Usa, l’inquinamento penalizza le comunità di colore
redazione Diogene*
Un nuovo studio, sottoposto a varie revisioni scientifiche, offre una dettagliata analisi dei rischi associati al sostegno del presidente Biden all’aumento della produzione e delle esportazioni di combustibili fossili.
Nonostante le promesse fatte durante la campagna elettorale di ridurre l’utilizzo di tali combustibili, Biden ha approvato progetti di estrazione massicci e ha consentito un aumento delle esportazioni di petrolio greggio e gas naturale liquefatto.
Questa decisione si verifica in un contesto in cui si sono verificati attacchi alla giustizia ambientale nel Congresso, compresi i recenti passi indietro alla legge NEPA (National Environmental Policy Act) nel Fiscal Responsibility Act, e la Corte Suprema ha ridotto l’efficacia del Clean Water Act.
Lo studio, intitolato “Il razzismo dei combustibili fossili negli Stati Uniti: come la progressiva eliminazione di carbone, petrolio e gas può proteggere le comunità”, mette in evidenza il fatto che i combustibili fossili causano danni ingiusti e inequamente distribuiti alla salute delle comunità nere, brune, indigene e povere.
Il rapporto identifica i danni alla salute pubblica e gli impatti sproporzionati che si verificano in tutte le fasi del ciclo di vita del carbone, del petrolio e del gas: dall’estrazione, alla lavorazione, al trasporto, fino alla combustione.
Gli esperti coinvolti nello studio, provenienti da Greenpeace USA, Salem State University e Taproot Earth, si sono basati su oltre 200 studi accademici che evidenziano un modello costante: l’inquinamento derivante dai combustibili fossili è associato ad asma, complicazioni durante la nascita, cancro, malattie respiratorie, problemi cardiaci e mortalità prematura.
Le comunità nere, brune, indigene e povere subiscono in misura maggiore questi danni. Queste stesse comunità sono anche le più colpite dagli impatti della crisi climatica.
Inoltre, lo studio sottolinea che le politiche che si concentrano esclusivamente sulla riduzione delle emissioni di gas serra, senza affrontare l’uso dei combustibili fossili, potrebbero non riuscire a ridurre l’inquinamento locale dell’aria e dell’acqua, nonché a mitigare i danni alla salute pubblica. Al contrario, potrebbero perpetuare gli impatti razzialmente iniqui dell’economia dei combustibili fossili.
Le popolazioni nere, asiatiche, ispaniche o latine e a basso reddito sono già gravemente esposte agli inquinanti atmosferici che danneggiano il sistema respiratorio noto come PM2.5, un modello che si verifica in quasi tutte le fonti di emissione. Politiche climatiche mal progettate potrebbero concentrare questo inquinamento nei punti critici delle comunità, anche se le emissioni totali di carbonio diminuiscono.
Il dottor Tim Donaghy, responsabile della ricerca presso Greenpeace USA e coautore del rapporto, ha dichiarato: “I combustibili fossili danneggiano sia il clima che la nostra salute e devono essere gradualmente eliminati il più rapidamente possibile. Tuttavia, se le nostre politiche climatiche si concentrano esclusivamente sulla riduzione delle emissioni di carbonio, stiamo perdendo un’opportunità per migliorare in modo significativo la salute nelle comunità colpite.
Le politiche che si concentrano solo sul carbonio, promosse dall’industria petrolifera e del gas, non risolveranno il problema del razzismo associato ai combustibili fossili e potrebbero addirittura peggiorarlo per le comunità che già subiscono il maggior impatto dell’inquinamento industriale. Un approccio più efficace consiste nel focalizzarsi sulla radice del problema, ovvero l’uso stesso dei combustibili fossili, che è la causa principale sia del cambiamento climatico che dell’inquinamento. I responsabili politici dovrebbero quindi agire esplicitamente per mitigare l’inquinamento dell’aria e dell’acqua, promuovere la giustizia ambientale e coinvolgere in modo significativo le comunità storicamente marginalizzate nella definizione e nell’attuazione delle politiche sul clima.
Noel Healy, professore di geografia e sostenibilità presso la Salem State University e coautore del rapporto, ha sottolineato che è allarmante constatare come Biden stia approvando nuove operazioni di trivellazione a un ritmo più accelerato rispetto all’amministrazione Trump. Ciò include l’approvazione di progetti come l’Alaska Willow e il LNG Alaska Project, comunemente noti come “bombe al carbonio”, e di recente la violazione di una promessa climatica fondamentale da parte del G7 attraverso il finanziamento di una raffineria di petrolio in Indonesia. La continua approvazione di licenze per l’estrazione di combustibili fossili dannosi rappresenta una catastrofe climatica e un fallimento per la salute pubblica.
Lo studio evidenzia come il razzismo sistemico consenta all’industria dei combustibili fossili di evitare di sostenere il vero costo del proprio inquinamento, trasferendo tale responsabilità sulle comunità di colore. Il concetto di “razzismo dei combustibili fossili” viene identificato come una forma specifica di razzismo ambientale che si manifesta attraverso gli effetti sproporzionati e razzializzati del cambiamento climatico, dell’estrazione, del trasporto, della lavorazione e del consumo di combustibili fossili sulle popolazioni nere, brune, indigene e povere.