Uruguay: cartellino rosso ai repressori
La storia del gruppo di tifosi del Peñarol “Hinchas con Memoria” che ha lanciato la campagna “Un gol contra la impunidad” per chiedere l’espulsione dei torturatori della dittatura militare Manuel Cordero e José Gavazzo dall’assemblea dei soci del club.
di David Lifodi
Tra i soci del club Atlético Peñarol di Montevideo, una delle squadre più titolate dell’Uruguay e dell’intera America latina (il nome deriva dal quartiere della capitale, il cui toponimo trae origine dall’italiana Pinerolo), vi sono due torturatori della dittatura militare che, dal 1973 al 1985, prese il potere nel paese sudamericano. Si tratta di Manuel Cordero e José Gavazzo, condannati per i delitti commessi nell’ambito del Plan Cóndor.
La denuncia, riportata dal sito web Sudestada, arriva dal gruppo di tifosi “Hinchas con Memoria”, che intende adoperarsi affinché i repressori del regime militare non possano né far parte delle istituzioni sportive dell’Uruguay né essere membri, sotto qualsiasi forma, di club appartenenti a tutte le discipline sportive.
Attualmente Cordero sta scontando la sua condanna nel carcere Domingo Arena di Montevideo mentre Gavazzo si trova nell’Hospital Militar.
Quest’ultimo, tra le altre cose, è responsabile di aver provocato la desaparición di Alberto Mechoso, militante della Federación Anarquista Uruguaya e dell’Organización Popular Revolucionaria 33 Orientales, sindacalista della Federación de Obreros de la Industria de la Carne y de la Convención Nacional de los Trabajadores e, dal suo arrivo in Argentina, attivista del Partido por la Victoria del Pueblo. L’uomo fu inghiottito dal centro di detenzione clandestina e torture Automotores Orletti di Buenos Aires, dove arrivò il 26 settembre 1976 a seguito del suo arresto. Suo nipote, l’attaccante di 21 anni Ezequiel Mechoso, ha esordito in prima squadra lo scorso 21 marzo proprio con la maglia del Peñarol, che indossa fin dalle giovanili. Solo nel 2012, grazie all’allora presidente José “Pepe” Mújica, i resti di Alberto furono restituiti alla famiglia nel corso di una toccante cerimonia.
Gavazzo è stato condannato per aver commesso 28 omicidi. La campagna promossa da “Hinchas con memoria”, all’insegna dello slogan “Un gol contra la impunidad” ha come portavoce Ignacio Couto, tifoso e socio del Peñarol che già nel 2018 aveva partecipato ad una campagna simile condotta all’epoca contro Miguel Zuluaga, capo della sicurezza della Celeste, la nazionale uruguayana, fin dal 2000. Contro Zuluaga, anch’esso un repressore, si erano schierate una trentina di organizzazioni sociali e l’uomo, a due mesi dai mondiali di calcio del 2018, era stato costretto ad abbandonare l’incarico che ricopriva da quasi 20 anni.
L’ Asociación Uruguaya de Fútbol ricevette una lettera di condanna contro la presenza di Zuluaga all’interno della Celeste e la campagna “Hagámosle un gol a la impunidad, fuera Zuluaga de nuestra Selección” vide l’adesione, tra gli altri, delle Madres y Familiares de Uruguayos Detenidos Desaparecidos, di Rebeldía Organizada, dell’Asociación de ex Detenidos Desaparecidos, della Fundación Mario Benedetti e della Federación de Estudiantes Universitarios del Uruguay. Tutti concordarono nel denunciare Zuluaga come torturatore e uomo della Dirección Nacional de Información e Inteligencia, l’intelligence militare.
Quanto a Manuel Cordero, nel 2016 fu condannato a 25 anni di carcere in Argentina per responsabilità dirette nella sparizione di undici persone arrestate nell’ambito del Plan Cóndor: Washington Cram González, Alberto Cecilio Mechoso Méndez, León Gualberto Duarte Luján, Ruben Prieto González, Ary Cabrera Prates, Adalberto Soba Fernández, José Hugo Méndez Donadío, Francisco Edgardo Candia Correa, María Emilia Islas Gatti de Zaffaroni, Jorge Roberto Zaffaroni Castilla e María Claudia García Irureta Goyena de Gelman.
L’uomo era riuscito, fino ad allora, a fuggire dalla giustizia uruguayana e si era rifugiato in Brasile, che però decise di estradarlo in Argentina.
“Un gol contra la impunidad”, a cui hanno aderito, tra gli altri, i Familiares de Detenidos y Desaparecidos, proseguirà indipendentemente dalla posizione che assumerà il presidente del club Ignacio Ruglio, garantisce Ignacio Couto, spiegando a Sudestada le due strade individuate per cacciare i repressori che sono soci del Peñarol. La prima consiste in una risoluzione da parte della Commissione direttiva e la seconda riguarda invece la possibilità di una risoluzione della maggioranza dell’assemblea dei soci (la metà più uno). La richiesta di “Hinchas con memoria” è che l’espulsione dei due torturatori venga inserita all’ordine del giorno della prossima assemblea dei soci del Peñarol.
Tra coloro che hanno appoggiato con entusiasmo la campagna “Un gol contra la impunidad” vi è anche il Club Unión Barrio Artigas, di cui il regime militare uruguayano aveva cancellato l’affiliazione all’Asociación Uruguaya de Fútbol il 20 dicembre 1976 tramite il presidente de facto Aparicio Méndez condannando la squadra di calcio alla sparizione.
L’escrache sportivo promosso dagli “Hinchas con Memoria”, se avrà successo e porterà all’espulsione di Manuel Cordero e José Gavazzo dai soci del Peñarol, potrebbe rappresentare un importante precedente non solo verso l’eventuale presenza di altri repressori nei club calcistici sudamericani, ma anche nei confronti di personaggi come l’ex presidente argentino Mauricio Macri, che hanno utilizzato il calcio, nel suo caso il Boca Juniors (di cui è stato il patron dal 1995 al 2012), per costruire carriere politiche con l’appoggio dei peggiori nostalgici del Plan Cóndor.
NOTA:
In Bottega ci siamo occupati più volte dei legami tra sport, diritti umani e repressione in America latina.
Qui potete trovare alcuni degli articoli pubblicati:
https://www.labottegadelbarbieri.org/argentina-i-desaparecidos-del-racing-avellaneda/
https://www.labottegadelbarbieri.org/uruguay-le-gradinate-antirazziste-di-montevideo/
https://www.labottegadelbarbieri.org/ricordo-della-bella-gioventu-argentina/
Da un post sulla pagina facebook di Sport popolare: «Un paio di giorni fa, all’ospedale militare di Montevideo moriva José Nino Gavazzo, probabilmente il più tristemente famoso tra i torturatori del regime uruguayano che spesso e volentieri attraversava il confine per andare in Argentina a sequestrare arbitrariamente i militanti dei movimenti rivoluzionari che vi avevano riparato in esilio. Ieri prima del match tra Penarol e Villa Espanola (terminato in parità con una rete per parte) i calciatori della squadra ospite hanno esposto uno striscione con scritto “Non dimenticare, non perdonare” e il loro attaccante, Santiago Lopez ha indossato una maglietta con su scritto “Te ne sei andato senza parlare, codardo!”»