(Valdi) Tara, un ministro pericoloso
disegno di Nicocomix
a partire dalla circolare della preside Annalisa Savino, e dalla (fascistissima?) risposta di (Valdi) Tara, alcune considerazioni di Alessandro Ghebreigziabiher, Luca Casarotti, Tomaso Montanari
Lettera della preside di Firenze, il testo integrale della circolare contestata dal ministro G. Valditara
Ci limitiamo a riportare, senza commentare, la circolare contestata:
Cari studenti, in merito a quanto accaduto lo scorso sabato davanti al Liceo Michelangiolo di Firenze, al dibattito, alle reazioni e alle omesse reazioni, ritengo che ognuno di voi abbia già una sua opinione, riflettuta e immaginata da sé, considerato che l’episodio coinvolge vostri coetanei e si è svolto davanti a una scuola superiore, come lo è la vostra. Non vi tedio dunque, ma mi preme ricordarvi solo due cose.
Il fascismo in Italia non è nato con le grandi adunate da migliaia di persone. È nato ai bordi di un marciapiede qualunque, con la vittima di un pestaggio per motivi politici che è stata lasciata a sé stessa da passanti indifferenti. ‘Odio gli indifferenti’ – diceva un grande italiano, Antonio Gramsci, che i fascisti chiusero in un carcere fino alla morte, impauriti come conigli dalla forza delle sue idee.
Inoltre, siate consapevoli che è in momenti come questi che, nella storia, i totalitarismi hanno preso piede e fondato le loro fortune, rovinando quelle di intere generazioni. Nei periodi di incertezza, di sfiducia collettiva nelle istituzioni, di sguardo ripiegato dentro al proprio recinto, abbiamo tutti bisogno di avere fiducia nel futuro e di aprirci al mondo, condannando sempre la violenza e la prepotenza. Chi decanta il valore delle frontiere, chi onora il sangue degli avi in contrapposizione ai diversi, continuando ad alzare muri, va lasciato solo, chiamato con il suo nome, combattuto con le idee e con la cultura. Senza illudersi che questo disgustoso rigurgito passi da sé. Lo pensavano anche tanti italiani per bene cento anni fa ma non è andata così”.
Apologia dell’antifascismo è reato – Alessandro Ghebreigziabiher
Vorrei anticipare cosa ci aspetta tra un paio di mesi, tra il 25 aprile, il primo maggio e il 2 giugno.
Qui da noi è soprattutto nel momento delle celebrazioni che ci ricordiamo di cosa ci unisce o dovrebbe farlo, mentre il più delle volte ci divide.
È roba preziosa quanto sottovalutata, bistrattata e manipolata sino a capovolgerla.
Alcuni la chiamano memoria, altri Storia, anche se raccontata sovente con la esse iniziale vittoriosa, più che autorevole, ma in esse vi sono pagine di volumi che dovrebbero essere sempre aperti, consultabili ovunque da tutti.
Uno a caso, anzi no, è la nostra Costituzione, probabilmente il testo che in Italia più di tutti è stato messo in pratica all’inverso.
Potrei approfittare di nuovo del c’era una volta, ma immaginate se un numero significativo di persone passasse col rosso, andando senza problemi contro mano, parcheggiando sul marciapiede, ecc., insomma applicando all’opposto ogni norma del traffico. Voi mi direte: ma accade già, c’è un sacco di gente che da noi guida così.
Certo, ricordo un geniale video di Bruno Bozzetto a riguardo, ma va anche detto che spesso tali infrazioni vengono punite con una multa. Esistono vigili urbani e anche telecamere, vivaddio, che non trovano di certo il favore dei più, ma sono lì, vi è un deterrente che in qualche modo fa sì che chi viola la legge può essere sanzionato.
Per quanto riguarda principi fondamentali come quelli elencati dalla nostrana Costituzione, invece, non solo vengono disattesi, ma la paradossale realtà in cui viviamo ci dimostra ancora oggi che ciò che viene additato come una sorta di reato è esattamente il principio stesso.
A riprova di ciò, gli esempi sono incalcolabili da quando la suddetta è stata scritta e resa pubblica, ma mi limito a citare il recente caso del pestaggio all’esterno del liceo Michelangiolo a Firenze.
