Yerka e non Yerka / 20 (e fine)
Artisti a confronto – di Mauro Antonio Miglieruolo
Non è un addio, ma un arrivederci. Le parole minime necessarie per un saluto.
Sono stato bene con voi. Gratificato dal pensiero che sicuramente qualcuno avrà gradito i risultati del tempo dedicato a costruire le 20 puntate su Yerka (e – finti – antagonisti di Yerka); puntate che dovrebbero permettere di gettare uno sguardo sommario su ciò che si muove nel campo del surreale, del fantastico e del fantascientifico.
Davvero, credetemi, vi sono grato.
Miglieruolo
PRIMA PARTE: YERKA
Mentre il vecchio mondo va in dissoluzione, uno nuovo si affaccia alla storia. La nostra storia. L’ennesima concepita da noi cultori di fantascienza.
Un mondo molto diverso da quello alla quale siamo adusi. O meglio, quello ai quali i Ford, i Rotschild e Bezos ci hanno costretti a abituarci. Non avevamo scelta. O mangiare la minestra insipida che servivano o effettuare il salto nelle derisione, nella disoccupazione, nell’insicuro di un mondo ostile che si ergeva contro i dissidenti per risolutamente estinguerli.
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Paricolare. Sugli arnesi dei mestieri. L’uomo stesso un arnese. Sembra quasi di essere di fronte a un reperto dell’era antropica, conservato a edificazione delle innumerevoli generazioni di robot che seguiranno.
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Nel futuro, dopo una rovinosa guerra atomica, gli uomini con tutte le loro case, ridotti al rango di tartarughe, procederanno nel ,mondo su autostrade costruite appositamente per permettere loro di spostarsi. Fuggendo in questo modo ai colpi degli ultimi nemici; e soprattutto al, nemico principale: la radiazione dffuse anarchicamente dai venti.
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Nei loro alti castelli gli ultimi uomini contempleranno dall’alto il procedere dello spopolamento, in attesa dell’ultimo atto che saranno chiamati a recitare.
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Dallo spazio un’astronave di ritorno dal Lungo Viaggio osserverà l’esito della storia che gli umani hanno ostinatamente perseguito. Il loro sogno di ritorno a casa distrutto. Cosa sceglieranno di fare? Mettersi in orbita aspettando che “il regista celeste” (se c’è) ponga la parola fina alla sua lunga opera; o vorranno atterrare per un ultimo estremo tentativo, provando a fornire nuova linfa alla storia dell’uomo?
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Officina nella quale si cercheranno invano gli utensili necessari per aggiustare la macchina uomo irrimediabilmente guasta.
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La realtà offre l’unica via d’uscita. Una finestra sul cammino infinito che ci era stato destinato e abbiamo interrotto. Scenderanno dai loro precari rifugi gli umani per cogliere al volo l’ultima occasione?
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Dopo che tutto sarà finito, tutto tornerà come all’inizio.
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Una macchina del tempo potrebbe riportarci al sogno dei buoni tempi antichi, “buoni” esclusivamente perché avevano (hanno avuto) un avvenire. Le nostre opere incombono. Da una parte il diluvio, d’altro il fuoco eterno. Metafora dei pericoli sul presente.
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La firma è di Yerka. Cercata e trovata. Insolita rispetto al lussureggiare (misurato) delle altre composizioni. Ma è che siamo all’ultimo atto della gran commedia umana. All’ essere umano si chiede di passare il testimone. Egli stesso lavora affinché ciò abbia luogo.
Buongiorno macchine. La preghiera è di essere trattati meglio di quanto noi abbiamo fatto con voi nel periodo in cui siete state (almeno in teoria) al nostro servizio.
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Un domani di isole felici. Un medioevo mentale che costringe gli uomini al ritorno nel passato, al totale isolamento gli uni dagli altri.
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Una grande eredità lascia l’uomo. Immensi alveari di edifici, sterminate reti elettriche, le residenze dei propri simili visti come attraverso il filtro di un sogno.
Per le strade non altro che il fuoco, l’acqua dei fiumi che scorrono, le probabili immani distruzioni.
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SECONDA PARTE: Geometrie Escher-iane. E non.
Cosa è nata prima, la fantascienza o la sensibilità di un surreale che la serve? O che invece se ne serve?
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Scena di vita quotidiana: ordinaria nonostante le palesi violazioni spaziali e architettoniche.
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È l’occhio che guarda a rendere deforme l’immagine, o invece sono le deformazioni insite nello spaziotempo che finiscono con l’imporsi al puro ordine mentale delle rappresentazioni umane?
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Figurazione del concetto di precarietà insita nell’esistente. Tutto è vero, tutto è falso, tutto è provvisorio.
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Uno spazio a cinque dimensioni per costruire una grande narrazione in omaggio alla perenne grande narrazione detta fantascienza.
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Degrado. Gli uomini dovrebbero tendere all’alto, non all’infimo delle stereotipia, del convenzionale, della perdita di identità.
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Chi troppo in alto va … cade sovente, precipitevolissimevolmente.
Siamo con un piede sulla terra con l’altro già quasi pronto a darlo sull’abisso.
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Altro omaggio alla grande perenne narrazione denominata fantascienza. Omaggio meglio dissimulato da un’aspirazione surrealista che però non arricchisce. Inquina.
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Fra tanti mostri (non abbiamo che da scegliere) alla fine ne sopravviverà uno solo.
Magra consolazione…
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Non saprei dire se si tratta di ricordo d’infanzia oppure sogno di non cosa, ricostruzione aleatoria. Solo che ne sono rimasto affascinato.
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Sì, decisamente abbiamo attraversato un’epoca la cui visionarietà ha trovato (e non poteva essere diversamente) asilo nella fantascienza. Chissà se a tavola c’è ancora posto (uno solo?).
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