenti

Europei teso a sviluppare relazioni e coordinamento delle iniziative, ivi compresa la sinergia di una ICE (raccolta di 1 milione di firme) per porre al voto del Parlamento Europeo una delibera in tal senso.

In ciò sta anche la volontà di eliminare l’uso del carbone da qualsiasi attività industriale, a partire da quella della produzione di ferro, ghisa acciaio e altri metalli.

Volontà espressa in particolare dalla comunità tarantina di chiudere subito l’Acciaieria ex ILVA, in quanto la produzione con altiforni continua a farsi con il mortale carbone (e anche eventuali immaginifici “nuovi” combustibili, vedi gas o “hidrogeno blu”, che essendo climalteranti e pericolosi, produrrebbero similare devastazione ambientale e morte). I Cobas, fin dalla gestione Riva, rivendicano: «l’Acciaieria va chiusa e smantellata,l’area bonificata e risanata, piantumata e socialmente riutilizzata; a tale opera vanno destinati gli attuali organici, accompagnati via via al pensionamento; se si intende mantenere una parziale produzione di acciaio (acciai speciali) questo lo si può fare con i “forni elettrici” (come si fa in tutta l’Europa del Nord) e con un migliaio di addetti».

Allo stesso tempo, la transizione “all’energia 100% rinnovabile + risparmio” va accelerata e consolidata attraverso “l’autoproduzione e le comunità energetiche territoriali”.

Passando così da un sistema centralizzato dove dominano le multinazionali dell’energia (Enel, Eni, Edison, E on, le multiutily A2A-Hera-Iren-Acea e altre) a un «sistema territoriale dal basso, a Km 0, dove l’energia diventa bene comune nella disponibilità della cittadinanza produttrice-consumatrice e custode dell’ecosistema».

Dove l’obiettivo strategico dell’abbattimento della CO2 e delle combustioni-emissioni nocive,d ella tutela della salute dei viventi e della natura, del clima e della Terra,è rispettato e conseguito.

In più, il che non guasta, c’è anche il risparmio del 25% sulla bolletta elettrica (e termica).

Altra battaglia da prendere in carico, alla luce dello sviluppo delle comunità energetiche, quella della revisione totale delle componenti che fanno diventare la bolletta italiana la più esosa in Europa.

Di seguito le voci e le % degli oneri che gravano in bolletta, aldilà dell’effettivo consumo:

  • Spesa per la materia energia (47,65%)
  • Spesa per il trasporto e la gestione del contatore (20,18%)
  • Spesa per oneri di sistema (18,96%)
  • Imposte (13,21)

Nello specifico, le spese per ” la gestione del contatore, il trasporto (le linee) e gli oneri di sistema gravano per tutta la vita dell’utente elettrico! In particolare, è illuminante leggere l’orpello degli “oneri di sistema”, ovvero la quantità di gabelle caricate impropriamente sulla bolletta elettrica:

  • A2 a copertura degli oneri per il decommissioning nucleare
  • A3 a copertura degli incentivi alle fonti rinnovabili e assimilate
  • A4 a copertura delle agevolazioni tariffarie riconosciute per il settore ferroviario
  • A5 a sostegno alla ricerca di sistema
  • As a copertura degli oneri per il bonus elettrico
  • Ae a copertura delle agevolazioni alle industrie manifatturiere ad alto consumo  
  • UC4 a copertura delle compensazioni per le imprese elettriche minori
  • UC7 per la promozione dell’efficienza energetica negli usi finali
  • UC3 a copertura degli squilibri dei sistemi di perequazione dei costi di trasporto dell’energia elettrica sulle reti di trasmissione e di distribuzione, nonché dei meccanismi di integrazione
  • UC6: a copertura dei costi riconosciuti derivanti da recuperi di qualità del servizio

a cui per ultimo si è anche aggiunta la voce «renumerazione attività centrali spente».

Con l’avvento delle «comunità energetiche» a maggior ragione va perseguita la battaglia per eliminare dalla bolletta gli «oneri di sistema» (pensate al paradosso rappresentato dagli incentivi alle «industrie grandi consumatori di energia»; alle FS; ai Comuni per il fu nucleare…) e quelli per il «trasporto + contatore» (sempre incentivi a Terna e grandi gestori). Anche sulla spesa per la «materia prima-produzione-distribuzione-vendita di elettricità» c’è di che argomentare, in quanto la legge è fatta apposta per garantire ai gestori, anche in caso di zero consumi, una lauta quota fissa.

Tagliando questi abusi con la comunità energetica è possibile risparmiare oltre il 50% dei costi della vecchia bolletta monopolizzata dal trust dei  gestori.

Dall’inizio del 2019 – con la Direttiva UE 2001/2018 – è diventato possibile in Europa il passaggio «all’autoproduzione-consumo e alle Comunità energetiche rinnovabili» (è fatto obbligo ai singoli Stati il recepimento entro il 30 giugno 2021).

L’Italia – con Decreto Legge 162 del 30/12/2019 (tramutato in Legge  n°8/2020) – l’ha intanto recepita parzialmente limitando la potenza di installazione d’impianto a 200KW (la maggioranza dei 30 milioni di utenti domestici ha un contratto per 3 o 4,5 KW). Inoltre il DL supporta l’energia rinnovabile autoprodotta con un incentivo pari a 100E/MWH (validità per 20 anni) garantendo il «superbonus 110%» fino alla potenza installata di 20 KW, ovvero tutti gli utenti domestici (3-4,5KW) vi rientrano abbondantemente.

