Turchia: tra fasciomilitarismo e resistenza
Appello di Uiki, lettera a Draghi di Murat Cinar, una proposta di Gariwo, la nuova targa per Lorenzo Orsetti e alcuni link
Fermare l’invasione turca nel Kurdistan meridionale
Fermare la collaborazione con il regime turco!
Un giorno dopo la prima conversazione telefonica ufficiale tra il nuovo presidente degli Stati Uniti Joe Biden e il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, l’esercito turco ha lanciato un’invasione su vasta scala nel Kurdistan meridionale / Iraq settentrionale. Dopo aver lanciato nella notte del 24 aprile un’operazione aerea e di terra nelle aree di Metîna e Avaşîn, in mano alle forze di guerriglia, l’esercito turco ha ampliato l’area delle operazioni alla regione di Zap.
Sono stati segnalati pesanti attacchi aerei e scontri militari tra l’esercito turco e le forze di guerriglia del “Partito dei lavoratori del Kurdistan” (PKK) di stanza nella zona. L’ultima offensiva militare turca nel Kurdistan meridionale si è svolta nel febbraio di quest’anno nell’area di Garê ed è stata interrotta dopo quattro giorni. I giornalisti della regione hanno interpretato l’improvvisa fine dell’operazione come una sconfitta militare dell’esercito turco contro il PKK. L’attuale invasione turca del Kurdistan meridionale è stata lanciata nella giornata mondiale della commemorazione delle vittime del genocidio di armeni, assiri, greci, aramei, yezidi e di altri popoli dell’Asia Minore. È significativo che proprio nel 106 ° anniversario del genocidio, i curdi debbano lottare contro il panturchismo e per la loro esistenza. Il regime turco intende chiaramente espandere l’occupazione militare del Kurdistan meridionale, nonostante l’aperta violazione del diritto internazionale.
Questo perché la crescente resistenza curda rimane il più grande ostacolo per l’espansionismo neo-ottomano della Turchia nel Kurdistan meridionale e nella Siria settentrionale e orientale. Il governo turco sta cercando di risolvere la sua crisi interna con le proprie politiche espansionistiche come possiamo vedere in Libia, Siria, Nagorno-Karabakh e ora la recente invasione del Kurdistan meridionale. L’economia turca è in una profonda recessione e, secondo i sondaggi di opinione, il partito al governo AKP sta perdendo consensi. Con il ritiro dalla Convenzione di Istanbul e la procedura di chiusura contro il “Partito democratico dei Popoli” (HDP), gli ultimi pezzi di democrazia e diritti umani rimasti in Turchia verranno distrutti.
L’ultima visita in Turchia del presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, e del presidente del Consiglio europeo, Charles Michel all’inizio di aprile, avrebbe potuto offerire l’opportunità di sollevare la questione dei diritti umani e del diritto internazionale in Turchia. Ma i diritti umani, la democrazia, l’amministrazione forzata, la questione curda in Turchia, la messa al bando di HDP, il tentativo di mettere a tacere l’intera opposizione, il ritiro della Convenzione di Istanbul, i femminicidi, la povertà crescente, le decine di migliaia di prigionieri politici non sono state viste come priorità dell’UE e del Consiglio d’Europa. Il fatto che gli interessi economici reciproci siano posti al di sopra di tutti i problemi fondamentali, ha mostrato ancora una volta il vero volto delle istituzioni europee. Il governo di Erdogan attualmente può rimanere solo al potere e continuare le sue politiche antidemocratiche e repressive, così come la guerra in Kurdistan, con il sostegno dell’UE.
La tolleranza che l’UE, il Consiglio d’Europa e il governo europei stanno dimostrando nei confronti del governo AKP-MHP, mentre ignora i principi universali dei diritti umani e della democrazia, è la ragione principale per la continuazione della guerra contro la società curda e la mancanza di soluzione della questione curda. L’attuale invasione militare non può essere condotta da solo dallo Stato turco e dipende dall’assistenza internazionale soprattutto da parte dell’UE, degli Stati Uniti e della NATO. Il servizio formale e l’assenza di reali sanzioni contro la Turchia sono come una licenza allo stato turco per continuare la sua aggressione militare, la politica di occupazione e la pulizia etnica e di continuare a violare le convenzioni sui diritti umani e il diritto internazionale.
