Una cosa oscura, senza pregio
Recensione al libro di Andrea Olivieri (Edizioni Alegre, 2019) definito da Wu Ming 1 “un libro che lascerà un segno, un’opera luminosa e dai molti pregi”.
di David Lifodi
I difficili rapporti tra il Partito comunista italiano e quello jugoslavo, la questione di Trieste, di Fiume e dell’Istria a cavallo tra la seconda guerra mondiale e il dopoguerra, la storia della sua famiglia strettamente legata alla Resistenza antifascista nella regione Giulia, il percorso di militanza politica e sociale dello scrittore Louis Adamic negli Stati uniti degli anni Trenta del Novecento: c’è questo e molto altro nelle mille storie di Andrea Olivieri, che nel suo Una cosa oscura, senza pregio (Edizioni Alegre, 2019) rende giustizia all’autore di Dynamite: The Story of Class Violence in America e, grazie ad un accurato lavoro basato sulla storiografia e sulle fonti orali smonta la retorica nazionalista secondo la quale, ancora oggi, l’Istria e la Dalmazia spetterebbero all’Italia.
Il lavoro di Olivieri rappresenta un omaggio alle molteplici forme di working class, quella degli Industrial Workers of the World, quella dei migranti sfruttati in un’America dove la loro manodopera è pagata pochissimo e la vita vale meno di niente, ma anche quella dei suoi familiari, di suo nonno Albano e di sua nonna Leda, entrambi resistenti antifascisti. Una scatola con alcuni ricordi della loro vita e della loro militanza politica serve all’autore per intraprendere un percorso in cui emerge la sua appartenenza internazionalista, nel segno dei suoi avi. Non è nemmeno un caso che Andrea Olivieri dedichi il suo lavoro a Matteo Dean, migrante, scomparso a Città del Messico nel 2011 dopo aver raccontato nel dettaglio le tante insurrezioni in corso in un paese che gli Stati uniti da sempre considerano come il patio trasero per eccellenza.
Le figure principali di Una cosa oscura, senza pregio non possono che essere Louis Adamic e Albano Olivieri, per motivi diversi due “eretici”. Giunto in America poco più che adolescente, il primo racconterà in maniera sferzante e critica non solo la società statunitense e la sua vita all’insegna del capitalismo, ma anche la sua Slovenia, l’invasione dei Balcani e le violenze della bande paramilitari degli ustascia fascisti. A seguito della rottura del 1948 tra Stalin e Tito, Adamic fu guardato con molti sospetti, per non dire osteggiato, dallo stesso segretario del Partito comunista degli Usa, tanto da essere più volte indicato come portavoce di Tito.
Albano, invece, fu incarcerato per ben cinque volte, non solo per la sua militanza antifascista negli anni del regime, ma paradossalmente, anche lui fu vittima della rottura del 1948 che sancì l’allontanamento della Jugoslavia dal Cominform, raccontata dal giovane giornalista Giacomo Scotti, per anni corrispondente del quotidiano il manifesto. Il nonno di Olivieri aveva aderito alla linea cominformista, dovendo sopportare anche un anno di confino nella città mineraria di Zenica, un paradosso difficile da digerire per uno che la Resistenza se l’era fatta tutta in un contesto in cui anche il Partito comunista italiano non brillerà per chiarezza e capacità di analisi e lettura dei fatti, allineandosi anch’esso ad una retorica fortemente nazionalista sulle vicende del Carso, di Trieste, dell’Istria e della Dalmazia. Eppure, proprio all’epoca della guerra partigiana, con buona pace delle divisioni etniche, l’obiettivo era quello di fermare il comune nemico, il fascismo.
Olivieri, nel suo libro, cerca di ragionare anche sulle motivazioni che hanno consentito alle destre più o meno estreme di legittimarsi insistendo sull’odio degli slavi e degli altri popoli balcanici nei confronti degli italiani, a partire da un uso distorto della storia, come dimostra il caso delle presunte persecuzioni di cui sarebbero stati vittime Albano e gli operai de cantieri monfalconesi, definite dallo stesso nonno di Olivieri come “balle”.
Scorrendo il libro di Andrea Olivieri si percepisce di far parte di una comunità, non chiusa, ma aperta, all’insegna del celebre canto popolare “Nostra patria è il mondo intero”, in un contesto sociale dai contorni imprecisi e mutevoli. Ed è proprio all’insegna dell’internazionalismo che si chiude il lungo viaggio dell’autore tra Stati uniti, Trieste e i Balcani. A Zenica, dove è presente una tra le acciaierie più inquinanti d’Europa e Arcelor Mittal ha riattivato la cokeria, Andrea Olivieri e sua cugina incontrano una famiglia siriana in viaggio da cinque mesi e la fanno salire in macchina con i bagagli.
L’impegno per quell’uguaglianza di classe a cui facevano riferimento gli operai di Monfalcone – i nonni dell’autore, i migranti di cui anche Adamic era parte – può intraprendere un nuovo cammino. Nessuno è illegale.
Una cosa oscura, senza pregio
di Andrea Olivieri
Edizioni Alegre, 2019
€ 18