Una barca che (ci) salvi tutti
la recensione di Alberto Castagnola a “Non siamo tutti sulla stessa barca” di Giorgio Brizio (*)
Giorni fa incontro un caro amico, compagno da molti anni di impegni e di analisi, che senza una parola di commento mi lascia sul tavolo un libro: Giorgio Brizio, “Non siamo tutti sulla stessa barca”, Slow Food Editore. Fiducioso, ma senza poter fare previsioni, inizio subito a leggere. Prima scoperta, l’autore ha poco più di 19 anni, non è uno scienziato o un esperto specializzato, parla di clima senza parole tecniche, il linguaggio è semplice e piano, ogni meccanismo è spiegato dalle origini, dalle cause e poi in tutte le conseguenze.
Ma poi bastano poche pagine per scoprire che avevo in mano un testo raro, dove ogni fenomeno o situazione viene descritto con molta semplicità ma insieme con la massima completezza e precisione, senza trascurare i caratteri del personale coinvolgimento dell’autore. Ogni poche pagine, l’autore scivola su ricordi o temi, inseriti solo perchè gli erano venuti in mente in quel momento.
Nel primo capitolo, poco più di 70 pagine, vengono descritti tutti gli aspetti della complessa crisi climatica, fornendo dati, fasi, danni e prospettive di ulteriore peggioramento.
Da economista, non certo da scienziato, sono più di dieci anni che seguo questi eventi leggendo decine e decine di libri e di articoli, ma non ho mai trovato una descrizione cosi organica e completa condensata in così poche pagine, senza trascurare alcun aspetto essenziale e delineando con precisione le interrelazioni tra i numerosi fattori in gioco e senza dimenticare alcuna conseguenza o alcun rischio, sempre con un massimo di precisione e completezza. Solo questo capitolo è quindi un piccolo testo base, un manualetto o una chiave di lettura dell’intero pianeta, che tutti gli insegnanti e tutti gli attivisti dovrebbero utilizzare per operare in modo cosciente all’interno di una crisi ambientale sempre più drammatica.
La mia curiosità era al massimo quando ho dunque intrapreso la lettura del secondo capitolo, intitolato “L’onda”. Si parla subito della nascita, nell’estate del 2017, quindi prima dei grandi movimenti giovanili per il clima, di una iniziativa lanciata da una ragazza ispanica di Seattle alla quale si erano poi aggiunte altre giovani. Ma già nell’estate successiva, a Washington, in una marcia funestata dalla pioggia, le persone decise a manifestare erano diventate molte migliaia.
Questo esempio attirò l’attenzione di una giovane fanciulla di Stoccolma con sindrome di Asperger che decise di non andare a scuola tutti i venerdì per andare invece davanti al parlamento con un cartello su cui aveva scritto: “Sciopero della scuola per il clima”. Era nato il movimento Fridays for Future, al quale si aggiunse poco dopo Extinction Rebellion in Inghilterra. In un venerdì, quello del primo febbraio 2019, scoperto per caso che a piazza Castello, a Torino, ci sarebbe stata una manifestazione per il clima, il nostro autore vi si è recato con alcuni amici. Per scoprire che il presidio contava su pochissime persone.
Un mese e mezzo dopo, comunicato alla polizia che ci sarebbe stato un corteo con 2000 persone, il corteo superava le trentamila, ed erano diventate milioni in ben 123 paesi. Così descrive la sua prima esperienza di movimento, Brizio, un grande miscuglio di forti emozioni e sentimenti. Poi dedica parecchie pagine agli obiettivi e alle motivazioni di questa grande ondata di impegno giovanile ancora in pieno sviluppo.
Ma la parte più interessante del libro è forse nelle pagine successive (pag. 86-92, per il lettore ansioso) nelle quali Giorgio descrive un aspetto cruciale di un corretto impegno politico e sociale. Le sue parole sono semplici ma significative: “L’attivismo di solito non ha un inizio e una fine precisi. Non è come entrare o uscire da una pizzeria. Può essere il frutto di un lungo percorso, o qualcosa di relativamente casuale. Una piccola scintilla può cambiare tutto…. Il mio ha preso la strada su cui sono oggi grazie a una storia Instagram, che mi ha portato a febbraio a uno dei primi presidi di Fridays a Torino. Credo nelle coincidenze ma bisogna esserci perchè accadano. Uno dei più importanti passi nel viaggio dell’attivismo è trovare il proprio perchè personale, quello che ti fa battere il cuore. Ben prima di addentrarci nell’organizzazione di comunità e nella costruzione di un movimento dobbiamo chiarire a noi stessi perchè siamo attivisti e per cosa lottiamo. È il punto di partenza: il trampolino da cui tuffarci e la bussola dell’intera traversata”.
E ancora: “Prima o poi però bisogna un po’ buttarsi. Possiamo passare ore a informarci e a studiare le alternative, ma niente ti prepara a diventare militante se non la militanza, a costo di battere qualche testata, fare molte figuracce, sembrare talvolta fuori luogo. Per un attivista le storie di vita vissuta valgono quanto una laurea”. La citazione è un po’ lunga, e l’analisi dura per altre intere pagine, ma alcune sfumature hanno aiutato anche me a chiarire aspetti essenziali delle mie scelte personali di una vita.
