una lettera d’amore

di Francesco Masala,

ogni volta che leggo questo ricordo di Allen Ginsberg penso alla bellezza, all’innocenza e all’amore, come dice il nostro comune amico Kurt Vonnegut, e penso di loro due dovremmo essere orgogliosi, molto orgogliosi.

Tributo a Ginsberg – Kurt Vonnegut Jr 

Vi scongiuro, che non muoia più nessuno!

Allen Ginsberg ed io siamo stati ammessi all’Istituto Americano di Arte e Lettere nel 1973. Un giornalista del “Newsweek” mi ha telefonato e mi ha domandato cosa pensassi sul fatto che due outsiders come noi fossero stati assorbiti dal sistema. Io ho risposto: “Se non siamo noi il sistema, allora non so chi lo sia”.

Allen fu presentato nominalmente come un poeta, ma in realtà è diventato mondialmente famoso per il sentimento radioso d’amore, e per l’innocenza della sua persona, dalla testa ai piedi.

Ad essere sinceri dobbiamo ammettere che la poesia più grande soddisfa pochi profondi appetiti nei tempi moderni. Ma la comparsa nel nostro mondo industrializzato di un uomo schietto, senza interessi politici, privo di agganci, che faceva del suo meglio per diventare sempre più saggio e sacro è stato tuttavia,per le nostre anime, un sorprendente ed anacronico banchetto.

Allen ed io c’eravamo incontrati in una cena a Cambridge, offerta dall’ Harvard Lampoon, nel 1970. Eravamo rimasti per mano tutta la serata.

Io era appena tornato dalla Nigeria del Sud, dove avevo assistito alla fine della Guerra civile. La parte sconfitta, i ribelli Ibos, sono rimasti isolati per più di un anno. La fame si è impadronita di tutti. Io sono stato lì con il mio amico romanziere Vance Bourjailly. Siamo arrivati con un aereo DC-3, soccorso della chiesa cattolica. In un attimo bambini affamati e supplicanti ci hanno circondati. Avevano le pance gonfie e gli intestini esposti e rovesciati. I loro capelli erano diventati gialli, avevano piaghe infette, ed erano anche molto sporchi.

Noi avevamo paura di toccarli perché nella migliore delle ipotesi avremmo portato a casa qualche malattia. Ma Vance si vergognava della propria impressionabilità. Per questo ha detto che se Allen fosse stato insieme a noi non soltanto avrebbe abbracciato quei bambini ma si sarebbe inginocchiato per giocare con loro.

Io ho raccontato questa storia durante la cena di Lampoon, e poi ho detto direttamente ad Allen: “Noi non ci siamo mai incontrati prima, caro mio, ma tale è la tua reputazione.”

(Traduzione di Julio Monteiro Martins)

da qui

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Hey Father Death, I’m flying home
Hey poor man, you’re all alone
Hey old daddy, I know where I’m going

Father Death, Don’t cry any more
Mama’s there, underneath the floor
Brother Death, please mind the store

Old Aunty Death Don’t hide your bones
Old Uncle Death I hear your groans
O Sister Death how sweet your moans

O Children Deaths go breathe your breaths
Sobbing breasts’ll ease your Deaths
Pain is gone, tears take the rest

Genius Death your art is done
Lover Death your body’s gone
Father Death I’m coming home

Guru Death your words are true
Teacher Death I do thank you
For inspiring me to sing this Blues

Buddha Death, I wake with you
Dharma Death, your mind is new
Sangha Death, we’ll work it through

Suffering is what was born
Ignorance made me forlorn
Tearful truths I cannot scorn

Father Breath once more farewell
Birth you gave was no thing ill
My heart is still, as time will tell.

redaz
una teoria che mi pare interessante, quella della confederazione delle anime. Mi racconti questa teoria, disse Pereira. Ebbene, disse il dottor Cardoso, credere di essere 'uno' che fa parte a sé, staccato dalla incommensurabile pluralità dei propri io, rappresenta un'illusione, peraltro ingenua, di un'unica anima di tradizione cristiana, il dottor Ribot e il dottor Janet vedono la personalità come una confederazione di varie anime, perché noi abbiamo varie anime dentro di noi, nevvero, una confederazione che si pone sotto il controllo di un io egemone.

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