L’UE, il Consiglio d’Europa e i governi europei continuano a svolgere un ruolo importante nella risoluzione della questione curda e nell’istituzione di una vera democrazia in Turchia.
Chiediamo quindi alle istituzioni internazionali e alla comunità internazionale di costringere lo Stato turco ad attenersi al diritto internazionale. Chiediamo alla comunità internazionale e alla società civile di unirsi alla nostra protesta e chiedere il ritiro incondizionato e immediato di tutte le forze turche dal Kurdistan meridionale e dalla Siria settentrionale e orientale!
UIKI Onlus
Ufficio d’Informazione del Kurdistan in Italia
Lettera aperta al presidente del Consiglio Draghi sul “dittatore Erdogan”
Turchia. Il primo ministro italiano ha fatto un passo importante, ora è il momento di passare ai fatti
di Murat Cinar (*)
Gentile presidente del Consiglio Mario Draghi,
qualche giorno fa lei ha definito «dittatore» il presidente della Repubblica di Turchia. È stato un momento storico: il primo leader europeo importante a usare questa parola, pubblicamente. Lo dicevano un po’ dappertutto da tempo. Nei corridoi e le aule dei parlamenti europei, nelle manifestazioni e sui muri della città in cui vivo, Torino. Lo dicono anche milioni di persone in Turchia. Solo che loro finiscono in carcere, nella meno peggio delle ipotesi.
Ora ci faccia vedere come ci si deve comportare nei confronti di un «dittatore». Quando la prossima volta andrà a incontrare i suoi colleghi in Turchia, o in vacanza, Le suggerisco di fare visita ad alcune persone. Nedim Turfent, giornalista curdo di cittadinanza turca, è in carcere da circa 1800 giorni, accusato di «appartenere a un’organizzazione terroristica». Le prove? Le dichiarazioni di 20 testimoni anonimi. Tuttavia durante il processo 19 di questi hanno ritirato le loro dichiarazioni specificando che le avrebbero rilasciate sotto tortura. Il giudice le ha usate per condannare Nedim a 8 anni e 9 mesi di carcere. Il 12 maggio 2016, Nedim Turfent è stato preso in detenzione provvisoria e il giorno dopo è stato confermato il suo arresto. Il 14 maggio 2017, giorno della sua prima udienza, si trovava in carcere da 399 giorni. Gli è stato negato il diritto di partecipare personalmente alle udienze. Nedim aspetta ancora la pronuncia della Cedu.
Una piccola nota: i suoi colleghi e avvocati sostengono che Nedim sia in carcere perché ha diffuso un breve video ripreso in un cantiere edile, ad Hakkari nel 2016. Le Squadre delle Operazioni Speciali avevano fatto sdraiare per terra proni diversi operai e li insultavano e minacciavano con parole razziste. Nedim Turfent si trova nel Carcere di Alta Sicurezza di Van. L’indirizzo: Ercis Yolu Üzeri 25. KM Yüksek Güvenlikli Kapalı Ceza Infaz Kurumu Tusba / Van. Sul sito del ministero della Giustizia dice che è aperto h24.
Potrebbe andare a trovare anche Selahattin Demirtas, l’ex co-presidente del Partito Democratico dei Popoli (Hdp), in carcere da circa 5 anni. Tra le accuse c’è quella di «agire per conto di organizzazioni terroristiche». In Turchia il concetto di «terrorismo» è un po’ scivoloso ed è usato parecchio. Mi scriva, ho un bel po’ da raccontare. Le prove per «incastrare» Demirtas sono molto interessanti: un testimone anonimo di soprannome “Mercek” le cui dichiarazioni hanno trovato spazio nelle carte del procuratore, nonostante secondo il tribunale penale di Ankara questo testimone non sia mai esistito. Demirtas è accusato di aver avuto conversazioni telefoniche con alcuni «terroristi», tuttavia i tabulati dimostrano che si tratta di parlamentari del suo partito. Per condannarlo sono stati usati anche i suoi discorsi pubblici e registrati in Parlamento. Infine Demirtas è accusato di «incitare all’odio» per alcuni tweet. Ma quell’account Twitter non gli apparteneva.
