Vivere senza violenza
di Maria G. Di Rienzo
«Voleva ricucire il rapporto». Così si porta dietro un coltello dalla lama lunga 20 centimetri e “scuce” la moglie a fendenti, in modo definitivo. Ma sull’occhiello dell’articolo sta scritto proprio questo: voleva ricucire il rapporto. E i commenti sotto la versione online sono una delizia: la violenza non ha sesso, le leggi favoriscono le donne, questa è propaganda… No, signori: è un cadavere, di sesso femminile, di nome Giovanna e di anni 27, che segue dopo meno di due giorni un altro cadavere, di sesso femminile, di nome Lisa, di anni 22, lasciando un totale di quattro bambini senza madre e con padre omicida.
Il 95% delle vittime di violenza domestica ha un sesso: femmina. Questa violenza è la causa principale di morte per le donne fra i 15 e i 44 anni: nemmeno il cancro e gli incidenti stradali riescono a batterla. Purtroppo anche la maggioranza assoluta dei perpetratori ha un sesso: maschio. E prima che vi vengano le convulsioni vi dirò questo: io mi situo fra gli/le imbecilli convinti/e che gli esseri umani non entrino in questo mondo, alla nascita, con l’intenzione di ferire o uccidere qualche loro simile. La violenza è un comportamento appreso. La violenza è un comportamento che si può “disapprendere”, abbandonare, rifutare.
Certo, apparentemente non paga. Il vero uomo, il maschio alpha, l’uomo selvatico, ottengono approvazione dai loro simili solo se agiscono da bulli a scuola, da burini per strada, da maniaci sessuali sull’autobus e in ufficio, e da padroni in casa. Tutto intorno a loro la “società” li festeggia, li scusa, li ammansisce, razionalizza i loro atti e spiega che le donne se la sono voluta per un milione e mezzo di motivi. Inoltre sono violente, le donne! C’è la violenza psicologica! Un mio amico ha preso un pugno nell’occhio dalla fidanzata! Il postino ha morso il mio labrador, anzi, adesso che ci penso meglio era una postina!
Nessuno ha mai detto che le donne non possano/vogliano essere violente. Più la violenza è esaltata, più è spacciata come naturale, necessaria, inevitabile, più ci saranno donne spinte in questa direzione. Ma i due soggetti non si situano in una situazione di perfetto bilanciamento e di eguali risorse, ne’ di eguali aspettative sociali. E così per un uomo sarà sempre più facile usare violenza di una donna, perché ha più risorse su cui fare leva (economiche, politiche, sociali); perché la narrazione del pensiero binario (o/o) relativa al maschile e al femminile lo giustifica e legittima nella scelta di usare violenza, mentre assai raramente giustifica e legittima la donna; perché gli hanno insegnato in mille modi che se non lo fa è meno di un uomo, è un effeminato, quindi un debole, un perdente, uno che non ha valore. Gli hanno insegnato anche che le donne sono un buon bersaglio per tutte le sue frustrazioni, la sua rabbia e il suo odio, e che stanno al mondo solo per servirlo (sessualmente in primo luogo) e che se hanno una relazione con lui sono di sua assoluta proprietà e devono comportarsi di conseguenza.
Naturalmente non tutti trangugiano questo quintale di spazzatura senza fare smorfie o senza farsi domande. L’umanità che è in ciascuno/a di noi spesso si ribella in modo spontaneo alle imposizioni sociali e al martellamento mediatico, altrettanto spesso la ribellione conduce a una ricerca di alternative e al consociarsi con altri “dissidenti” ed è per questo che vi sono in tutto il mondo uomini diversi dal modello loro imposto, attivisti di sesso maschile contro la violenza sulle donne, compagni, mariti, amici, fratelli, padri con cui è un piacere vivere, lottare, sognare, creare.
Ciò riconosciuto, bisogna anche riconoscere molto in fretta che la violenza contro le donne in Italia ha raggiunto un livello allarmante e sono necessari passi su scala nazionale per contrastarla. In febbraio andremo a votare. E’ ovvio che non crederò a un parola che possano dire al proposito le starlette del bunga-bunga e i loro datori di lavoro, sarebbe come affidare al Ku-Klux-Klan le politiche sull’immigrazione, ma vorrei tanto, davvero tanto, sentire qualcosa dai/dalle leader della sinistra. Firmare petizioni contro la violenza è un bel gesto, ma per i politici spesso resta tale e serve solo ad alleggerire la coscienza: presentare un programma contro la violenza è un lavoro politico, una promessa che nasce dall’aver riconosciuto, analizzato e definito il problema. Fatemi andare in cabina elettorale con un po’ di speranza e un po’ di entusiasmo, mostratemi che guardate il nostro Paese senza occhiali, onestamente, e appassionatamente. Ditemi che le vite delle donne e degli uomini, delle ragazze e dei ragazzi, delle bambine e dei bambini, vi sono care e che perciò desiderate le vivano senza violenza.
P.S. L’immagine di Amnesty International dice: Una donna su cinque è vittima di violenza domestica. Se non vuoi vederlo, non lo vedrai. E più in basso: La violenza contro le donne non è un diritto dell’uomo.
Grazie per queste analisi severe e serene.