Yerka e non Yerka / 5
Artisti a confronto – di Mauro Antonio Miglieruolo
Dalla quinta puntata le immagini create da Jacek Yerka saranno 10. Vedremo in futuro se aumentare ancora. (Tempo da dedicarci e salute permettendo).
PRIMA PARTE: YERKA
Astronavi dissimulate nella forma di torri, pronte a partire per l’esplorazione dello spazio vanvogtiano senza fine e senza principio; oppure mezzi di trasporto alieni che sono atterrati per preparare l’invasione?
Nulla di tutto ciò. Un vago desiderio d’esotico mediato dal sogno a occhi aperti. Dalla fascinosa capacità di Yerka d’affascinare e stupire. Credo proprio a partire da se stesso.
Grazie.
Insolita creazione di Yerka. Il felino in primo piano non ha un aspetto tranquillizzante. Fortuna sia tenuto alla catena… da una coda.
Un bulldozer tutto particolare. La pala molto più piccola del solito esclude che serva a scavare. Non è fatto neanche per minacciare. Probabilmente non è neppure in grado di funzionare!
Tra le nuvole una città ideale frutto di un intreccio fitto di alberi. O di rami o di radici di alberi. Sopra la città una realtà di abbondanza a portata di mano.; basta allungarla per avere ciò che serve.
Chiaro, non siamo sulla Terra; o siamo ai tempi del Paradiso Terrestre. Prima che alcuni ponessero recinti e dicessero: questo e mio; e anche tutto il resto è mio. Provate adesso ad allungare la mano.
Bella grafia. Bella prova d’artista. Bella.
Un albero per tutte le stagioni. Non credevo ne esistessero. Sapevo di uomini, non d’animali, non di piante.
Un albero che nasce sui binari di una tranvia che si immagina da tempo abbandonata. Non sono riuscito a tirar fuori dall’inconscio una spiegazione decente per questa ammirevole creazione.
L’artista del quale stiamo esaminando le opere: Jacek Yerka.
Un asteroide adattato per ospitare uomini. Un asteroide a imitazione di un pianeta. No, piuttosto un villaggio disegnato nella stessa misura che si può trarre dalla concezione che ne hanno i suoi abitanti: centro del mondo, centro del cosmo. Tolomeo non è mai morto.
Strana come teiera. Strane le tazze pronte a ricevere il liquido bollente. Sempre che sia rimasto qualcosa da spartire e non se ne sia perso la gran parte lungo la strada.
SECONDA PARTE: Michiel Schrijver (2)
Il gusto un po’ naif non attenua il silenzio che impera nei luoghi canonici di Michiel Schrijver. Varia molto combinando insieme pochi elementi.
La rappresentazione è bella, il luogo invita all’idillio. Gli risponde la malinconia dell’anima avvilita dalla prospettiva della solitudine.
Il panorama, la casa, il paese idele. L’uomo è una minuscola figura schiacciata dalla prsenza invadente delle sue stesse creazioni.
Siamo su Capella XV. L’ultima umanità vi si è trasferito speranze in una possibile sopravvivenza. I primi ad arrivare hanno costruito queste enormi testimonianze della sua capacità di antromorfotizzare. Forse incoraggiamento per quelli che verranno.
Quelli che sono venuti non tengono in nessun conto i loro progetti.
Chissà quale storia ha costretto quegli uomini a così vertiginose altitudini, e in quelle scomode posizioni. Quella storia evidentemente è finita se ora, pian piano, stanno scendendo sempre più a valle, in luoghi più dificili da difendere.
Il solito paese per le vacanze, che manifesta vita solo due o tre mesi l’anno.
Due persone in attesa. Guardano lontano. Dalla loro posizione vedono quel che noi non possiamo; sempre gli esseri umani dei quadri vedono più di quello che vede… chi li guarda.
Sensazione di già visto. Già vissuto. Forse perché è senza vita, anche se è un bel vedere. E il senza vita è sempre uguale a sé stesso.
continua sabato prossimo