Un urlo d’acciaio
di Fabrizio Melodia
Io canto l’uomo d’acciaio
la sua pelle di metallo
i suoi occhi elettrici
Canto la pelle che non perde sangue
che non invecchia
che non si sfalda
che non si taglia
Canto lo sguardo che il buio non conosce
che s’illumina ogni attimo
che vede oltre l’apparire dell’essente
Canto la fine dell’umano
invoco l’inizio del nuovo tramonto
vedo mani tese allo spasimo
ad afferrare il niente
Vedo l’oltre dell’umano
nuova stella del mattino
vedo oltre il vagito
di occhi nuovi
in un mondo di tenebra
Sento tenebre rischiarate
da mani d’acciaio
piedi nuovi non di carne
che calpestano il suolo
che ci fu padre
Cammino insieme
all’uomo nuovo
negli abissi dell’acciaio
insieme vagabondiamo
nelle isole incantate
metà stelle, metà nuvole
dove ci porteranno le nostre gambe?
Viviamo insieme all’uomo d’acciaio
stesso corpo,
stessa pelle
stesso sangue
metà acciaio, metà dolore
nuova creatura
in un mondo
senza più confini
né regole
né tabù
cosa fare di questa libertà?