La Regione Puglia, il 9 agosto 2019 ha promulgato la Legge Regionale 45 «promozione dell’istituzione delle comunità energetiche» dando per prima, stimolo e sostegni.

Alla scadenza di recepimento totale della Direttiva UE – 30 giugno 2021 – mancano meno di 8 mesi, in cui anche l’Italia dovrà aumentare la capacità di potenza autoprodotta-consumata.

Tempo che più o meno coincide con l’imposizione governativa (attraverso l’Autority per l’energia, ARERA) «all’utente domestico» del passaggio entro il 1 gennaio 2021 «dal sistema tutelato al mercato libero». Tempo che permetterà all’utente domestico di diventare autoproduttore e partecipe di una comunità energetica, piuttosto di vedersi costretto a restare/passare nelle mani delle multinazionali dell’energia (conoscete l’assillo telefonico di “offerte vantaggiose” per cambiare gestore: di recente, per concorrenza sleale alcuni di questi gestori sono stati sanzionati).

Al dunque, la nostra Campagna «per il clima, fuori dal fossile» ha tutti i requisiti per farsi promotrice della scelta contro i monopolisti del mercato elettrico.

Un’azione di cittadinanza attiva territoriale, di sportello capace di indirizzare l’utente verso l’autoproduzione da rinnovabili, facendolo partecipe di un percorso formidabile che lo vede contribuire alla salvezza del Pianeta e delle generazioni future.

Il progetto è alla portata di tutti. 

Dai milioni di famiglie che hanno un tetto (anche chi è in affitto o costretto per necessità ad occupare alloggi) agli enti-edifici pubblici: scuole, ospedali, sedi ministeri-Regioni-Province-Comuni, teatri, carceri, cimiteri, impianti sportivi, depuratori, portualità, aeroporti, stazioni FS, metrò, depositi bus/tram… alle aziende, agricole, trasformative, commerciali, PMI, supermarket,…..

Il tutto a 0 (zero) consumo di suolo: si è calcolato che con l’utilizzo della cubatura dei tetti già esistenti è possibile produrre il triplo dell’energia elettrica «occorrente alla punta»; in più aggiungiamoci i nuovi modelli di costruzione, con intere pareti fotovoltaiche, i sistemi di accumulo oltremodo progrediti, la mobilità elettrica, etc…..

Già sono decine di migliaia i cittadini che si autoproducono-consumano energia elettrica (e calore per acqua sanitaria + riscaldamento/rinfrescamento) con impianti di energia rinnovabile, per ultimo finanziati con il “superbonus 110%” (valido fin tutto il 2021).

Svariate decine le comunità energetiche costituite e funzionanti – tra cui i Comuni costituitisi in Cooperativa di Cittadinanza – che da tempo sono divenuti energeticamente autosufficienti: vedi tra gli altri le Cooperative energetiche del Comune di Benetutti (Sassari), Melpignano (Lecce), Valdarno-Valdisieve (Arezzo), Racconigi (Cuneo).

Esperienze tutte verificabili e nella disponibilità di quanti hanno interesse a praticare la strada di questo effettivo rinnovamento.

A questa mirabile trasformazione si accompagna un notevole contributo all’occupazione, sia in termini di studio, ricerca ed impiantistica – che permette ai nostri giovani di non emigrare – sia di utilizzare in permanenza risorse stanziali.

Nel settore energetico rinnovabile (fotovoltaico, eolico, minidroelettrico, nuove energie; NON geotermia, biomasse, inceneritori = energia superinquinante) attualmente la Germania impiega 300.000 addetti, l’Italia – il Paese ‘do sole – meno di 80.000: il passaggio spinto al «100% rinnovabili + risparmio entro il 2030» porterebbe a circa 800.000 gli addetti in Italia e a oltre 15milioni in Europa.

Tutto ciò sulla «transizione e comunità energetica». Insieme alla sensibilità verso la giornata lavorativa di 4-5 ore (lavorare meno e tutti / reddito garantito: la miglior difesa dalle pandemie, morti da lavoro, malattie professionali,…) e alla diffusione delle «città virtuose» (nella disponibilità di welfare-servizi-beni comuni a Km 0) costituiscono l’auspicato e autentico cambiamento di vita, relazioni, democrazia partecipata, per cui vale la pena impegnarsi, divenendo protagonisti dell’avvento della nuova società.

Vincenzo Miliucci, fine ottobre 2020

 

Redazione
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Un commento

  • Angelo Tartaglia

    Bene. C’è qualche inesattezza: la prima regione che ha legiferato sulle comunità energetiche non è la Puglia bensì il Piemonte (agosto 2018): la legge pugliese in pratica riproduce quella piemontese. Le comunità energetiche in Italia sono più di 140 e hanno in genere la qualifica di “storiche”: in pratica non sono replicabili tal quali. Quelle citate di solito non sono comunità in senso stretto in quanto al centro c’è un comune, che per motivi storici è proprietario della rete di distribuzione sul suo territorio; oppure c’è un operatore che aggrega un gruppo di utenti. Caratteristica fondamentale di una comunità (direttiva REDII) è quella di essere autogovernata dai soci, non guidata da altri.

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