Una Repubblica affondata nel metano: a Ravenna…
… la lobby fossile dei Vel-ENI si prepara a un nuovo colpo.
Due documenti del Coordinamento Ravennate “Per Il Clima Fuori dal Fossile”
Il nuovo ministro dell’Ambiente (più precisamente Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica) Pichetto Fratin e la nuova Presidente del Consiglio Meloni fanno una gran pubblicità alla trasformazione del nostro Paese nell’Hub di distribuzione del gas per l’Europa come se fosse una idea rivoluzionaria del governo appena insediatosi. In realtà era già un progetto del governo precedente di cui si faceva sponsor il precedente ministro che l’ambiente non lo aveva nemmeno nel nome (Ministro della Transizione Ecologica), figurarsi tra le preoccupazioni. Eppure o, più correttamente, proprio per questo, Cingolani è stato ufficialmente designato come consulente del nuovo ministro anche dopo la caduta del governo Draghi. Troppo importante, infatti, continuare imperterriti nella politica di spingere sulle energie rinnovabili solo a parole e, nei fatti, concentrare la stragrande quantità delle risorse nella prosecuzione dell’impiego di energie fossili. Troppo importante per la situazione economica italiana e mondiale derivata dalla guerra in Ucraina? Niente affatto, quella è solo la motivazione contingente per l’attuazione di un progetto ben precedente agli eventi di quest’anno collimante con gli interessi della lobby del fossile, ENI in testa.
Senza nemmeno andar tanto lontano nel tempo, giusto l’anno prima della pandemia di Covid-19, era stato l’allora sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri (oggi Ministro dell’Economia e delle Finanze) a tratteggiare il progetto proprio a Ravenna. Durante l’Offshore Mediterranean Conference del marzo 2019 sottolineava infatti Giorgetti «il valore che gioca per l’economia nazionale e il ruolo di primaria importanza che l’Italia riveste, per la sua collocazione geografica, come hub del gas per l’Europa mediterranea».
Oltre a far pesare tutta la sua terrificante azione sulle popolazioni, la guerra ucraina è stata la motivazione principale per il sostanziale abbandono di ogni pudore nella conservazione, anzi nella implementazione, di un modello energetico ad esclusiva trazione fossile. L’aumento dei prezzi, che colpisce esclusivamente l’Europa, è stato correlato in una narrazione falsificata ad hoc alla carenza di gas indotto dal conflitto e alle sanzioni applicate alla Russia. In realtà è dovuto ad una speculazione che gli Stati europei hanno lasciato libera di correre e, attualmente, quella dell’assenza di metano dai mercati è una vera e propria fandonia.
I dati ufficiali sulle importazioni, sui consumi e sul bilancio del gas naturale rilasciati mensilmente dal Ministero guidato da Pichetto Fratin parlano chiaro. Le ultime cifre sono aggiornate ad ottobre. Ci confermano una produzione nazionale costante da un anno all’altro e un aumento delle scorte complessive che, rispetto allo scorso anno, sono quasi raddoppiate. Ci conferma che nei primi dieci mesi del 2022 sono aumentate le importazioni (del 2,2%) rispetto allo stesso periodo del 2021 ma, soprattutto, che l’aumento dei prezzi ha letteralmente fatto esplodere le esportazioni (+177%): 3 miliardi e 44 milioni di metri cubi di gas venduti all’estero tra gennaio e ottobre. Il tutto in un contesto di consumi in drastico calo (-5,2%); un quantitativo di gas consumato in meno rispetto allo scorso anno superiore al quantitativo esportato: 3 miliardi e 74 milioni di metri cubi. Se il livello dei consumi rimarrà inalterato sino a fine anno, nel 2022 verranno consumati complessivamente poco più di 72 miliardi di metri cubi di gas e cioè circa 4 miliardi di metri cubi in meno tra un anno e l’altro.
Parallelamente sono esplosi anche gli utili delle imprese del settore, ENI in testa. Il cane a sei zampe ha chiuso il terzo trimestre del 2022 macinando tra luglio e settembre 3,73 miliardi di utili rispetto ai 1,43 (161%) dello scorso anno. Nei primi nove mesi dell’anno gli utili sono stati pari a 10,80 miliardi di euro rispetto ai 2,63 (311%) del corrispondente periodo del 2021.
