Venezuela: Exxon Mobil dietro alla disputa sull’Esequibo

Il contenzioso tra il paese bolivariano e la Guyana, mai risolto, è ripreso con maggior forza a causa del tentativo statunitense di utilizzarlo come casus belli. La multinazionale petrolifera in pratica decide la politica del paese e utilizza tutti gli strumenti in suo possesso per evitare una risoluzione diplomatica e al tempo stesso scaricare la colpa su Caracas.

di David Lifodi

Uno dei molteplici strumenti utilizzati da Washington per far pressione sul Venezuela bolivariano è quello di sfruttare il contenzioso tra Caracas e la Guyana sulla zona di confine dell’area minerale e forestale dell’Esequibo per creare un eventuale casus belli.

Il Comando Sud degli Stati Uniti”, ha denunciato la vicepresidente venezuelana Delcy Rodríguez, “considera questo spazio geografico come un ottimo territorio per attaccare il paese”. Il Venezuela teme che la Guyana diventi una sorta di base militare Usa, soprattutto a seguito della decisione del presidente Irfaan Ali di indire una gara d’appalto affinché le multinazionali possano operare nei blocchi di petrolio e gas situati nel territorio marittimo dell’Esequibo, informa il sito web lantidiplomatico.it.

Se è vero che si parla di zona contesa dal 1822, all’epoca in cui Simón Bolívar protestava con l’Inghilterra per le invasioni dei coloni britannici in Venezuela attraverso la Guyana britannica, al giorno d’oggi appare evidente come la vicenda rappresenti un cavallo di troia per destabilizzare il paese e minacciarne la sua integrità territoriale, ha evidenziato la Comunidad de Estados Latinoamericanos y Caribeños (Celac).

Gli Usa hanno un doppio interesse: da un lato creare le basi per una nuova provocazione contro Miraflores, dall’altro tutelare i propri interessi economici e quelli delle multinazionali statunitensi e non solo. Dietro alla controversia si cela, non a caso, Exxon Mobil, che impone alla Guyana di non riprendere il negoziato con il Venezuela, tanto da spingere il governo bolivariano a dichiarare l’esecutivo della Guyana come “ostaggio” della stessa multinazionale. In più, da Caracas è forte il timore che la crescente militarizzazione della regione rappresenti un tentativo degli Stati Uniti per tenere ulteriormente sotto controllo il Venezuela.

In particolare, ciò che lascia perplesso il governo bolivariano riguarda il fatto che, nonostante la Guyana si dica disponibile ad una risoluzione pacifica della controversia, fa di tutto per disconoscere l’Accordo di Ginevra del 1966, in cui si asseriva che il conflitto sarebbe stato risolto tramite l’attività diplomatica senza che alcuno dei due paesi estraesse risorse naturali senza il consenso dell’altro.

Inoltre, il Venezuela non riconosce il lodo arbitrale del 1899, che attribuiva l’Esequibo alla Gran Bretagna, perché l’assegnazione era stata decisa dopo la corruzione del giudice da parte degli stessi britannici. Fino ad oggi la disputa si è trascinata con la Guyana che esige dalla Corte Internazionale di giustizia di risolvere la questione venendo incontro, in pratica, ai desiderata di Exxon Mobil, mentre il Venezuela rivendica la proprietà di un territorio ricchissimo che, al pari di altri nel continente latinoamericano, finisce per trasformarsi in una sorta di enclave dove vige la legge delle multinazionali, interessate a petrolio, gas e minerali.

Dietro al conflitto diplomatico, oltre agli Stati Uniti, si nasconde anche l’Inghilterra, anch’essa a sostegno della Guyana. In pratica, la narrativa ufficiale descrive il Venezuela come stato aggressore, nonostante fin dalla presidenza chavista siano state denunciate le concessioni della Guyana a transnazionali energetiche e aerospaziali all’interno dell’Esequibo, detta anche Guayana Esequiba.

Sulla regione si giocano più partite, non solo quella relativa alla destabilizzazione del Venezuela, ma anche il tentativo di creare le premesse per un eventuale conflitto militare, non a caso, nel biennio 2015-2016 il governo bolivariano aveva denunciato la cosiddetta “operación tenazas”, che aveva tra i promotori gli Usa, la Colombia ancora non a guida progressista e la stessa Exxon Mobil, la quale, proprio nel maggio 2015, aveva annunciato la scoperta di riserve petrolifere nel blocco Stabroek dell’Esequibo. All’epoca, il presidente della Guyana era l’ex militare David Granger che, in quegli anni, ebbe un ruolo chiave nelle provocazioni condotte contro il Venezuela. Sempre in quello stesso periodo, la Guyana partecipò alle esercitazioni militari del Comando Sur degli Usa denominate “Tradewinds”.

Negli ultimi anni la situazione non è migliorata. Nel 2021 l’allora comandante del Comando Sur, Craig Faller, strinse accordi in materia di sicurezza energetica regionale con la Guyana allo scopo di mettere all’angolo il governo bolivariano.

Oggi Exxon Mobil decide, di fatto, la politica energetica e petrolifera del paese, non a caso Mision Verdad, il collettivo che cerca di rispondere alla disinformazione creata ad arte sul Venezuela, ha scritto che la Guyana è passata da essere una Repubblica Cooperativa ad una Repubblica Corporativa poiché le sue risorse sono gestite da una multinazionale straniera.

Intanto, il 3 dicembre, si terrà un referendum consultivo sull’Esequibo.

David Lifodi
Sono nato a Siena e la mia vera occupazione è presso l'Università di Siena. Nel mio lavoro "ufficioso" collaboro con il sito internet www.peacelink.it, con il blog La Bottega del Barbieri e ogni tanto pubblico articoli su altri siti e riviste riguardo a diritti umani, sindacalismo, politica e storia dell’America latina, questione indigena e agraria, ecologia.

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