«Un altro mondo non è una tigre di carta»
versi per PAOLA CLEMENTE di Sandro Sardella
Un altro mondo non è una tigre di carta
(a Paola Clemente)
Nel paese delle allegre riforme liberali
nel paese dell’evasione costante delle
pensioni & dei salari variabili
il cuore del lavoro è spaccato.
Sotto un sole asfissiante
corpi braccia agiti da
disperazione & rabbia
fermentano sotto i tendoni
dell’uva tra Andria e Taranto
a poco meno di tre euri all’ora.
Dopo paura & umiliazioni
dopo la morte per fatica di
Paola Clemente
coraggio & dignità sono
riapparsi fragili certezze per
denunciare
caporali in giacca & cravatta.
“Paola si addormentava mentre le parlavi
perché lavorava tanto .. “ (ricorda il marito)
Il suo corpo le sue braccia hanno creato
una crepa nell’omertoso mercato della
schiavitù legalizzata.
Le donne braccianti di Puglia hanno parlato.
La loro testimonianza corrode lo “State attente a cosa dite!”
La loro parole sono un grido nella fatica del cuore di
“lavoratrici offresi” in
un tutto “in ordine & profumato” dentro patinate
occasioni legalizzate da firme & controfirme
da carte sempre a posto
da agenzie del grande Nord che piovre dilagano
con sedi & referenti in ogni piccola & grande città del Sud.
Basta gingillarsi di date & dati elettorali.
Fuori dai salotti della finanza.
Fuori dalle retoriche balle delle accademie.
Gli infallibili sondaggi
alimentano la perversità della borsa & la stupidità.
La presenza dei sorci nei palazzi del Governo
lo scoppio delle fognature & il crollo degli affreschi
alla Camera & al Senato
la dicono lunga.
Rancorosi & inferociti nuovi & vecchi emarginati
vengono scaldati da sciacalli guerrafondai
cani da guardia al servizio di vecchi padroni & nuovi ricchi.
Fuori!
Basta!!
Sì .. è ora di ribellarsi!!!
Il futuro non è una tigre di carta !!!!
Se vivi in frontiera
di questi tempi
una scelta di campo
la devi fare
anche se sei rimasto a
farti attraversare dal buio dei boschi
anche se sei in un’inquietudine
frammentata.
Basta!
Le donne i giovani gli emigrati gli ultimi
si ribellano
nella fatica del cuore
nel desiderio di dignità
nella sofferenza della libertà
per una primavera di civiltà
lanciano
un grido
di dolore & di gioia.
Un silenzio d’accusa ci fermenti.
Bene! Mi son riproposto di commentare le scelte poetiche di Sandro Sardella. Stavolta la prova è ardua: dovrei commentare un suo brano, che è bello per ritmo, per evocazione, per le immagini sucitate, e -soprattutto!- per l’iper-realtà di cui è capace la narrazione. L’infernale quotidiano dei non garantiti, dei senza-terra, dei senza futuro che sbarcano il lunario morendo di fatica, ignorati istituzionalmente, ma che producono ricchezza e servizio, non è facile da descrivere. Artisticamente, meno che mai. Ma se l’arte non è capace di rivoltare le tasche alla vita e al potere quale estetica mai potrà proporre se non quella innocua e di asservimento? E siccome SandroSardella non è un Divino/Prono eccolo preconizzare scenari quotidiani, futuribili, navigando di maestro tra le trame del dramma dei lavoratori. Al pari del “bardo britannico, l’uomo di Rasa, il poeta di abiti-lavoro, non le manda a dire a nessuno e spulcia “li vizi umani” e le contraddizioni economiche di un capitalismo più che mai massacratore, quantunque si mascheri elargendo merci e promesse di felicità. E no, Signori belli! Il Re è davvero nudo. Il regime della globalizzazione è un regime ingannevole capace di affamare e per bene sempre a sud di ogni altro sud. Sembra che i lavoratori siano diventati un surplus, un fastidio, un orpello che mette a rischio il bilancio della spesa pubblica. Scrivendo della morte di una bracciante non si svilisce la lirica leopardiana, tanto meno si celebra la crudezza brechtiana; tutt’altro! Si fa poesia ponendo le basi di una nuova estetica che fa a meno dello sfruttamento; perché la “rivoluzione”, il superamento dello stato di cose presente, non è altro che un’opera d’arte di alta estetica. W SandroSardela! Lunga vita al poeta!