Triennale: Tristan and Isolde
di Susanna Sinigaglia
Triennale Teatro dell’Arte
stagione 2019-2020
Tristan and Isolde
Saburo Teshigawara
Rihoko Sato
Karas
Nel buio, sulle note struggenti del Preludio del Tristano e Isotta di Richard Wagner, un fascio di luce fioca e intermittente illumina una figura di cui a malapena s’intravedono i contorni e si distinguono i lineamenti. Poco a poco la scena si schiarisce e appare un frammento di quello che si dispiegherà come un antro con le pareti ricurve, simile a un gorgo; un mostro che apre le sue fauci in un colpo d’occhio formidabile.
Anche la figura al centro della scena si definisce, e si scorge Rihoko Sato nelle vesti scure di un’Isotta tormentata che continua a girare su se stessa come trascinata dall’antro-gorgo che l’avvolge, la risucchia e la ricaccia.
Compare Tristano, Saburo Teshigawara, una presenza magnetica e conturbante, che si muove anche lui con gesti circolari ma ampi percorrendo lo spazio in lungo e in largo, svanendo nel buio ed emergendone.
I due sembrano cercarsi senza vedersi
e quando s’imbattono l’una nell’altro, si sfiorano solo per pochi momenti;
poi ritornano a vagare in un vortice buio di solitudine senza fine.
Non esiste infelicità più grande della ricerca disperata e vana dell’altro e solo nel corpo può trovare espressione questo dolore indicibile.
La coppia offre un’interpretazione superba, elegante e appassionata, del mito dell’amore impossibile dalle radici antiche. Malgrado le tante versioni che ne sono state create nei secoli, il coreografo giapponese ha scelto d’ispirarsi direttamente all’opera di Wagner, che colloca la ricerca reciproca dei due amanti sempre di notte, come se il desiderio d’amore sconfinasse in quello di morte; una scelta che si addice perfettamente ai chiaroscuri barocchi tipici delle coreografie di Teshigawara, ai suoi paesaggi caravaggeschi, che qui però assumono quasi il carattere di una minaccia incombente ineludibile, accentuata dalle sonorità travolgenti della musica wagneriana.