Nonostante la Corte Costituzionale di Turchia, la Corte europea dei diritti dell’uomo e la sua Grande Camera, in tre tempi diversi, abbiano ritenuto «politica» la sua detenzione, Selahattin Demirtas, l’ex co-presidente del secondo partito di opposizione che nell’ultima tornata elettorale ha incassato 6 milioni di voti, si trova nel carcere Tipo F di Edirne. L’indirizzo: Umurbey Mah. Büyükdöllük yolu üzeri Ticaret Borsası yanı Merkez/EDIRNE. Le proporrei di fare una visita a quei centinaia di professori che protestano da 100 giorni nel campus dell’università di Bogaziçi. Il presidente della Repubblica, il primo gennaio di quest’anno, ha deciso di nominare, ignorando le elezioni interne, un nuovo rettore. Un outsider, iscritto al suo partito, pure candidato a parlamentare.
Accademici e studenti da mesi protestano e vengono bastonati, minacciati, insultati, arrestati, denunciati e maltrattati durante la detenzione. Contro di loro è in atto un linciaggio mediatico e politico. Sono accusati di avere dei «legami con organizzazioni terroristiche», stavolta direttamente dal presidente. Il campus si trova nel quartiere di Bebek. Se chiede a qualche passante Le saprà indicare l’indirizzo esatto.
Infine, le consiglierei di andare a trovare Berkin Elvan. Durante la rivolta del Parco Gezi, nel 2013, in località Okmeydani a Istanbul, è stato colpito alla testa da un candelotto della polizia. Dopo 269 giorni di coma, ha perso la vita, aveva 15 anni.
In un comizio elettorale, in quel periodo, il presidente era ancora primo ministro e disse: «Si tratta di un ragazzo che faceva parte delle organizzazioni terroristiche. Tutti si chiedono chi fosse a dare l’ordine alla polizia di sparare, sono stato io. La nostra polizia è stata leggendaria». Berkin Elvan dorme nel Cimitero di Ferikoy, nel vecchio quartiere armeno in cui sono nato e cresciuto.
Lei ha fatto un passo importante, ora è il momento di passare ai fatti. Con queste visite potrebbe dimostrare che in Europa ci sono leader che non sono solo «preoccupati» per la situazione in Turchia, occasionalmente bastonano il regime a distanza, ma quando incontrano «il dittatore» si allacciano i bottoni delle giacche, firmano ogni accordo possibile e si fanno ricattare e umiliare. Vorrei contare sulla Sua sincerità. Grazie
Per qualsiasi cosa non esiti a contattarmi. Distinti saluti
L’autore è un giornalista turco
(*) ripreso da ilmanifesto.it del 23 aprile; finora Draghi non ha risposto
Il calcio e i diritti umani in Turchia. Cosa si può fare per alzare la voce contro i diritti violati delle donne turche? Gariwo (**) ha lanciato un’idea decisamente originale: un appello affinché l’Uefa faccia arbitrare a un team di donne la partita inaugurale degli Europei di calcio, Italia-Turchia (Stadio Olimpico di Roma, 11 giugno). La partita, di fatti, si svolgerà solo poche settimane dopo il decreto governativo del 20 marzo che ha sancito il ritiro della Turchia dalla Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica nota anche come Convenzione di Istanbul. Il 12 marzo 2012 la Turchia era stata il primo Paese a ratificare la Convenzione.
(**) Gariwo è l’acronimo di Gardens of the Righteous Worldwide (significa “La foresta dei giusti”). Notizia ripresa da «Anbamed, notizie dal Sud Est del Mediterraneo» del 24 aprile 2021
Soldati Iracheni e Turchi a Shengal? A fare che?
