Una nuova legge contro l’apologia di fascismo?
I precedenti da Scelba a Mancino
di Saverio Ferrari
Le leggi per contrastare la ripresa dei fenomeni neofascisti in Italia esisterebbero da tempo. Si pensi alla legge Scelba del 1952 volta ad impedire la riorganizzazione del disciolto partito fascista e gli atti di apologia ed esaltazione del ventennio mussoliniano, ma soprattutto alla legge del 1993, che prese il nome dell’allora Ministro dell’Interno (il democristiano Nicola Mancino), contro la «discriminazione, odio o violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi». Quest’ultima andava in realtà a integrare e inasprire precedenti norme varate nel 1967 e soprattutto nel 1975, con la legge del 13 ottobre n. 654, a «ratifica della convenzione internazionale di New York per la eliminazione delle forme di discriminazione razziale».
Differentemente da quanto comunemente si pensi, la legge Scelba fu utilizzata più volte: nel novembre 1973 per sciogliere il Movimento politico Ordine nuovo, in seguito alla sentenza del Tribunale di Roma che condannò i suoi aderenti per ricostituzione del partito fascista, e nel giugno 1976 Avanguardia nazionale, ovvero le due principali organizzazioni nazifasciste che furono strumenti operativi del disegno eversivo della Strategia della tensione, condotto a suon di stragi, attentati e omicidi. Nel 1974 fu anche disciolto Anno zero, un tentativo di ricostituzione di Ordine nuovo. Alla legge Mancino si fece invece ricorso per porre fuori corso nel 1993 alcune bande naziskin, tra cui il Movimento politico occidentale di Maurizio Boccacci e Azione skinhead a Milano. Nel 1997 fu la volta di Hammerskin. Lo stesso Fronte nazionale, fondato nel 1990 da Franco Freda, dopo sentenza definitiva della Cassazione, fu disciolto sulla base della legge Mancino con un provvedimento del Consiglio dei Ministri del novembre del 2000.
Le leggi, dunque, ci sono e possono funzionare.
Nonostante la Corte di Cassazione abbia più volte riconosciuto come «il diritto alla libera manifestazione del pensiero, tutelato dall’art. 21 della Costituzione, non può essere esteso fino alla giustificazione di atti o comportamenti che ledano altri principi di rilevanza costituzionale» e che «le condotte incriminate confliggono con il principio costituzionale di uguaglianza e perciò è giustificata la repressione», le leggi contro l’incitamento all’odio razziale, etnico e religioso, non sembra trovino in Italia puntuale e adeguata applicazione. Assistiamo da anni a una sorta di loro sospensione.
Uno dei motivi della forte animosità, da parte delle destre, contro la legge Mancino riguarda la possibilità offerta dall’articolo 7, di procedere «cautelativamente», ancor prima del giudizio definitivo, alla «sospensione di ogni attività associativa» nei confronti delle organizzazioni razziste sottoposte ad indagine. Nel 2014 la Lega nord tentò anche, non riuscendoci, di raccogliere le firme per un referendum volto ad abrogarla.
Questo dato dell’articolo 7 non sembra, per altro, conosciuto dallo stesso Ministro dell’Interno Marco Minniti, che rispondendo il 25 gennaio scorso all’interrogazione di un deputato del Pd di Varese, che chiedeva «quali iniziative» intendesse «assumere il Governo» per contrastare l’attività del gruppo neonazista della Comunità militante dei Dodici raggi, rispondeva che «l’adozione di un provvedimento di scioglimento di movimenti che si ispirano al fascismo» sono possibili «solo a seguito di una sentenza penale irrevocabile», ignorando del tutto l’articolo 7 della legge Mancino e gli storici precedenti degli scioglimenti di Ordine nuovo e Avanguardia nazionale avvenuti subito dopo il primo grado di giudizio.
Ora è la volta della proposta di legge, primo firmatario Emanuele Fiano, approdata ieri alla Camera, per inasprire il reato di saluto romano, colpire la vendita e il commercio di gadget «rievocativi dell’ideologia del regime fascista o nazifascista», la veicolazione di «immagini e contenuti» fascisti e nazisti, con «l’aggravante di pena derivante dall’aver commesso il fatto attraverso strumenti telematici o informatici». Ben venga, servirà certamente a riattivare il dibattito e l’attenzione nei confronti dei fenomeni crescenti neofascisti. Forse a riscoprire leggi già esistenti e inoperanti. Le destre in nome della “libertà di opinione” si schiereranno ancora una volta contro. Per loro il fascismo non è mai stato un “crimine”. I Cinque stelle parlano invece di legge “liberticida”. Una dimostrazione di assoluta ignoranza della storia anche recente di questo Paese.
Milano,11 luglio 2017; ripreso anche dal quotidiano “il manifesto”
LE DUE VIGNETTE – scelte dalla redazione – sono di Mauro Biani; a ricordare che i nuovi fascismi hanno molte facce. (db)
SEGNALO QUESTA PROPOSTA di RAUL MORDENTI inviata alla lista R-ESISTIAMO
Care e cari listaioli, carissima coordinatrice,
debbo confessare che non mi sembra bello discutere, come si fa da parte di tanti, sull’eventuale retropensiero, o strumentalità, della proposta dell’on. Fiano. Secondo me se c’è un’iniziativa antifascista, gli antifascisti l’appoggiano. Punto. D’altra parte è del tutto evidente che l’uso della rete consente ai fascisti nuovi spazi e nuovi efficaci strumenti. Se vi fare un giro nella rete (se vi regge lo stomaco) troverete delle cose agghiaccianti.
E le complicità, cioè le tolleranze e i silenzi, fanno ancora più paura. Pochi giorni fa è passato sotto casa mia un corteo di Forza Nuova (contro lo ius soli: e hanno vinto loro, ma questo è un altro discorso…) che cantava “All’armi siam fascisti” e faceva il saluto romano, e la PS presente in forze lo accompagnava senza alcun tipo di intervento. Ogni giorno si vedono e leggono vergogne del genere, dal parco al criminale gasatore Graziani, ai permessi accordati alle più schifose iniziative fasciste fino ai frequentissimi interventi delle forze dell’ordine contro gli antifascisti in piazza.
E’ tuttavia vero che una legge non basta, e forse – da sola- neppure serve.
Allora mi permetto di avanzare un modesta proposta. Organizziamo sistematiche denunce alla Magistratura per ogni apologia di fascismo a cui assistiamo. E’ difficile farlo singolarmente, gli avvocati costano e non sapremmo neanche come fare; e allora rivolgiamoci anzitutto alla nostra ANPI per chiedere che si costruisca un ufficio legale, formato da avvocati antifascisti bravi (e ce ne sono tanti! il mio pensiero corre al caro Peppe Mattina che non c’è più) a cui ci si possa rivolgere; un tale ufficio dovrebbe centralizzare e organizzare denunce a pioggia contro i fascisti. Tutti, subito, senza indugi o attese. I finanziamento dell’Ufficio legale che propongo sarebbe a carico di tutti noi (non sarebbe difficile organizzare una bella colletta nazionale e/o locale per trovare i fondi necessari).
Le leggi – dicono tutti – già ci sono, dalla Scelba alla Mancino: e allora facciamole funzionare, rendiamole operative.
Che ne dite? Se ci fosse un certo accordo sull’idea potremmo avanzarla tutti insieme all’ANPI o ad altre storiche organizzazioni antifasciste.
Un caro, e caldo, saluto a tutti/e
Raul Mordenti