In particolare, vorrei soffermarmi sulla replica alla lodevole, a mio avviso, lettera della preside Annalisa Savino, pronunciata dall’attuale Ministro dell’istruzione e del merito, Giuseppe Valditara: “È una lettera del tutto impropria, mi è dispiaciuto leggerla, non compete a una preside lanciare messaggi di questo tipo e il contenuto non ha nulla a che vedere con la realtà: in Italia non c’è alcuna deriva violenta e autoritaria, non c’è alcun pericolo fascista, difendere le frontiere non ha nulla a che vedere con il nazismo. Sono iniziative strumentali che esprimono una politicizzazione che auspico che non abbia più posto nelle scuole; se l’atteggiamento dovesse persistere vedremo se sarà necessario prendere misure”.
Eppure la breve missiva della preside non fa altro che rimarcare l’importanza di un elemento centrale nella nostra Costituzione, producendosi in ciò che possiamo tranquillamente definire un’apologia dell’antifascismo.
Ovvero, un discorso a difesa ed esaltazione di qualcosa che – ripeto, secondo la Costituzione – dovrebbe far parte in modo imprescindibile della cultura di ogni cittadino di questa nazione, soprattutto di quelli più giovani: essere antifascisti.
Tutto questo oggi, come spesso ieri e ieri l’altro, nei fatti viene ormai trattato alla stregua di un reato, invece che il contrario.
Non spetta ai presidi, e quindi ai professori dare “messaggi di questo tipo”, perché altrimenti sarebbe “un’iniziativa strumentale” che esprime una “politicizzazione che non deve aver posto nelle scuole”. Nel caso verranno “prese misure”.
Lo stesso accade da tempo in ogni ambito, in televisione e in rete, così come su molti tra i giornali della carta stampata e online, per non parlare del parlamento stesso.
Ma se convinci un’intera nazione che l’apologia dell’antifascismo è considerato un reato, come fai a dimostrare che è vero esattamente il contrario?
Lettera a un Ministro – Luca Casarotti
Chiarissimo Professore, Signor Ministro Valditara,
Ella avrà certo letto la mia precedente del novembre scorso. Con le medesime umiltà, osservanza e deferenza, nuovamente mi rivolgo a Lei, felice di aver trovato nel suo giudizio sul pestaggio fascista di Firenze una conferma di quanto scrivevo in detta missiva. Sostenevo, lo ricorderà, che Ella avesse in odio non solo l’idea comunista, ma anche – e forse soprattutto – quella rivoluzionaria. Mi devo però scusare con Lei, perché ho approssimato per difetto. Non avevo infatti considerato, insisto nel domandarLe venia, che avesse in spregio persino l’antifascismo. Non che ciò sorprenda, almeno se s’intende l’antifascismo per quello che è realmente: ossia un progetto di cambiamento dello stato delle cose, quindi un impulso rivoluzionario e non una maschera vuota da indossare con un certo fastidio nelle feste comandate. Con ferreo sillogismo e invidiabile coerenza, Ella disdegna perciò l’antifascismo come la rivoluzione. E non è forse vero che ancor più lo disdegna, in quanto l’identifica con il comunismo, come usa presso la parte politica che Ella illustra con la sua scienza? Recitando la formula che anch’Ella ha imparato al primo anno di Giurisprudenza, e che poi ha tante volte ripetuto nella sua folgorante carriera di giusromanista prestato alla politica: id postulo aias an neges, le chiedo se lo afferma o lo nega.
Essendo Ella il mio unico lettore, poiché questa è una lettera privata e non una rubrica di Jacobin Italia, non c’è bisogno che rammenti i fatti per cui Le scrivo. Non dirò, del resto è già stato detto, che Ella ha ostinatamente taciuto sul franco confronto democratico che c’è stato sabato mattina davanti al liceo Michelangiolo di Firenze: «dialettica veloce», la chiama un tale che conosco. Ma dopo l’ennesimo episodio di raccapricciante violenza, la lettera di una preside in solidarietà agli antifascisti pestati (pardon: usciti soccombenti dal franco confronto democratico), Ella non ha più potuto restare in silenzio. A fronte di un gesto tanto sconsiderato, intendo la lettera, non certo le mazzate velocemente dialettiche di quelli di Azione studentesca, che sono invece la sana espressione dell’atletico vitalismo tipico della gioventù italiana, Ella ha irrogato l’inevitabile condanna: punienda è la dirigente scolastica che parla d’antifascismo! Due volte punienda, l’insubordinata, poiché s’è addirittura permessa di citare il Gramsci, così mostrando di non aver a sufficienza ponderato l’anticomunismo di cui all’epistola da Lei largita al principio del suo tribunato.