Tra i soldati iracheni appena arrivati – non richiesti – nella regione yezida di Sinjar (Shengal in curdo) ci sarebbero – rimanendo in attesa di ulteriori conferme – anche militari turchi. L’inquietante questione è stata sollevata da Felknas Uca, deputata curdo-yezida e co-presidente della commissione di politica estera di HDP.
Truppe turche e siriane contro i curdi
La sostanziale sincronicità tra l’invasione turca nella regione di Avashin (Bashur, Kurdistan iracheno) del 24 aprile con le azioni militari siriane contro i quartieri curdi di Aleppo potrebbe far pensare a un accordo tra i due regimi
EUROPA, ITALIA E TURCHIA
Nella Commissione esteri del Parlamento Europeo è stata votata una risoluzione che chiede la sospensione ufficiale delle trattative tra Ankara e Bruxelles per l’adesione della Turchia. La “via tirannica” non coincide con i principi dell’Unione. Ci sono stati 49 voti, a favore, 4 contrari e 14 astenuti. Il prossimo mese la risoluzione sarà sottoposta all’assemblea plenaria.
Nella Commissione esteri della Camera del Parlamento italiano è stata votata una risoluzione “a sostegno di avvocati, intellettuali, politici e musicisti detenuti illegalmente dalle autorità turche”.
La strada è ancora lunga, affinché il regime di Erdogan capisca che i Diritti fondamentali di tutti debbano essere rispettati.
TURCHIA. PERANTONI: OK A RISOLUZIONE PARLAMENTARE, BASTA PERSECUZIONE AVVOCATI
DIR1837 3 POL 0 RR1 N/POL / DIR /TXT TURCHIA. PERANTONI: OK A RISOLUZIONE PARLAMENTARE, BASTA PERSECUZIONE AVVOCATI (DIRE) Roma, 21 apr. – È stata votata oggi in commissione Esteri della Camera una risoluzione a sostegno di avvocati, intellettuali, politici, musicisti detenuti illegalmente dalle autorita’ turche. “L’iniziativa”, spiega Mario PERANTONI, presidente della commissione Giustizia e deputato M5S, che aveva gia’ illustrato il provvedimento in commissione, “ha preso le mosse dalla morte, dopo 238 giorni di sciopero della fame, dell’avvocata Ebru Timtik, attivista per i diritti umani e nota per le sue battaglie in difesa delle donne vittime di violenza e della minoranza curda. Le autorita’ turche, dopo il fallito golpe del 2016, hanno avviato una repressione violenta e incessante che noi abbiamo il dovere di denunciare e di contrastare: le notizie sugli arresti del resto non si fermano e questo ci inquieta e ci angoscia. La risoluzione approvata oggi impegna il governo ad attivarsi per monitorare la situazione e assicurarsi sulle condizioni di salute dei detenuti e delle detenute e affinche’ Unione europea e Consiglio d’Europa intervenga presso le autorita’ turche. Siamo certi che il presidente del Consiglio Draghi sara’ sensibile a questa iniziativa parlamentare, come ha gia’ dimostrato prima telefonando al leader turco Erdogan per esprimere preoccupazione dopo l’uscita dalla convenzione di Istanbul e poi riferendosi esplicitamente ai disvalori coltivati da Erdogan in tema di diritti umani”, conclude PERANTONI. (Com7Rai/ Dire) 14:34 21-04-21 NNNN
UNA TARGA PER «ORSO»
E’ stata rinnovata a Roma – in piazza delle Camelie – la targa per Lorenzo Orsetti nel giardino dei partigiani con un’affollata assemblea a cui hanno preso parte il babbo di «Orso» e la sorella Chiara. Alessandro Orsetti ha ribadito con orgoglio il lascito di suo figlio invitando a non darsi per vinti e a sostenere la causa degli oppressi in ogni parte del mondo. Era presente una folta delegazione della comunità kurda. Il rappresentante dell’ufficio politico curdo Yilmaz ha sottolineato il valore universale del contributo di Orso e la particolarità della causa curda intesa a liberare il medioriente dalla guerra, dalle dittature, dal patriarcato, dallo struttamento dell’umanità e della natura, ricordando l’urgenza della liberazione di Ocalan e dei prigionieri politici.