Appare chiaro come la vera ragione di fare dell’Italia lo snodo commerciale del mercato del gas europeo non stia nel perseguire l’interesse nazionale ma piuttosto quello della lobby guidata da ENI. E Ravenna, per questo, come luogo dove ENI è abituata da decenni a fare il buono e il cattivo tempo, appare destinata a subirne le conseguenze in forma estrema. SNAM sta approntando quanto occorrente alla realizzazione di un impianto di rigassificazione davanti alle spiagge turistiche ravennati con l’autorizzazione a lasciarvelo per un quarto di secolo. Con tutta evidenza niente a che vedere con la dichiarata (presunta) emergenza del momento. Si aggiunge quanto i giornali riportano in queste ultime ore: il possibile raddoppio degli impianti con il trasferimento proprio a Ravenna della nave acquistata per Piombino.
Il compito della Campagna Per il Clima – Fuori dal Fossile resta dunque quello di coordinare la resistenza contro un’economia che si delinea come esclusivamente a trazione fossile. Per far ciò continueremo con la corretta informazione per correggere la distorsione della realtà che viene operata a tutti i livelli, partendo da quello comunale sino al governo della Repubblica. Perché la nostra, oggi ancor più di ieri, appare una Repubblica fondata sul commercio del metano che non tiene in alcun conto delle conseguenze del cambiamento climatico di cui lo stesso metano è principale responsabile.
Per approfondire:
https://www.mite.gov.it/comunicati/italia-tunisia-pichetto-italia-sara-hub-energetico-dell-europa
https://www.italpress.com/gas-cingolani-litalia-puo-diventare-un-hub-nel-mediterraneo/
https://dgsaie.mise.gov.it/bilancio-gas-naturale
https://www.ilrestodelcarlino.it/ravenna/economia/rigassificatore-piombino-1.8369896
Due rigassificatori a Ravenna? Non staremo a guardare
Le preoccupazioni e le previsioni che l’insieme del movimento ambientalista esprime da anni si stanno rivelando – ancora una volta – quanto mai fondate. La città di Ravenna, più di altre, farà le spese di quanto sta succedendo e che noi da sempre denunciamo. Con buona pace di chi ha sbandierato, certo non sempre in buona fede, che le attuali scelte di potenziamento massiccio del sistema estrattivista sarebbero da inquadrare in un disegno provvisorio, e che nel giro di qualche anno dovrebbe iniziare la fuoriuscita dalle fonti fossili (tanto da voler presentare la fase attuale addirittura come un atto del processo di transizione ecologica), la notizia di questi giorni è che il rigassificatore galleggiante destinato ad approdare al porto di Piombino, e che la popolazione giustamente sta contrastando, sarà probabilmente destinato ad essere collocato nella costa adriatica ravennate, una volta scaduti i tre anni pattuiti fra Snam e la Regione Toscana. Perché perfino il Presidente toscano Giani, pur convinto alfiere del rigassificatore, si è fermamente pronunciato contro una permanenza dell’impianto nel porto di Piombino superiore ai tre anni.
Ma secondo noi, e secondo la stragrande maggioranza dei ricercatori e degli scienziati che si occupano di ambiente, clima e fonti energetiche, è sempre stato assurdo pensare che si possano investire fior di miliardi per costruire strutture gigantesche con la prospettiva di avviarle a chiusura dopo pochi anni, ed era ovvio
fin dall’inizio che assieme alle autorizzazioni sarebbero scattati meccanismi, addirittura preventivi, di proroghe ed ogni escamotage per allungare sine die i tempi di presenza dei rigassificatori. D’altra parte Snam, in maniera molto più chiara di quanto abbiano fatto i nostri enti locali, ha preteso da subito venticinque anni di concessioni come condizione per procedere agli interventi.
