Vicine di casa, vicine al mondo
di Barbara Bonomi Romagnoli
Trentanni di centro antiviolenza e quindici anni di Festival della Violenza illustrata per cambiare il mondo a partire dalle singole donne. Un bel compleanno per la Casa delle donne di Bologna che in questi decenni «ha visto passare oltre 12mila donne, ognuna di loro con una sua storia, importante, unica, di sofferenza ma anche di felicità per una nuova vita da ricostruire” come racconta Anna Pramstrahler, una delle socie fondatrici della casa e coideatrice del Festival: «siamo riuscite a costruire un centro autonomo e femminista, siamo tutte donne, formate, motivate, con una forte spinta politica a non volere considerare la violenza maschile contro le donne un problema “psicologico” come fanno i servizi istituzionali. È una questione globale, strutturale, una questione di potere tra i generi». E l’anno della pandemia lo ha confermato.
«L’emergenza sanitaria ha colpito in primo luogo le donne, questo ormai è chiaro e lo affermano anche fonti ufficiali: la povertà è aumentata e la cura di figli, anziani etc è tutta in mano alle donne. Gli episodi di violenza, soprattutto nei due mesi di chiusura totale, sono stati resi ancora più drammatici dal fatto che le donne non potevano chiedere aiuto, perché erano controllate 24 ore su 24 – continua Pramstrahler – Ma immediatamente dopo hanno chiesto aiuto ai Centri antiviolenza, anzi per noi i numeri sono notevolmente cresciuti. In più, moltissime delle donne povere, precarie, che hanno perso il lavoro a causa della violenza o della separazione, lavorano proprio nei servizi di cura e sono doppiamente svantaggiate”. Un motivo in più per confermare l’edizione 2020 del Festival anche se in versione completamente online, che sintetizza nel titolo “Vicine di case” una forte pratica femminista: «se la pandemia ci costringe a stare lontane, almeno fisicamente, noi abbiamo detto no. Noi siamo vicine alle donne, stiamo vicine tra noi perché solo così possiamo vincere questo momento difficile. Con “case” intendiamo la Casa delle donne ma anche le case delle altre donne o quelle delle associazioni e reti di donne, la nostra comunità. L’immagine del Festival ci è stata regalata dalla illustratrice Sara Colaone e ci ha fatto quasi ridere: tutte noi, donne, amiche, vicine, allegre, con voglia di fare, di parlare, di condividere. Tutte cose che non possiamo fare, ma nonostante i contatti fisici limitati progettiamo lo stesso un mondo comune con le donne».
Il festival parte da Bologna ma parla all’Italia e al mondo anche aderendo alla campagna Onu #16daysOfActivism, «16 giorni di attivismo contro la violenza di genere». Dal 25 novembre (Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne) al 10 dicembre (Giornata Mondiale dei diritti umani) il programma si svilupperà in 14 eventi on-line fra seminari, dibattiti e presentazioni di libri e due mostre: Uncinetto e mani di donne (Centro Lame, Bologna) dedicata a Nadia Murat (Premio Nobel 2018) e Sogni Vestiti e 100 Scarpe rosse per dire basta alla violenza sulle donne (Centro Nova, Bologna).
Un festival condiviso e reso possibile dalla tenacia di un gruppo di femministe che trent’anni fa non ha avuto paura di toccare con mano la realtà della violenza e che non ha mai mollato, convinte oggi come ieri che «la battaglia per tutte le donne deve continuare, creando alleanze anche con chi tra le donne occupa posti di potere – conclude Pramstrahler -. E la pandemia può essere un’occasione per un grande cambiamento, che deve venire dalle donne».
Tutto il programma su https://festivallaviolenzaillustrata.it/