Un aggiornamento
Esponenti politici curdi sono apparsi ieri in tribunale ad Ankara per rispondere all’accusa di “appoggio a proteste”. Le manifestazioni si erano svolte all’epoca dell’attacco dell’Isis contro Kobane in Siria, azione che l’esercito turco aveva lasciato fare rendendosi di fatto complice dell’assedio. Il procedimento è a carico di 108 donne e uomini attivisti, dirigenti e parlamentari del partito HDP, compreso il co-leader storico Demirtas, in video-collegamento dalla prigione di Edirne.
Alla seduta nel carcere bunker di Sincan ha partecipato come osservatore internazionale il deputato europeo Bramdo Benefei, il quale ha scritto sui social: “Siamo fuori dall’aula bunker, gli avvocati sono usciti per protesta contro i giudici che non volevano ammetterli tutti col pretesto del Covid, ma l’aula era piena di soldati e poliziotti. È stata una discussione molto accesa fra gli avvocati e i giudici. Devo dire che mi ha colpito molto anche il calore con cui i parlamentari del Partito Democratico dei Popoli (HDP), non ancora incarcerati, sono qui presenti, hanno applaudito coloro che sono entrati, gli imputati, anche quelli collegati in video”.
Della delegazione facevano parte anche l’eurodeputata Evin Incir e la deputata curda-yazida dell’ HDP Feleknas Uca, ammessi a partecipare come osservatori internazionali del “Processo Kobane”.
Una presenza quella degli osservatori internazionali importantissima, ma l’Unione Europea deve farsi sentire sul rispetto dei diritti umani in Turchia, altrimenti la mano pesante del neo-sultano schiaccerà ogni dissenso democratico.
Notizia ripresa dall’agenzia «Anbamed, notizie dal Sud Est del Mediterraneo» del 27 aprile.
«Italia-Turchia ai prossimi europei di calcio sia arbitrata da una donna»
della Redazione di riforma.it (27 aprile)
Raccoglie consensi la proposta dell’associazione GARIWO come risposta al ritiro del governo di Erdogan dalla Convenzione di Istanbul contro la violenza di genere
474. È il numero dei femminicidi accertati in Turchia nel 2019. E, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, il 38% delle donne turche subisce violenze dentro le mura domestiche. In questo contesto, un decreto presidenziale del 20 marzo ha annunciato il ritiro del Paese dalla Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica, la cosiddetta Convenzione di Istanbul.
Una «decisione sconsiderata», come l’ha definita il Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa Dunja Mijatović, che si inserisce in un momento delicatissimo per i diritti umani e le libertà civili in Turchia. In una recente nota, Human Rights Watch ha affermato che il governo del presidente Recep Tayyip Erdoğan sta smantellando la tutela dei diritti umani e le norme democratiche a livelli che non hanno precedenti nei 18 anni in cui è stato in carica.
In quest’ottica, è emblematico il sostegno ricevuto dal governo turco negli ultimi tempi da parte degli atleti più rappresentativi della nazionale di calcio. Si pensi al saluto militare collettivo perpetuato dai calciatori della nazionale nella sfida del 2019 contro l’Albania o ad altre occasioni in cui gli atleti si sono schierati apertamente in sostegno delle politiche militari di Erdoğan.
Ma lo sport può essere al centro del dibattito politico anche come dissenso e denuncia. Si pensi, per rimanere nell’ambito turco, alla stella dell’NBA Enes Kanter, che per le sue attività di dissenso rischia quattro anni di carcere.
Proprio Enes Kanter è uno dei protagonisti de “I Giusti dello sport”, un ebook edito dalla Fondazione Gariwo nel 2020 per le scuole e già consultato da migliaia di studenti. Nell’ebook sono racchiuse storie di ieri e di oggi che insegnano come qualche volta lo sport può “salvare il mondo”, perché i comportamenti degli atleti possono influenzare positivamente la vita democratica nelle nostre società.