Veda, Signor Ministro, mercoledì sera ho avuto la ventura di presiedere una conferenza in una sala comunale della mia città. A sentirla c’era uno che, venendo invece dalla città che fu quella del fondatore del pensiero di destra italiano, mi ha detto di conoscere uno per uno i liceali pestati. Senza alcun dubbio si penserebbe male se si dicesse che anch’Ella ha qualche conoscenza in questa faccenda di giovani atletici e presidi esecrande: ad esempio quel Donzelli Giovanni, il Donzelli dalla lingua sciolta (non il fratello accusato di bancarotta), che è emerso dalle file della stessa organizzazione a cui appartengono i sei atleti che hanno avuto ragione dei due comunisti: «venti a uno è la tua forza…», dice il verso che non si insegna al primo anno di Giurisprudenza. Si penserebbe male, dicevo: e ancor peggio si penserebbe se si dicesse che c’è un nesso tra questa contiguità d’area e il suo lungo silenzio, che per nostra fortuna l’inconsulta iniziativa della Dirigente Annalisa Savino l’ha determinata a rompere.
Ironia della sorte, la conferenza di cui le scrivevo, Chiarissimo Professore, s’intitolava così: «il Msi partito della destra democratica e altre favole contemporanee». Cosa vuole farci: il tema era nell’aria, da molto prima di sabato scorso. È un peccato che Ella non abbia potuto assistervi. Con questo non voglio ovviamente dire che sarebbe stata per lei un’occasione d’apprendimento. So benissimo che Ella conosce i due libretti recenti, Sull’uso pubblico della storia e L’Anima nera d’Europa, scritti da uno dei relatori della conferenza, lo storico Davide Conti. Sono libri molto agili, si leggono in un batter d’occhio. Più o meno come il suo sull’immigrazione a Roma, perfetto saggio di uso pubblico (o meglio propagandistico) della storia romana, strumento brandito tra gli altri nella battaglia d’estrema destra contro l’immigrazione.
So altrettanto bene che dei libri di Conti Ella condivide appieno anche i contenuti: dice Conti che l’antifascismo, nato dall’urto con la dottrina totalitaria dello stato fascista, si è fatto a sua volta teoria dello stato, processo costituente di uno stato altro, e che in questa dimensione valoriale, assiologica, mantiene un’attualità che oltrepassa la sua genesi storica.
Di tutto ciò Ella è perfettamente consapevole. Il fatto che dagli schermi di Canale 5 abbia scomunicato la Preside vel dirigente scolastica che ha richiamato il fondamento assiologico del sistema educativo italiano, e cioè il paradigma antifascista, è quindi da imputarsi a una sua momentanea perdita di lucidità: non, sicuramente, al tentativo di negare ulteriore agibilità al paradigma antifascista da parte del titolare di un ministero che, in quanto ministero della Repubblica italiana, sta nel perimetro della legalità costituzionale che ne consente l’esistenza solo se accetta quel paradigma. Lo accetta sostanzialmente; non solo formalmente, come in un nicodemismo della democrazia antifascista.
Mercoledì mattina, Radio Popolare ha mandato in onda qualche intervista presa al grande corteo in solidarietà agli studenti aggrediti che il giorno prima ha attraversato Firenze. Una signora ha detto più o meno così: «io ho 76 anni. Ho manifestato per la prima volta contro la guerra del Vietnam: sono cinquant’anni che vado alle manifestazioni, e questi giovani sono esattamente com’ero io».
Chiarissimo Professore, Signor Ministro Valditara, Ella sogghignerà: «voi potete manifestare quanto volete», dirà, «tanto al potere ci siamo noi». Ma il potere è transeunte, Ella m’insegna: come la gloria mundi. E la tenacia dell’antifascismo, ben esemplificata dalla manifestante fiorentina con cinquan’tanni di piazze davanti a sé, ha nella storia la sua prova. A Lei va dato atto che, con le sue epistole law and order e i suoi procedimenti disciplinari a mezzo Mediaset, ci dà molteplici occasioni di dimostrarglielo.
La Carta è antifascista, ma Valditara la ignora – Tomaso Montanari
Non il pestaggio squadrista degli studenti del Liceo Michelangiolo di Firenze per mano di militanti di Azione Studentesca (organizzazione di Fratelli d’Italia). Non il comportamento della dirigente dello stesso Liceo, che non ha avvertito né la famiglia del ragazzo colpito né chiamato i sanitari (perché il fatto era avvenuto “fuori dalla scuola”!). Non i tentativi politici di falsificare l’evidenza (per fortuna certificata dai video, e confermata dalla Digos) nascondendo un’aggressione a freddo dietro una inesistente “rissa” tra opposti estremismi.
