Uruguay: condannati due repressori della dittatura
Nel 1976 i militari Nelson Coitinho e Hugo Garciacelay provocarono la morte del militante comunista Julián Basilio López, arrestato e sottoposto ad atroci torture.
di David Lifodi
Foto: infobae
Due militari uruguayani in pensione, Nelson Coitinho e Hugo Garciacelay, sono stati condannati, all’inizio di agosto, per aver ucciso nel 1976 il militante comunista Julián Basilio López, dopo un anno di detenzione nelle mani delle forze armate. L’accusa, nei confronti dei due uomini, è stata quella di omicidio aggravato. Julián Basilio López, tassista di 66 anni, morì a seguito delle torture subite da parte da parte di Coitinho e Garciacelay nell’ambito della cosiddetta Operación Morgan, una sorta di Plan Condor messo a punto dalla dittatura militare uruguayana allo scopi di tenere sotto controllo e arrestare esponenti del Partito comunista dell’Uruguay (PCU) e del Partido por la Victoria del Pueblo (PVP).
Julián Basilio López fu arrestato il 31 dicembre 1975 e condotto al Batallón de Artillería N°1, ubicato nel quartiere La Paloma di Montevideo, dove fu interrogato e sottoposto a tortura, da parte del capitano Coitinho e dell’ufficiale Garciacelay insieme a Carlos Walter Casco Panzardo, già deceduto. Utilizzando una scusa anche poco originale, in un primo tempo i tre cercarono di far passare la morte di Julián Basilio López come dovuta ad una caduta accidentale da una scala e poi come un presunto suicidio. Fu soltanto grazie ad una perizia medica universitaria che il caso fu riaperto poiché venne dimostrato che il decesso del militante del Pcu era stato causato dalle percosse ricevute che certificavano una morte violenta dell’uomo. È in questo contesto che la magistratura ha dedotto che la morte di Julián Basilio López fosse avvenuta in carcere a seguito dei molteplici traumi sofferti dalla vittima e che Coitinho era responsabile di omicidio aggravato e Garciacelay coautore dell’omicidio.
L’Operación Morgan, estesa anche all’Argentina, fu caratterizzata da varie ondate repressive dall’ottobre 1975 al giugno 1976, da maggio a settembre 1977, da febbraio a marzo 1979, dalla fine del 1981 agli inizi del 1982 e nel giugno 1983, quando migliaia di cittadini uruguayani vennero messi sotto controllo e vi furono 23 desaparecidos, 16 morti a seguito di torture e 6 decessi avvenuti in carcere.
Il tribunale che ha condannato Nelson Coitinho e Hugo Garciacelay ha evidenziato il coinvolgimento dei massimi vertici militari nell’“Operación Morgan” e che nel 1976 dettero vita all’Ocoa, l’ Órgano Coordinador de Operaciones Antisubversivas agli ordini dell’esercito uruguayano e che rispondeva alle direttive del generale Esteban Cristi e del colonnello Julio César González Arrondo.
Tra I centri di detenzione clandestini controllati dall’esercito ed utilizzati per incarcerare I militanti di sinistra vi erano “El Infierno Grande”, “Infierno Chico”, ma anche l’abitazione conosciuta come il “Cárcel del pueblo” perché utilizzata, fino al 1972, come luogo di reclusione degli ostaggi da parte dei guerriglieri tupamaros. I repressori agivano sotto il nome di “Óscar” accompagnato da un numero per non farsi riconoscere. Tra le forze repressive dello Stato maggiormente attive vi furono la Dirección Nacional de Información e Inteligencia e il Cuerpo de Fusileros Navales (Fusna), alle dipendenze del Comando General de la Armada.
La condanna di Nelson Coitinho e Hugo Garciacelay rappresenta quindi un atto di giustizia per le migliaia di uomini, donne e giovani (anche minori di età) sottoposti sia alle torture sia ai controlli del regime militare nei luoghi di lavoro, nelle scuole, nelle università, nei centri culturali, nei gruppi del cattolicesimo progressista e in tutte le organizzazioni sociali contrarie al regime militare che fu padrone dell’Uruguay tra il 1973 e il 1985.