Sulle responsabilità sociali degli sportivi Gariwo ha inoltre pubblicato “La Carta dello sport”, un documento sottoscritto da centinaia di atleti, giornalisti sportivi e gruppi di tifosi, frutto di un lavoro pluridecennale di studio della Fondazione su come i comportamenti e le scelte individuali possano cambiare la storia e salvare vite umane, soprattutto davanti a dittature e crimini contro l’umanità.
Per questo, ispirata dalle storie dei Giusti dello sport, la Fondazione Gariwo ha accolto l’idea della professoressa Giovanna Grenga di lanciare un appello all’Uefa affinché la partita inaugurale degli Europei (Italia-Turchia, venerdì 11 giugno all’Olimpico di Roma) venga arbitrata da una donna, possibilmente assistita da una terna tutta femminile. Sarebbe un gesto simbolico, trasmesso in diretta in tutto il mondo (e soprattutto in Turchia), dall’impatto molto forte. Del resto tra gli arbitri selezionati per gli Europei dalla Commissione dell’Uefa – come arbitro di supporto – c’è Stephanie Frappart, già nominata miglior arbitro del 2019 dal Globe Soccer Awards. Quale migliore occasione per vederla all’opera?
Tra coloro che hanno aderito e rilanciato la proposta segnaliamo senatrice Valeria Fedeli; la parlamentare Lia Quartapelle; l’europarlamentare Patrizia Toia; le giornaliste Silvia Costa, Emanuela Audisio, Fiamma Tinelli e Caterina Soffici; Gloria Corgiolu, project manager Fondazione Giulini, e le consigliere comunali a Milano Marzia Pontone e Silvia De Marchi. L’idea è stata inoltre accolta, tra gli altri, da: Gabriele Albertini (già sindaco di Milano), Cesare Paroli (giornalista), Antonio Ferrari (giornalista), Bruna Osimo (consulente per le risorse umane), Rita Pavan (sindacalista), Alba Osimo (docente e archivista), Flavia Massarini Ghislieri (capitano riservista dell’Esercito), Bertilla Arosio (impiegata), Saveria Spezzano (manager nella cooperazione internazionale), Gilda Romano (fondatrice di Renaissance Consulting), Simone Mornati (dirigente commerciale), Luca Zevi (architetto).
Per sostenere l’appello di Gariwo, si può condividerlo sui social taggando @uefa o scrivendo a: media@uefa.ch e, per conoscenza, comunicazione@gariwo.net.
— COMUNICATO di UIKI —
VIVA IL 1 ° MAGGIO! BIJI 1 GULAN!
Anche quest’anno, all’ombra della pandemia, diamo il benvenuto al primo maggio. Mentre la pandemia ha rivelato molto chiaramente il valore che il capitalismo assegna al sistema sanitario e alla vita umana, ha reso visibili i suoi limiti, carenze e contraddizioni in molti luoghi, specialmente nei paesi europei. Si è visto ancora una volta chiaramente che il capitalismo non è la soluzione a nessuno dei problemi dell’umanità, al contrario, uccide producendo costantemente problemi. Tuttavia, gli imperialisti stanno cercando di coprire questa realtà con una serie di metodi “nuovi”, riguadagnare forza e mantenere il loro ordine di sfruttamento.
Da un lato stanno forzando le condizioni di transizione verso un nuovo processo produttivo sempre più robotizzato, dall’altro stanno creando amministrazioni oppressive, autoritarie e persino fasciste per sopprimere le ondate provenienti dal basso e per mantenere il controllo in tutto il mondo.