Questo secondo capitolo conta ancora molte pagine, poiché descrive una molteplicità di situazioni di conflitto sociale in un gran numero di paesi, descrive in dettaglio la storia di Extinction Rebellion, richiama le storie di decine di militanti che sono stati perseguitati o uccisi solo perchè tentavano di dare voce a popolazioni sottoposte ad ogni sorta di vessazioni e descrive decine di esperienze personali spesso terminate in modo tragico.
Nel capitolo successivo, il terzo, vengono richiamati altri dati relativi al clima, ma dopo quattro pagine si capisce che servono a delineare il contesto e le cause profonde dei movimenti migratori da tutta l’Africa e da molti altri paesi, migrazioni che si svolgono ormai da molti anni attraverso il Mediterraneo con ritmi sempre molto sostenuti.
L’analisi è approfondita, sia nel descrivere le cause e le motivazioni, sia nel documentare gli infiniti naufragi, fino a far comprendere le difficoltà che queste correnti migratorie incontrano nei paesi di arrivo o di destinazione finale. L’analisi arriva fino a valutare le politiche nazionali dei paesi toccati dal Mediterraneo e quelle internazionali, non solo europee, e fornisce tutti i dati relativi al futuro, poiché le previsioni danno il fenomeno migratorio in forte aumento nei prossimi anni.
Ma è solo nel capitolo seguente che si scoprono le motivazioni profonde per la scelta di questo tema: il nostro autore, nell’agosto del 2019, aveva scoperto che la nave Open Arms di una organizzazione non governativa spagnola era bloccata in mare con 121 immigrati a bordo. Nessuno Stato permetteva di sbarcarli e Brizio si era subito impegnato con articoli e contatti per rendere nota questa drammatica situazione. Pochi giorni dopo era a bordo di altre navi delle Ong impegnate nel Mediterraneo, e le sue analisi diventano sempre più incisive e cariche di emozioni.
In questa parte del libro emerge l’altra caratteristica che lo rende prezioso. È stato scritto dopo aver vissuto realtà impressionanti, in base a dati raccolti dai protagonisti, in base ad appunti presi mentre situazioni drammatiche erano in corso o sotto i suoi occhi. Le successive raccolte di dati, analisi, fonti ufficiali e resoconti di protagonisti sono come impregnate da immagini e sensazioni vissute profondamente.
I capitoli successivi confermano questa scoperta. Nel quinto, la desrizione riguarda l’esperienza delle Sardine, anch’essa vissuta in prima persona dall’aprile del 2019. Nel sesto l’esperienza di Mimmo Lucano a Riace, un modello di accoglienza dei migranti e del loro inserimento in una nuova comunità attiva ed autosufficiente, durato vari anni e distrutto in due settimane da un ministro della Lega, che è perfino riuscito a far infliggere al sindaco Lucano una condanna assurda, nelle motivazioni e nelle dimensioni.
Ma il capitolo comprende anche una ampia analisi del problema dei braccianti agricoli irregolari, ancora sfruttati dai “caporali”, senza i quali molti dei nostri raccolti non sarebbero possibili o sarebbero fuori mercato. Infine, l’ultimo capitolo, dal titolo significativo: “Una barca che (ci) salvi tutti”, che prende come riferimento una barca colorata in rosa scelta come simbolo da Extinction Rebellion e descritta in un loro libro del 2020.
Nel testo si parla di varie barche adottate come simbolo da diversi movimenti – compresi il “Plastiki” un catamarano di 18 metri costruito con 12.500 bottiglie di plastica, e il Rainbow Warrior II di Greenpeace – che gli permettono di affrontare ulteriori problemi, dal petrolio al nucleare, dai tornado al negazionismo ambientale. Nelle ultime pagine, Brizio semina altre parole preziose: “Quando sono in posti o città diverse dal solito, cerco di parlare con le persone che sono meno simili a me, che hanno una visione diversa dalla mia. O, comunque, cerco di fare in modo che il dialogo possa definirsi tale e non sia uno scontro tra due parti che neanche tentano di toccarsi. … L’importante è che sia arricchente, per gli altri e per te stesso: se sei il più intelligente nella stanza, sei nella stanza sbagliata”. (pag.351). Infine, nelle ultime pagine, traccia delle linee di azione per l’immediato futuro che non si possono sintetizzare, un messaggio complesso che richiede molta maturità per essere compreso e agito e di fronte al quale ognuno di noi è chiamato ad assumere le proprie responsabilità.
Per concludere, mi permetto solo di dare un consiglio a chi prenderà in mano questo libro di Brizio. Cercate di imitare questa dote di Giorgio, lasciatevi contagiare da questa sua visione del mondo così attiva e partecipata. Guardate ogni appello, proposta, iniziativa, mobilitazione con occhi e mente disponibili, condividete in prima persona, e poi magari raccogliete informazioni, leggete, studiate, scegliete la vostra attività. Non sarà solo un invito all’impegno, ma un modo molto diverso da quello usuale di vivere la vostra vita.
(*) ripreso da comune-info.net/