Vale do Rio Doce, la peggior multinazionale del pianeta
di David Lifodi
La Companhia Vale do Rio Doce figura ai primissimi posti tra le imprese produttrici di ferro, bauxite, oro e rame, è proprietaria del ricco sottosuolo brasiliano ed elabora continuamente piani per ampliare le reti stradali, ferroviarie e marittime non solo del paese verdeoro e dell’America Latina, ma di tutto il mondo. Un gigante che fa girare l’economia, direbbero i guru del libero mercato. Il presidente di Vale do Rio Doce, Roger Agnelli, una volta si è lasciato scappare questa dichiarazione: “Siamo più piccoli solo della marina americana”.
Ad un impero economico in piena espansione quale è la Vale (come la chiamano familiarmente i brasiliani) corrisponde una lista chilometrica di violazioni di diritti umani, sociali e ambientali: per questo motivo la corporation brasiliana ha ricevuto il poco ambito premio Public Eye Award come la peggior azienda del pianeta. A segnalare i disastri compiuti da Vale ha contribuito in maniera decisiva la rete brasiliana Justiça nos Trilhos (Sui binari della Giustizia) grazie al lavoro del missionario comboniano Dario Bossi. Sorta nel 1942 su iniziativa dell’allora presidente brasiliano Getúlio Vargas, Vale do Rio Doce gestisce quasi novemila chilometri di rete ferroviaria, in particolare i collegamenti tra Carajás (stato del Pará) e São Luiz (capitale del Maranhão), e proprio lungo questo tratto di ferrovia si consuma quotidianamente uno dei tanti abusi della compagnia. Sedici comunità abitano ai margini della Estrada de Ferro, che collega appunto Carajás a São Luiz: circa 6500 famiglie sono costrette a vivere in condizioni pericolosissime ai bordi della ferrovia, che attraversa venticinque municipi tra il Pará ed il Maranhão. Soltanto nel 2011 sono stati registrati quasi tremila incidenti lungo la ferrovia, dovuti all’assenza di meccanismi in grado di mettere in sicurezza villaggi e insediamenti attraversati dai treni: sono assai frequenti casi di morti accidentali, ma preoccupa anche il forte inquinamento dovuto al trasporto del ferro, le cui particelle si diffondono nell’aria provocando problemi di respirazione, oltre all’inquinamento acustico e ambientale. L’impatto dell’Estrada de Ferro non è però l’unico caso in cui la Vale è responsabile per malattie legate all’apparato respiratorio. Su São Luiz e Açailândia, città nel sud del Maranhão, incombe, tra gli altri, il problema dell’estrazione di carbone a cielo aperto, che provoca forti allergie tra gli abitanti del luogo, affetti da tosse ed asma fin da piccoli: a questo proposito i medici hanno registrato casi preoccupanti in buona parte dei bambini di età inferiore ai nove anni. Nonostante multe salate comminate a Vale do Rio Doce da parte delle istituzioni, la compagnia sembra intenzionata a proseguire sulla propria strada, calpestando tutto ciò che incontra sul suo cammino. In Brasile le tasse da pagare sull’estrazione mineraria sono tra le più basse al mondo, eppure Vale si rifiuta di pagare: la compagnia brasiliana deve allo stato oltre quattro bilioni di reais, dovuti ai debiti contratti con il catasto federale. Nel maggio del 2011 un allarmante rapporto curato dalla Federazione Internazionale dei Diritti Umani segnalava, tra gli altri, il devastante impatto dell’estrazione mineraria sull’approvvigionamento idrico, lo stravolgimento di cittadine invase da migliaia di operai per la costruzione di nuove miniere, il disprezzo per i diritti ambientali e sindacali. Su quest’ultimo versante si distingue da tempo la Companhia Sidérurgica do Atlântico (Tkcsa), stretta partecipata della Vale e ramo della transnazionale tedesca Thyssen Krupp, nota in Italia per la strage di Torino del dicembre 2007 in cui persero la vita sette operai. Più volte la Tkcsa è stata accusata di spargimento del ferro e di altri minerali senza alcuna procedura di sicurezza, calpesta continuamente i diritti dei lavoratori e ha utilizzato milizie private per reprimere le proteste dei pescatori artigianali della Bahía de Sepetiba (stato di Rio de Janeiro), da tempo in agitazione per scongiurare l’apertura di una centrale idroelettrica che distruggerebbe l’ecosistema marino circostante e manderebbe in rovina gli stessi pescatori impedendo loro la pesca. All’impatto devastante sul versante marittimo si somma quello sulle fonti d’acqua, strettamente legato alle miniere. Nella regione metropolitana di Belo Horizonte, capitale dello stato di Minas Gerais, la probabile costruzione della miniera Apolo da parte di Vale rischia di contaminare l’acquifero situato nella Serra do Gandarela, che rifornisce d’acqua oltre cinque milioni di abitanti. Inoltre, in diverse regioni e città del Brasile è in crescita il fenomeno legato alla prostituzione infantile. Ha fatto scalpore il caso di Bom Jesus das Selvas, cittadina di ventimila abitanti nello stato del Maranhão invasa da oltre duemila lavoratori assunti per il raddoppio della ferrovia di Carajás dove, in un contesto di miseria e povertà, è notevolmente aumentato il numero di adolescenti che si prostituiscono per pochi reais. I brasiliani però non sono gli unici a dover fare i conti con questa multinazionale mineraria. Con l’acquisizione dell’ impresa canadese di nichel Inco per quasi 19 miliardi di dollari nel 2007, Vale do Rio Doce si è gettata a capofitto sul mercato nordamericano con la stessa arroganza dimostrata in America Latina. Tra il 2009 ed il 2010 le sue politiche antisindacali hanno mobilitato il movimento operaio canadese, che ha dovuto fare i conti con le milizie inviate per reprimere le proteste dei lavoratori, tecnica utilizzata anche da Miski Mayo (Vale do Rio Doce in quechua), sua partecipata peruviana installatasi nella regione andina di Cajamarca. E ancora ci sarebbe da parlare dei disastri compiuti da Vale in Mozambico, dove 760 famiglie sono state cacciate con la forza per far posto da una miniera di carbone, e in tutti i 38 paesi in cui opera la corporation brasiliana.
Un recente reportage della giornalista Tatiana Merlino, scritto per la rivista brasiliana di movimento Caros Amigos, ha raccontato quale potrebbe essere l’impatto ambientale delle prossime grandi opere previste da Vale do Rio Doce, a partire dal treno ad alta velocità che dovrebbe collegare San Paolo a Rio de Janeiro e lo stato del Maranhão alla stessa capitale paulista. Per tutto quanto scritto sopra Vale do Rio Doce ha meritato il titolo di peggior azienda del pianeta, ma se non prevarrà il modello di un’economia solidale difficilmente si affermeranno i principi dell’uguaglianza, della giustizia sociale ed i diritti sindacali, civili e ambientali.