Turbobanche, illusioni, millefoglie, i …

sottomarini greci, allevare api, i beni comuni. E come vi suona il nome Clinton?

recensione di Alberto Melandri a «Transizione ecologica» di Gael Giraud

AlbMelandri-GIRAUD

   Economista, matematico, esperto di finanza, gesuita, Gael Giraud dall’estate 2015 è anche il presidente dell’Agenzia Francese per lo Sviluppo, un organismo statale nato con la finalità di promuovere la lotta contro la povertà in Africa, Medio Oriente, America Latina, Caraibi nonché territori e dipartimenti d’Oltremare francesi. Giraud ha scritto nel 2012 questo saggio, in traduzione italiana l’anno scorso da Emi. Si propone innanzitutto di smascherare, rendendoli comprensibili ai non specialisti, i meccanismi attraverso cui la banche e, più in generale, il mondo finanziario, esercitano un dominio sulla Terra e sui suoi abitanti, condannandoli a un destino di progressiva rovina, se non sarà cambiato rapidamente il paradigma che regola l’economia e l’ecologia del pianeta.

    Giraud propone quella che lui definisce una «Transizione ecologica»; essa deve prevedere una riconversione energetica, di cui l’Europa dovrebbe farsi promotrice: «Le forze politiche democratiche (dovranno osare di) prendere l’iniziativa di fare dell’Europa la pioniera di una società decarbonizzata e attenta ai più poveri»; e ancora: «A cominciare dal rinnovamento degli edifici dal punto di vista termico e dalla mobilità. Un programma di questo tipo creerebbe molti milioni di posti di lavoro, (e) diminuirebbe la nostra dipendenza energetica».

    Il settore finanziario, che Giraud conosce molto bene, deve essere investito da una serie profonda di cambiamenti: la separazione fra banche commerciali (che finanziano cittadini e imprese) e banche di investimento (quelle in cui i depositi sono utilizzati per operazioni ad alto rischio, come i famigerati derivati, il cui valore è 10 volte quello dell’intero PIL mondiale, e che hanno contribuito in maniera decisiva allo scoppio della crisi del 2008): una separazione che era già stata attuata con la legge Glass-Steagall nel 1933, negli Usa dopo la depressione del 1929 ma era stata abolita nel 1999 dal presidente Clinton (cosa vi ricorda OGGI questo nome?); la negoziazione attraverso una discussione democratica dei tassi di cambio, perché i governi democraticamente eletti si riapproprino del controllo delle monete sottraendoli ai rapporti mercantili prevalenti nei mercati, evitando così la privatizzazione delle monete; partendo dal presupposto che devono diventare “beni comuni” anche il credito e la liquidità monetaria, oltre all’acqua, la terra, l’aria anche l’Euro può essere riformato, creando un euro-nord e un euro-sud con diversi tassi d’interesse, oppure si possono predisporre per i Paesi in crisi nell’eurozona, come la Grecia, denominazioni monetarie che permettano di svalutare senza lasciare l’eurozona.

   Giraud si fa apprezzare anche per la chiarezza con cui spiega fenomeni come le cartolarizzazioni («La cartolarizzazione è un’operazione che vi trasformare un credito di cui siete titolari in uno strumento finanziario che potete scambiare su un mercato») o la cosiddetta «ricetta del millefoglie» in base alla quale vengono confezionati prodotti finanziari come i derivati per gli ignari investitori che rischiano di mandare in fumo i loro risparmi; i meccanismi con cui le banche nordeuropee accompagnate dalle multinazionali tedesche e francesi, come la Thyssen Krupp che ha venduto prima della crisi ad Atene 5 miliardi di sottomarini, o come i produttori di caccia Mirage francesi, hanno fatto spendere alla Grecia nel 2009 il 4% del suo PIL, ponendola al secondo posto nella Nato per spese militari, superata solo dal 4,7% degli Usa.

    Fra tanti meriti, un appunto all’autore. Parlando di una «conversione ad uno stile di vita sobrio nell’ambito di un’economia non carbonica e di istituzioni giuste, attente ai più poveri», Giraud elenca misure come «consumare molto meno carne (rossa), non bere acqua imbottigliata, allevare api in giardino, non viaggiare più in aereo ecc» oltre a quelle citate in precedenza e allora perché continua a parlare di promuovere la crescita, senza accennare né a Serge Latouche e agli orizzonti di senso della “Decrescita” né a Rob Hopkins e alle pratiche della Transizione?

 

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