La classe operaia e gli operai non dovrebbero pagare per la crisi del capitalismo; i datori di lavoro stanno cercando privare operai e lavoratori dei loro diritti, conquistati a caro prezzo, con il pretesto di una pandemia. Le condizioni di lavoro stanno peggiorando a vantaggio dei profitti dei capitalisti piuttosto che della vita umana. L’orario di lavoro è aumentato, i salari vengono abbassati, il lavoro flessibile è reso popolare. La sindacalizzazione e il diritto di sciopero vengono usurpati, i pensionati sono condannati alla povertà mentre l’età pensionabile aumenta. Mentre la disoccupazione, la povertà e il costo della vita sono in aumento, non ci sono aumenti salariali nei contratti collettivi.
La discriminazione di genere creata dal patriarcato in tutti i settori della vita ha colpito le donne e la comunità LGBTI + durante la pandemia a causa dell’invisibilità del lavoro femminile. La violenza domestica e l’uccisione di donne sono aumentate, la Turchia con un decreto presidenziale è uscita dalla Convenzione di Istanbul. Durante la pandemia, mentre le limitate possibilità di lavoro degli studenti universitari sono del tutto scomparse, l’obbligo di pagare le tasse universitarie ha messo in pericolo il diritto allo studio e il futuro dei giovani. Con l’ingresso del mondo digitale in tutti gli ambiti della vita, i suicidi dei bambini sono aumentati e la vita sociale dei bambini è stata limitata.
I rifugiati vengono tenuti in ambienti antigienici in condizioni di pandemia, sottoposti a trattamento disumano, ricevono per lo più respingimenti delle richieste di asilo e vengono rimpatriati con la forza nei loro paesi di origine. Come in tutti i periodi di crisi del capitalismo, il costo di questa crisi è pagato dalla classe operaia, dai lavoratori, dalle donne, dai giovani, dagli immigrati, dai rifugiati, in breve, dalle persone oppresse. Di fronte a questi impatti, l’onda dal basso sta lentamente salendo in superficie. Nonostante tutta la repressione e le restrizioni pandemiche, le masse gridano che non pagheranno il conto di questa crisi. Gli imperialisti stanno cercando di tenere sotto controllo la rabbia delle masse attuando le loro politiche razziste, patriarcali, antisociali, repressive e militariste.
Indubbiamente non è un caso che negli ultimi anni i governi che sono andati al potere nella maggior parte degli stati europei siano governi di destra, razzisti, e che lasciano spazio al ritorno del fascismo. Con le “leggi sulla sicurezza”, anche gli atti democratici per rivendicazioni legittime vengono attaccati dalla polizia usando una forza eccessiva; le persone vengono arrestate, le associazioni, le case, i luoghi di lavoro vengono perquisiti con discutibili pretesti. Non è un segreto che questi atti siano stati organizzati. In una società che è messa a tacere, repressa, militarizzata, obbediente, sottomessa è più facile attuare politiche oppressive e creare un’atmosfera di paura.
D’altra parte, sebbene le contraddizioni tra gli imperialisti emergano di tanto in tanto, possono agire insieme negli attacchi contro la classe operaia e gli operai. Ad esempio, la politica di sterminio dei curdi di Erdoğan e della coalizione AKP + MHP, indipendentemente dal loro status o dal fatto che vivano all’interno o all’esterno dei confini della Turchia, influenza tutti gli aspetti della loro vita, inclusi quelli economici e culturali. Queste politiche e metodi utilizzati per attuarli sono stati sviluppati con l’assistenza delle potenze imperialiste. La maggior parte delle armi che ha utilizzate dalla Turchia nei suoi massacri provengono dall’Europa. Pertanto con le guerre in alcuni luoghi e le politiche razziste di destra costruite sulla paura in alcune regioni, la società viene divisa.
In strada il 1 ° maggio! Di fronte agli attacchi degli imperialisti in tutti i luoghi oggi, è imperativo che i rivoluzionari progressisti si uniscono nella lotta.
In questo Primo Maggio, chiamiamo la classe operaia, i lavoratori, gli antifascisti e gli anticapitalisti ad unirsi alla lotta contro gli attacchi imperialisti per gridare ancora una volta che non pagheremo il conto della crisi.
UIKI Onlus
Ufficio d’Informazione del Kurdistan in Italia