UNA QUASI-AMICIZIA CONDOMINIALE
il mio vicino del quinto piano,
grosso Cinese d’Oltremare,
porta due voluminosi baffoni a manubrio
imbiancati dall’età,
il cranio rasato alla bell’e meglio
con un codino a treccina
che gli spunta dalla nuca arrossata
e un tatuaggio a doppio rombo
inciso a scalpellate blu
appena sopra l’orecchio destro.
s’è fatto cavare
i quattro incisivi inferiori
da piccolo,
molti anni fa, vivendo coi suoi
a Cape Town
dove quell’estrazione di denti,
per scopi puramente estetici
– e votivi, m’ha spiegato –
andava ancora di gran moda
tra gli afro-asiatici.
quando ci incontriamo
in ascensore
parliamo il più del tempo
di carne e di calcio:
però in termini
molto vaghi
e approssimativi:
lui è un esperto macellaio
io… mangerò
una bistecca bovina
ogni sei mesi,
lui è un cocciuto tifoso del Genoa
sempre ben informato
io… sarà più di trent’anni
che non vado allo stadio.
probabilmente siam coetanei
ma io sembro – lo dicon tutti –
molto più giovane di lui.
ciononostante, abbiamo stabilito
una relazione di quasi-amicizia
e, una volta fuoriusciti
dal minuscolo ascensore,
amiamo dilungarci
in cerimoniosi convenevoli
d’addio e d’arrivederci,
gesticolanti e multilingue,
più che altro, alla faccia
degli altri condomini,
mediamente
piuttosto antipatici.
Carina l’idea dell’ascensore come veicolo di comunicazione e avvicinamento delle diversità.