William Gibson, Robert Howard e Jack Vance
Brevi recensioni (e/o mini-racconti?) di Diego Rossi
Robert Howard, Kull di Valusia
Era una soleggiata giornata di giugno del 1936, quando un giovane scrittore trentenne portò alle tempie la canna fredda della sua pistola. Era l’autore di Solomon Kane, di Conan il Barbaro, e di Kull.
Robert Howard si trovava in una cittadina al centro del Texas, la prematura morte di sua madre aveva reso ancora più intollerabile il senso di frustrazione, di indifferenza, di estraneità alla vita di provincia. Il colpo di pistola, duro, crudele, riecheggiò per le vie semideserte. Fu il grido ribelle della fantascienza eroica. Mentre l’anima saliva fino al regno di Valusia, nasceva la sua leggenda. Ecco come viene accolto Kull in questa raccolta di racconti curata da Lin Carter e splendidamente presentata da Riccardo Valla: “Lo squillo delle trombe diventò più profondo, come un’intensa marea dorata, come il rimbombo soffocato della risacca notturna contro le spiagge argentee di Valusia. La folla gridava, le donne gettavano rose dai tetti, mentre il ritmico scalpitio di zoccoli diventava più distinto e le prime file dell’imponente schieramento si presentavano nell’ampia strada bianca che girava attorno la Torre dello Splendore e le sue cupole dorate.“
William Gibson, Neuromante
Era il 1982 e un giovane scrittore iniziava a conoscere la misura del suo talento. A 34 anni era nel pieno della sperimentazione artistica, prossimo al grande salto. Stava dando forma a fantasie tormentate, ed era come se percepisse inconsapevolmente il desiderio di rompere il positivismo fantascientifico della Hard Sci Fi, con quel romanticismo onirico e deformante che nessuno aveva ancora del tutto messo a fuoco.
Case e Molly, nella sua mente ribelle, si muovevano in quartieri degradati dal proliferare di strade e di diramazioni casuali, incontrollate e sfuggenti. Le loro avventure si sovrapponevano al cupo ruggito di sogni indotti e spezzati, le simulazioni olografiche penetravano l’allucinazione delle nuove droghe informatiche. Fu nel 1982 – due anni prima della pubblicazione del suo romanzo più importante: lo stava scrivendo e avrebbe venduto più di 8 milioni di copie nel mondo – che temette di aver fallito miseramente. William Gibson uscì di colpo dalla sala cinematografica, impressionato da una tenebrosa Los Angeles immaginaria del 2019. Durante la proiezione di Blade Runner, il giovane Gibson rimase colpito a tal punto dall’estetica della pellicola di Ridley Scott che si sentì frastornato, travolto, in preda a una cocente sensazione di sconfitta. Lo Sprawl? Non era forse quella sullo schermo la caratterizzazione nitida di quanto lui avesse in mente? Era stato bruciato sul tempo? Non si arrese, lavorò intensamente. Oggi, noi che siamo nel 2020 e accarezziamo con una certa nostalgia le sue pagine, ci chiediamo quando siano state scritte le prime due righe di Neuromante”, uno dei romanzi che hanno segnato la storia della fantascienza: “Il cielo sopra il porto aveva il colore della televisione sintonizzata su un canale morto”. Forse uscendo da una sala cinematografica…
Jack Vance, La Terra morente
Nei primi anni ’60 una minuta adolescente passava un momento tormentato: era abbattuta, amareggiata, forse si scontrava con le prime delusioni che bisogna mettere sul conto di crescere. Una magica madre realizzò per lei un incantesimo. Fu semplice, senza formule magiche e rune da decifrare: entrò in una libreria e le regalò il primo volume di questa fortunata serie. Fu così che alimentò il fuoco della sua fantasia e le rivelò il segreto dell’eterna giovinezza. Assidua lettrice, la ragazza rivisse i sortilegi di Pandelume, le ironiche imprese di Liane il viaggiatore, e alla fine incontrò il personaggio tormentato di T’sais, la bellissima donna che era incapace di amare e di riconoscere la bellezza cercando amore e bellezza in un mondo di ombre, in cui l’alba si tingeva di rosso. Ecco come Tanith Lee comprese quale sarebbe stato il suo destino: portò sempre con sé questo e tutti i volumi di un ciclo unico, irripetibile, straordinario. Il meraviglioso viaggio alla fine del mondo, nei luoghi di una Terra morente… Inizia qui: “Turjan sedeva su uno sgabello nel suo buio laboratorio, le gambe allungate, la schiena e i gomiti appoggiati al bancone. Dall’altro lato della stanza c’era una gabbia: Turjan la guardava con irritazione mista a pietà…“
Le illustrazioni – scelte dalla “bottega” – sono del qui molto amato Jacek Yerka.