No: a svegliare l’indecente ministro dell’Istruzione e del merito del governo Meloni è stata una circolare della dirigente del liceo Leonardo da Vinci di Firenze. Lo sdegno di Giuseppe Valditara si è tradotto in queste incredibili parole: “Non compete a una preside lanciare messaggi di questo tipo e il contenuto non ha nulla a che vedere con la realtà: in Italia non c’è alcuna deriva violenta e autoritaria, non c’è alcun pericolo fascista, difendere le frontiere non ha nulla a che vedere con il nazismo. Sono iniziative strumentali che esprimono una politicizzazione che auspico che non abbia più posto nelle scuole; se l’atteggiamento dovesse persistere vedremo se sarà necessario prendere misure”.
Non si sa da dove cominciare. La dirigente aveva ricordato che il fascismo “è nato ai bordi di un marciapiede qualunque, con la vittima di un pestaggio per motivi politici che è stata lasciata a se stessa da passanti indifferenti”. E che “chi decanta il valore delle frontiere, chi onora il sangue degli avi in contrapposizione ai diversi, continuando ad alzare muri, va lasciato solo, chiamato con il suo nome, combattuto con le idee e con la cultura”. Non stupirà, dunque, che a condividere lo sdegno del ministro sia stata CasaPound, che col suo Blocco Studentesco ha ieri issato uno striscione sulla scuola della dirigente antifascista in cui si legge: “Non ci fermerà una circolare, studenti liberi di lottare”. Una rivendicazione esplicita di adesione al fascismo. E infatti la preside Annalisa Savino non aveva fatto altro che il suo dovere di dirigente di una scuola di una Repubblica fondata su una Costituzione che è esplicitamente antifascista non solo per la (inattuata) disposizione finale contro la rifondazione di un partito fascista, ma per la sua intera ispirazione. Quanto al nesso genetico tra frontiere e fascismo conviene non dimenticare Primo Levi: “A molti, individui o popoli, può accadere di ritenere, più o meno inconsapevolmente, che ‘ogni straniero è nemico’. Per lo più questa convinzione giace in fondo agli animi come una infezione latente; si manifesta solo in atti saltuari e incoordinati, e non sta all’origine di un sistema di pensiero. Ma quando questo avviene… allora, al temine della catena, sta il lager”. Dire questo non è “fare politica”, ma ribadire la scelta di campo collettiva che il popolo italiano ha irreversibilmente fatto con la Costituzione del 1948. La politica comincia dopo, e l’educazione civica nelle scuole non è altro che educazione all’antifascismo costituzionale.
Invece, davvero il ministro di un governo imperniato su una forza politica di dichiarata (fin dallo stemma) matrice fascista intende sanzionare come una colpa l’antifascismo? Che farà allora con il dirigente del Duca d’Aosta di Firenze (che ha scritto in una analoga circolare che “l’episodio non può essere rubricato come ‘rissa’. La sua matrice è evidente e non dobbiamo avere timori a catalogarla come vera e propria ‘azione squadristica’ tipica della malapianta del fascismo che è dura a morire e si ripropone come funesto rigurgito anche nel XXI secolo… che nella Repubblica Italiana per Costituzione non può avere assolutamente diritto a esistere”), e con l’intero collegio dei docenti e tutto il consiglio d’istituto dello stesso Michelangiolo (che ieri hanno pubblicato un bellissimo documento in cui si legge: “Colpire gli studenti di una scuola è infatti colpire tutta la Scuola come luogo di cultura, di confronto, di crescita, di dialogo, come presidio di democrazia e di difesa della nostra Costituzione antifascista. Ci si chiede pertanto, a seguito di questo episodio, come mai sia consentita agibilità politica e disponibilità di spazi cittadini a movimenti e gruppi che si richiamano ancora nella teoria e nella prassi al fascismo”)? Accanto a loro, sono per fortuna centinaia di migliaia le e gli insegnanti e dirigenti che ancora credono nella Costituzione antifascista sulla quale il ministro ha (sper)giurato: vorrà quel ministro sanzionarli tutti, violando l’autonomia di insegnamento e calpestando la Costituzione? E davvero non c’è nessuno – nemmeno al Quirinale – disposto a far capire alla presidente del Consiglio che un simile ministro non è degno di rimanere al suo posto?