Webmind e le vie dell’inferno
di Clelia Farris
Ho chiesto a Clelia Farris, una scrittrice che stimo molto, se condivideva il mio entusiasmo per «WWW 3» di Robert Sawyer. No, a quanto pare: qui sotto potete leggere le sue riflessioni. E adesso? Che la discussione inizi. Mi candido anche io per un intervento di risposta, già domani. Ricordo a chi passa di qui che su Sawyer e sulla trilogia di WWW in blog ci sono stati vari interventi, miei e non (in particolare di Beppe e Federico). Pregherei le eventuali fanta-tifoserie di prender posto con calma nelle tribune nord e sud. Quanto a spettatori e spettatrici l’importante non è assistere o vincere ma partecipare e leggere il romanzo in questione. Lo dico e ridico pur se Sawyer è un tirchio e mi dà solo un centesimo per ogni copia in più che gli faccio vendere. (db)
Le vie dell’inferno…
… sono lastricate delle intenzioni di Webmind.
Brutto inizio, eh?
Allora, caro Daniele, comincerò col dirti che «WWW 3: la mente» è un romanzo piacevole, che non ti fa sentire analfabeta informatico. Sawyer è riuscito a inserire ogni spiegazione in modo naturale, senza forzature, e senza fare i soliti “pipponi” nei quali l’autore ci mostra quanto ne sa, e sui quali noi lettori sorvoliamo veloci come se nel bel mezzo del romanzo fosse comparso uno spot pubblicitario.
Mi ha fatto ridere la scimmia che “parla” all’ONU. Un po’ prende in giro l’assemblea umana, un po’ sembra voler citare «2001 odissea nello spazio», anche se sono rimasta delusa dal ruolo destinato a Hobo. Nel primo romanzo gli ha dedicato uno spazio tanto ampio, e poi Hobo finisce a fare da appendi-microfono per la “supermente”. Mah.
Mentre procedevo nella lettura l’ottimismo di Webmind – e dell’autore – si sono scontrati col mio senso della complessità umana, tanto che alla fine mi sono trovata sempre più d’accordo con i timori del colonnello Hume. Non è stato bello, per una convinta antimilitarista come me, pensarla come un militare. Purtroppo i capitoli successivi mi hanno dato ragione. Ciò che emerge, a mio parere, è un curioso incrocio tra il Grande Fratello orwelliano e il «Brave New World» di Aldous Huxley.
Fra i due ho sempre trovato più inquietante, più moderno, più azzeccato il secondo. La reiterazione di Webmind «massimizzare la felicità umana» mi fa paura forse più di una sequela di proibizioni e di leggi coercitive della libertà. L’ossessione per la legge e la morale fa del Grande Fratello una sorta di padre supremo, Webmind sembra… una madre suprema. La Grande Mamma che, per il bene dei suoi figlioli cinesi, fa piazza pulita di quegli egoistacci cattivoni del partito comunista, che hanno perso di vista il reale obiettivo del comunismo, la felicità umana.
A questo proposito, la pignoletta che è in me mi ha fatto notare che un cinese non penserebbe mai al “partito comunista”. In Cina vi è un solo partito, non c’è bisogno di sottolineare ogni volta che si tratta di comunisti. O forse Sawyer vuole ricordare ai lettori americani che si tratta di un governo di gente infida e pericolosa? Magari sono io che ci vedo la malizia.
Comunque, nell’eliminazione del partito da parte della Grande Mamma c’è una intromissione nelle faccende umane di dimensioni catastrofiche. Webmind si arroga il diritto di decidere quando e come gli esseri umani devono votare. E no, non credo che in futuro voteremo via web con un semplice click. Se dovesse verificarsi un simile evento, vorrà dire che saremo tornati indietro e il voto sarà faccenda di pochi privilegiati che possiedono una connessione.
La felicità umana è una questione così delicata, fragile, evanescente, che mi sembra impossibile si possa “massimizzarla” come se si trattasse degli utili di una società quotata in borsa. Qualche giorno fa, nel tuo blog, c’era la scor-data che ricordava la figura di Linus Pauling, il quale riteneva ci si dovesse dar da fare per minimizzare il male. Ecco, questo mi piace, questo è umano.
