Yerka e non Yerka / 19
Artisti a confronto – di Mauro Antonio Miglieruolo
PRIMA PARTE: YERKA
Esiste una vasta raccolta di immagini che portano lo stesso titolo: Gaszcz kaligraficzny (qualcosa come, squarcio calligrafico; oppure, cappotto calligrafico).
Quella di sopra è l’immagine “N” della serie.
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Gaszcz kaligraficzny: cappotto (?) calligrafico “F”.
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Uno tra i primi titoli della serie “I Romanzi di Urania” è rimasto impresso nella mia memoria (non il contenuto): “Razzi verso il Nulla”. Concedetemi di parafrasare, rendendomi responsabile di un torto nei confronti delle amiche, amicissime piante, dicendo: alberi verso il nulla.
Al fondo di ogni sentiero non vi è altro probabilmente che la possibilità di constatare che l’obiettivo era ed è il sentiero medesimo.
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Non sono certo che l’immagine sia di Yerka: sicuro soltanto che mi è stata offerta come tale.
Sia come sia non manca di un certo fascino.
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Torniamo sul sentiero appena abbandonato delle certezze. Una inevitabile opera di Yerka. Tale per eleganza, fantasia e volontà di costruire narrativa. Sia pure in potenza.
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Ice tea. A tutte le ore. Fantascienza no stop. L’uccello teiera la dispensa in continuazione.
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La ripropongo perché meglio definita in quanto immagine. Ma anche perché mi permette di chiosare con nuove concetti.
La nostra nostalgia…
È vera, vale o si tratta di un deposito di merci e materiali destinato (al meglio) al retrobottega di un rigattiere?
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Chissà perché questa immagine mi ha riportato al grande romanzo di Guimaraes Rosa “Grande Sertao“. La visita Reinaudo a Curralino. All’incontro con Riobaudo. Ma lì non c’è un gigantasco magazzino, non la confluenza di due fiumi sulla quale l’avventura possa cominciare.
L’amore però sboccia ovunque, l’avventura ha mille inizi. Purché si tratti di inizi eccellenti, dati proprio per iniziare. Qui Yerka offre un esempio che non ha uguali.
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Il mondo contadino è un pachiderma possente che non ha voglia di farsi concellare.
Neanche io ho accetto sia del tutto cancellato.
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Il mostro che si morde la coda. il Capitale che morde la sua stessa fonte di sostentamento. L’umanità che divora sé stessa…
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Un soprammobile che ho trovato in un rigattiere dalle parti di Aldebaran. Reperti di antica civiltà al cui popolo finora nessuno è riuscito a dare nome.
Perché non è stato possibile? No, perché non lo si è voluto trovare. Troppo l’orrore che quei reperti ispiravano per avere modo di attivare l’intelligenza e la sensibilità. Non a me, non per uno aduso alle leggende, ai miti e alle invenzioni di un milione di scrittori di Fantascienza. Eccolo: “Fantascienza”
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Nel buio della notte l’incubo prende forma. Il mondo, la macchina, la strada: tutto assume un nuovo aspetto. Si può soltanto procedere, andare incontro al proprio destino.
In fondo alla strada una casa illuminata aspetta. Aspetta lui o un qualsiasi altro lui che possa farne le veci? Ma forse non c’è nulla di cui spaventarsi. La casa gli è aperta, l’accoglienza benevola. Gli verrà offerto una buona cena, un bel letto per riposare.
Ma domani? E dopodomani? E il giorno dopo ancora?
Nulla di cruento è apprestato contro di lui. La condanna non è alla morte, ma alla vita. Una vita intera trascorso in una lontana, sconosciuta prigione.
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SECONDA PARTE: Pieter Bruegel il Vecchio
Il tema fondamentale dell’opera di Bruegel è sicuramente la meditazione sull’umanità, soprattutto contadina, ritratta in episodi quotidiani. Si tratta di una cronaca dalla precisione lenticolare e priva di qualsiasi idealizzazione. Portato in primo piano e spesso ritratto nei suoi istinti più bassi, l’uomo di Bruegel è una creatura goffa e viziosa, calata in un universo per niente idilliaco… (così Wikipedia)
Parentesi di serinità. Idillio.
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Il desiderio di bellezza, il fascino della quotidianità ha preso la mano. In una narrazione che rappresenta più Bruegel del Bruegel ordinariamente preso in considerazione.
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Vita di villaggio. Il grottesco, sempre presente nel mondo rurale, inizia a farsi largo.
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Fascino della morte. L’horror al posto di comando.
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Di nuovo il grottesco, che accompagna l’ordinario incedere del quotidiano.
Caratteristica saliente delle realtà non metropolitane è lo sviluppo della personalità, la varietà dei comportamenti e la complessità delle patologie.
Il mondo non è bello perché troppo vario. Ognuno fugge la propria condizione accentuando tic e inclinazioni.
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La strage degli innocenti.
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L’ubriacone riportato a casa dalla moglie
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Il Censimento a Betlemme
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Wedding Dance
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Il Trionfo della Morte
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continua sabato prossimo