Vera Sílvia Magalhães, professione “guerrigliera”

Nata il 2 febbraio 1948, a soli 20 anni entra nella lotta armata contro la dittatura brasiliana. Conosciuta soprattutto per aver partecipato al sequestro dell’ambasciatore statunitense in Brasile Charles Burke Elbrick e resa invalida a seguito delle torture subite, fu la prima donna a ricevere, nel 2002, un indennizzo da parte dello Stato.

di David Lifodi

 

“La mia professione è la guerrigliera”: rispose così Vera Sílvia Magalhães, ai suoi torturatori, quando fu arrestata, nel marzo 1970, dalla polizia politica del regime militare brasiliano. Nata il 2 febbraio 1948 a Rio de Janeiro, la ragazza era entrata a far parte del gruppo Dissidência Comunista da Guanabara (DI-GB), organizzazione armata nata a seguito di una scissione dal Partito comunista del Brasile a seguito del colpo di stato del 1964 nella città di Niterói, stato di Rio de Janeiro, e attiva soprattutto nelle università e nelle fabbriche.

Vera Sílvia Magalhães fu l’unica donna a far parte del commando che, il 4 settembre 1969, rapì l’ambasciatore statunitense in Brasile Charles Burke Elbrick chiedendone lo scambio con dei prigionieri politici arrestati dai militari. Fin da giovanissima seguiva i discorsi dell’allora presidente João Goulart  e a 20 anni decise di passare alla clandestinità facendo il suo ingresso nella lotta armata. All’epoca la Dissidência Comunista da Guanabara era ancora denominata Movimento rivoluzionario “8 ottobre” (MR-8) ed era dedita, per le necessità di autofinanziamento, ad assalti a banche e supermercati nei quali Vera Sílvia Magalhães indossava sempre una parrucca bionda per non farsi riconoscere, insieme a due pistole calibro 45 da cui non si separava mai, non a caso uno dei suoi nomi di battaglia fu “Loura 90”.

I mesi della detenzione furono durissimi. Arrestata tramite la delazione di una vicina nel quartiere Jacarezinho di Rio de Janeiro insieme ad altri suoi compagni, fu torturata dalla feroce polizia politica del DOI-CODI, i cui metodi sono stati descritti nel dettaglio da Frei Betto nel suo libro “Battesimo di sangue”. Per tre mesi nelle mani dell’esercito e della polizia, i suoi carnefici sperimentarono su di lei finte esecuzioni, sottoposero il suo corpo a bruciature e scosse elettriche, la tennero in isolamento in celle senza riscaldamento ed esercitarono su di lei una costante tortura psicologica. Le violenze subite le procurarono un’emorragia renale che costrinse la polizia a trasferirla all’ospedale centrale dell’Esercito, dove arrivò quasi inferma e con un peso di soli 37 kg. Fu liberata, il 15 giugno 1970, insieme ad un gruppo di altri prigionieri politici, mentre un’altra organizzazione armata conduceva a termine il sequestro dell’ambasciatore tedesco in Brasile Ehrenfried von Holleben.

La donna cambiò spesso paese durante il suo esilio, da Cuba alla Germania fino al Cile, dal quale fuggì a seguito del colpo di stato di Pinochet, Argentina, Francia e infine Svezia, l’unico stato che accettò di garantirle asilo politico. Tornò in Brasile solo nel 1979, quando ancora la dittatura non era terminata, ma la Legge di Amnistia le permetteva di non essere arrestata di nuovo. Resa invalida a seguito delle torture subite, definita a musa da guerrilha carioca, Vera Sílvia Magalhães nel 2002 fu la prima donna a ricevere un indennizzo da parte dello stato brasiliano, che intendeva così scusarsi per averla costretta all’invalidità. Fino al 2007, l’anno in cui morì a seguito di un infarto e dopo aver combattuto, negli ultimi anni della sua vita, contro un linfoma, lavorò nelle favelas di Rio de Janeiro, convinta che i suoi abitanti dovessero conoscere i motivi per i quali la società li considera(va) degli esclusi.

Nel rapimento dell’ambasciatore Usa Charles Burke Elbrick, a cui parteciparono 12 membri della Dissidência Comunista da Guanabara, Vera Sílvia Magalhães svolse un ruolo di copertura durante la cattura. Gran parte dei militanti del gruppo conducevano la cosiddetta “guerra di guerriglia”. Tra loro figuravano João Sebastião Rios de Moura, anch’esso militante di Dissidência, Virgílio Gomes da Silva, tra i comandanti di Ação Libertadora Nacional (fondata da Carlos Marighella) e ucciso nell’ambito della repressiva Operação Bandeirantes, Joaquim Câmara Ferreira, successore di Marighella alla guida dell’Aln e anch’esso arrestato e ucciso a seguito delle torture, Sérgio Rubens de Araújo Torres, uno dei pochi sopravvissuti (adesso direttore del giornale Hora do Povo) insieme al sociologo  Cláudio Torres da Silva.

Dissidência Comunista da Guanabara si era radicalizzato, come la stessa Vera Sílvia Magalhães, dopo la promulgazione, il 13 dicembre 1968, dell’Ato Institucional  Número 5, familiarmente conosciuto come AI-5, da parte dell’allora presidente Artur da Costa e Silva, che aveva sospeso i diritti costituzionali nel paese e istituzionalizzato la tortura. Secondo i dati della Commissâo do Familiares de Mortos e Desaparecidos Políticos no Brasil, tra il 1964 e il 1980 129 persone furono desaparecidas e 195 uccise dalla repressione di stato, il cui periodo di maggior ferocia fu proprio a partire dal sequestro dell’ambasciatore Elbrick.

Chissà cosa avrebbe detto oggi  Vera Sílvia Magalhães di fronte a Bolsonaro e alla sua riabilitazione di torturatori come il colonnello Carlos Alberto Brilhante Ustra?

 

MA COSA SONO LE «SCOR-DATE»? NOTA PER CHI CAPITASSE QUI SOLTANTO ADESSO.

Per «scor-data» qui in “bottega” si intende il rimando a una persona o a un evento che il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna deformano, rammentano “a rovescio” o cancellano; a volte i temi possono essere più leggeri ché ogni tanto sorridere non fa male, anzi. Ovviamente assai diversi gli stili e le scelte per raccontare; a volte post brevi e magari solo un titolo, una citazione, una foto, un disegno. Comunque un gran lavoro. E si può fare meglio, specie se il nostro “collettivo di lavoro” si allargherà. Vi sentite chiamate/i “in causa”? Proprio così, questo è un bando di arruolamento nel nostro disarmato esercituccio. Grazie in anticipo a chi collaborerà, commenterà, linkerà, correggerà i nostri errori sempre possibili, segnalerà qualcun/qualcosa … o anche solo ci leggerà.

La redazione – abbastanza ballerina – della bottega

David Lifodi
Sono nato a Siena e la mia vera occupazione è presso l'Università di Siena. Nel mio lavoro "ufficioso" collaboro con il sito internet www.peacelink.it, con il blog La Bottega del Barbieri e ogni tanto pubblico articoli su altri siti e riviste riguardo a diritti umani, sindacalismo, politica e storia dell’America latina, questione indigena e agraria, ecologia.

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