Una curiosa ossessione: Reality-rzeczy/cose

Progetto e performance di Daria Deflorian e Antonio Tagliarini

di Susanna Sinigaglia

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Inserite nella retrospettiva di cinque spettacoli che l’Elfo ha dedicato ai due autori-attori dal 9 al 16 maggio, «Reality e rzeczy/cose» sono due performance intimamente legate, dove la prima è il prologo dell’altra che – a sua volta – ne illumina la ragione d’essere; una strana e originale costruzione drammaturgica che si scopre solo assistendo anche al secondo spettacolo.

Quando si entra nello spazio allestito per «rzeczy/cose» in quello che normalmente è il palcoscenico della sala Fassbinder dell’Elfo, ci si trova davanti a una serie di scatoloni di cartone pieni zeppi di oggetti disparati – soprammobili, giocattoli, vecchi quaderni, ninnoli e indumenti dismessi – che strabordano sull’impiantito. Lo spazio generalmente riservato al pubblico è barrato da una finta parete mentre in fondo sulla sinistra, la stanza così ottenuta è delimitata da una serie di pannelli su cui si può leggere, prima della comparsa degli attori, la strana storia di Janina Turek e del ritrovamento dei suoi cosiddetti “diari” dopo la morte, che l’aveva colta all’improvviso al ritorno dal mercato sulla strada verso casa.

Proprio dalla sua morte inizia «Reality», con i due performer che s’ingegnano a rappresentare l’evento nel suo accadere cercando “il modo migliore di morire”. Come renderlo al meglio? Crollando al suolo di colpo con una caduta piuttosto plateale o accasciandosi silenziosamente quasi per non disturbare troppo gli eventuali passanti?

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E – si chiedono – che cosa sarà successo dopo, quando qualcuno sarà stato costretto ad accorgersi che la persona a terra era priva di vita? Ipotizzano quindi che prima o poi si fosse risaliti ai familiari della defunta; fosse stata perciò avvertita la figlia che, dovendo svuotare la casa della madre, aveva ritrovato i 748 quaderni su cui Janina aveva annotato minuziosamente, per anni, gesti ed eventi che l’accompagnavano nel flusso banale della vita giorno per giorno. In «rzeczy/cose», quell’accumulo di annotazioni è stato trasposto dai due performer nella serie disordinata di oggetti che ammassiamo noi stessi nelle nostre case e di cui non abbiamo il coraggio di disfarci.

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In «Reality», veniamo a sapere che durante l’occupazione tedesca di Cracovia, la città di Janina, suo marito era stato fatto prigioniero, portato ad Auschwitz, liberato alla fine della guerra e che, dopo qualche anno, se n’era andato di casa abbandonandola. Ha qualcosa a che fare tutto ciò con la decisione di Janina, dopo la reclusione del marito nel 1943, di cominciare e poi continuare a scrivere quei quaderni dove ha annotato in modo quasi ossessivo la serie interminabile di gesti quotidiani di cui è fatta la vita? Era un modo per tenere alla larga l’angoscia, la solitudine, lo smarrimento? Mi scrive Daria Deflorian in una mail per rispondere a una domanda che le ho rivolto in proposito:

«Quello che sappiamo viene dal reportage di Szczygiel… e da quanto ci aveva confermato la figlia: 1943, l’arresto, Auschwitz e il suo [del marito] ritorno alla fine della guerra, e il 1943 come inizio dei diari. Il collegamento tra questi fatti non lo vogliamo e possiamo fare! Sappiamo dalla figlia e dal reportage del divorzio, ma nessun dettaglio nel diario… Non sappiamo con certezza nulla…».

Dai “diari” non traspaiono sentimenti, gli eventi storici o personali sono semplici corollari della serie infinita di numeri che classificano gli incontri – anche gli incontri casuali –, le telefonate, i programmi visti alla Tv, i pranzi, le cene, le colazioni ecc. ecc. Quella decisione di Janina ha i caratteri dell’incredibile e dello straordinario, tanto che il giornalista Mariusz Szczygieł ha sentito il bisogno di dedicare alla donna e alla banalità del quotidiano che banale non è il primo dei quattro racconti di cui è composto il suo libro intitolato – appunto – «Reality».

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Inoltre veniamo a sapere da Mariusz Szczygieł, attraverso il resoconto sempre un po’ perplesso e stupito di Daria Deflorian, che Janina inviava a se stessa delle cartoline su cui, contrariamente a quanto scriveva sui quaderni, aveva cominciato a esprimere i propri sentimenti, paure, soprattutto il timore della morte, come se solo attraverso un simile espediente potesse accettare le sue emozioni, come se le arrivassero da un remoto alter ego cui non potesse sottrarsi. E anche la modalità della sua morte sembra rispettare la sua volontà di distacco e anonimato: da sola, per strada, mentre sta tornando a casa dopo la spesa numero…?

Reality

a partire dal reportage di Mariusz Szczygieł Reality

traduzione di Marzena Borejczuk, Nottetempo 2011

ideazione e performance Daria Deflorian e Antonio Tagliarini
consulenza per la lingua polacca Stefano Deflorian, Marzena Borejczuk e Agnieszka

direzione tecnica Giulia Pastore

produzione A.D., Festival Inequilibrio/Armunia, ZTL-Pro con il contributo della Provincia di Roma, Assessorato alle Politiche Culturali

PREMIO UBU 2012 Daria Deflorian – Migliore attrice protagonista

Per ulteriori materiali, vedi al link

http://www.elfo.org/stagioni/20152016/deflorian_tagliarini/reality.html

 

Susanna Sinigaglia
Non mi piace molto parlare in prima persona; dire “io sono”, “io faccio” questo e quello ecc. ma per accontentare gli amici-compagni della Bottega, mi piego.
Quindi , sono nata ad Ancona e amo il mare ma sto a Milano da tutta una vita e non so se abiterei da qualsiasi altra parte. M’impegno su vari fronti (la questione Israele-Palestina con tutte le sue ricadute, ma anche per la difesa dell’ambiente); lavoro da anni a un progetto di scrittura e a uno artistico con successi alterni. È la passione per la ricerca che ha nutrito i miei progetti.

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