In conclusione, per ambizione Sawyer mi ricorda Asimov, ma quanto a risultati, non mi appassiona. E a momenti mi fa imbufalire. Sfiora il problema della complessità di una mente così vasta (super mente, super problemi?) con il momento della “scissione cinese” e poi lo tralascia con indifferenza, ricoprendo gli aspetti inquietanti di Webmind con una serie di citazioni facilmente accattivanti.
Ho una domanda per te, Daniel-mind: siamo sicuri che una super-mente informatica sia veramente qualcosa di nuovo? Nei termini in cui ne parla Sawyer, a me sembra che ne venga fuori un nuovo dio, e anche qui il problema è accennato ma non svolto. Dio. Chi era costui? Non era morto tanto tempo fa?
A parere richiesto, risposi.
Ciao, Clelia
PS: (…) Condivido l’anelito all’ottimismo, ma credo si debba agire a partire dal micro non dal macro.
su consigli di DB mi sono letto anche io il libro in questione. Purtroppo non ho letto i primi due della trilogia per cui a me Webmind compare già così, mi mancano le puntate precedenti. Rispetto alle critiche mosse da Clelia devo dire che in parte le condivido, soprattutto non ho capito se il finale è quello che voleva o se semplicemente non c’era più spazio per chiudere, mi pare chiuso frettolosamente e con poca accortezza.
Detto questo mi è sembrata interessante l’idea di questa coscienza che emerge spontaneamente dal web. Mi pare riprendere i concetti dei biologi cileni Humberto Valera e Francisco Maturana su sistemi complessi e autorganizzazione. Una visione anarchica dei sistemi complessi. In questo è interessante l’osservazione su Webmind che fanno sia il presidente cinese che l’hacker: Webmind ha scelto un nome inglese e alla base c’è l’imprinting che ha ricevuto da una texana, pure democratica ma pur sempre statunitense. Infatti Webmind fa proprio il primo la Costituzione statunitense: ogni uomo ha diritto ad essere felice. Ovviamente non mi trovo su questa posizione ma l’autore è onesto nel collocare questo essere nel suo contesto.
Qui sta un po’ l’amaro del finale. Webmind decide di rendere libero, almeno secondo il suo pensiero, il popolo cinese, liberandolo dal partito, togliendo la sovastruttura che impedisce ai sistemi complessi di emergere. Un sogno anarchico. Anarchia legata alla rete, dopotutto il volume Smart mobs. Tecnologie senza fili, la rivoluzione sociale prossima ventura di Howard Reighnolds è del 2001 e descrive il sogno di questa coscienza emergente grazie alla connettività (dal collettivo al connettivo). Dal libro non mi pareva che la scelta della Cina fosse dovuta alla presenza del comunismo ma da un puro calcolo di marketing: è il popolo con il maggior numero di connessioni. Manca un sogno finale, secondo me: cosa succede se una fetta molto significativa del mondo inizia ad autodeterminarsi con una democrazia diretta? Che scelte farà sugli armamenti? E sulle condizioni di lavoro? Che relazioni instaurerà con gli altri popoli? Da chi si farà rappresentare all’ONU? Webmind accetterà incodizionatamente qualunque scelta il popolo farà o si tratta solo dell’ennesimo demiurgo? E se il popolo decidesse di ripartire con un governo? e così via, un po’ le domande che si poneva l’equipaggio di Star Trek ogni volta che entrava in contatto con una cultura diversa e, immancabilmente, infrangeva l’ordine di non ingerenza.
Un solo appunto su dio, Webmind non è dio, è un prodotto umano e basta staccare la corrente!
grazie Romano
bene che si allarghi la discussione e che tocchi altri temi
Su alcune questioni torno domani
intanto un paio di precisazioni piccine-picciò al volo:
– Sawyer è canadese e, secondo me, si sente nel suo odio-amore (molto ben ironizzato) con il vicino, intendo quel Gran Paese patria di tanti serial killer in pace e in guerra;
– con Webmind (se mai nascerà) il problema non sarebbe “staccare la spina” perchè non si tratta di una macchina o di una Intelligenza Artificiale; dunque solo in parte (e alla lontana?) è un “prodotto umano” anche se agli esseri umani è debitore, come lo stesso Webimnd spiega.
Non finisce qui. Intendo la discussione (db)
PS – vedo che ho scritto “lo stesso webmind”; e perchè non “la stessa”? il maschiocentrismo si nasconde in ogni piega del discorso?
Daniele, non vedo l’ora di leggere i tuoi argomenti.
Clelia