Vuol dire che fra poco più di tre anni a Ravenna potrebbero esserci ben due di queste mastodontiche strutture, per altro senza con questo escludere tutte le altre sedi (Sicilia, Calabria, Sardegna, Puglie, Marche) dove si stanno prevedendo realizzazioni analoghe. Con tutto ciò che questo comporta e comporterà in termini di emissioni climalteranti, di speranza di contrastare seriamente la catastrofe climatica, di fallimento degli stessi (pur timidi e contraddittori) obiettivi concordati a livello europeo e internazionale, e di rischio per la vita e la salute delle popolazioni che si toveranno a convivere permanentemente con questi mostri. I quali, è bene ricordarlo, non rappresentano le sole realizzazioni che i colossi del fossile e i loro alleati politici stanno promuovendo, ma si aggiungono al potenziamento – già programmato – dell’intensità e dell’estensione di trivellazioni per estrarre idrocarburi, nonché alla costruzione di nuovi gasdotti. Insomma, un disegno che vuole fare dell’ Italia (e della nostra zona in particolare) un vero centro di arrivo e smistamento di tutto il gas possibile, con conseguenze probabilmente pesantissime per i nostri territori e per la vita di chi dovrà crescere e vivere in queste terre.
Un vero e proprio assalto senza precedenti, da partedel sistema dell’ oil&gas, alla nostra terra e alla nostra società, con reali benefici solo per i profitti di chi tale sistema ha in mano.
E’ per altro molto chiaro che nei tempi e con gli stanziamenti previsti per la realizzazioni delle “cattedrali del gas” moltissime cose si potrebbero fare (e potevano già esssere state fatte) nei settori delle energie rinnovabili, della produzione diffusa e decentrata, del risparmio e dell’efficientamento, della revisione del massimamente energivoro campo dei trasporti, ed altro ancora.
Ma la potenza dei colossi del fossile detta evidentemente legge e la gran parte delle istituzioni e del mondo politico non riesce a far altro che adeguarsi e cercare di trarne qualche tornaconto.
Se al tema della dipendenza dai fossili si aggiungono altre drammatiche emergenze ambientali in atto, come lo spaventoso ritmo del consumo di suolo, la crisi idrica, l’ eterna questione dei rifiuti, i processi di deforestazione, i danni correlati all’allevamento intensivo, ed altre ancora, vediamo bene come nubi assai fosche si addensino sul futuro nostro e soprattutto delle nostre figlie, figli e nipoti, la cui tutela non può certo contare su (ben) pochi personaggi politici sensibili e motivati, ma deve essere presa in mano da tutte e tutti.
Per questo, la “Rete Emergenza Climatica e Ambientale” dell’ Emilia Romagna e il Coordinamento ravennate “Per il Clima – Fuori dal Fossile” proseguiranno nella mobilitazione subito, e per i prossimi mesi ed anni, e chiamano ad unirsi ad essa cittadine e cittadini, associazioni e movimenti della società civile, perché cresca la consapevolezza della necessità di cambiare direzione di marcia.
Facciamo sentire la nostra voce, il nostro disappunto e le nostre proposte, e prepariamoci ad una grande vertenza, che sarà lunga e difficile, ma indispensabile se vogliamo costruire un futuro diverso.
Coordinamento ravennate “Per il Clima – Fuori dal Fossile”
“Rete Emergenza Climatica e Ambientale” dell’ Emilia Romagna
Scrivo velocemente un commento, anche se l’argomento meritterebbe più riflessione.
Ravenna e il suo territorio sono oggetto di un’attenzione che non meriterebbe. Oltre ai rigassificatori, non dimentichiamo i progetti di stoccaggio e cattura della CO2, alquanto controversi e il recente sblocco della autorizzazione per “raschiare il fondo del barile” di un Adriatico che, contrariamente alla vulgata comune, pare non essere proprio ricchissimo di gas metano. Le trivellazioni potrebbero provocare un’accellerazione del fenomeno della subsidenza, e altri rischi. Mentre la cattura di CO2 comporterebbe scenari potenzialmente inediti.
Ma la cosa più importante è l’allontanamento dalla produzione di energia pulita. Invece di far pagare Eni e le altre aziende inquinatrici per i danni alla salute e non solo, causati dalla loro attività estrattiva e investire in maniera convinta su eolico e fotovoltaico, si preferisce fare autostrade di agevolazioni ai produttori di fossile.
Tutta questa cultura estrattivista determinerà nel lungo periodo perdita di posti di lavoro, che una rapida transizione invece potrebbe portare in aumento.
Infine, indagini recenti hanno determinato come la cultura ambientale in città sia sotto la media, Ravenna è una città mediamente più inquinata di altre in regione anche per i comportamenti di ogni cittadino. Insomma, la cultura estrattivista è ben radicata anche nei comportamenti individuali.